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TECNOLOGIA E DANZA                                          VIDEODANCE                                                          INGHILTERRA E GERMANIA

1/9/2018

 
Foto
Two falling too far | Mark Murphy and Sue Cox, 1990


​INGHILTERRA

​In Gran Bretagna, la televisione ha svolto un ruolo fondamentale per lo sviluppo, la diffusione, la promozione e la produzione della danza prima, e della videodanza poi. Intenti educativi, divulgativi e di informazione che rendono difficile una distinzione netta fra televisione e videodanza, dal momento che il fenomeno di broadcasting e quello creativo-artistico sono due sistemi integrati, anche dal punto di vista economico. I paesi anglosassoni hanno un modo particolare di produrre danza in video, un metodo che unisce allestimenti live a valori propriamente coreografici, come nel caso della ripresa di uno spettacolo esistente, un esempio potrebbe essere Eight Jelly Rolls di Trisha Brown per la regia di Dereck Bailey.

Negli anni Ottanta, in concomitanza con l'esplosione della danza, si intensificano le produzioni, facendo emergere le nuove generazioni di coreografi come Richard Alston, Karol Armitage, l'italiana Adriana Boriello. I provocatori DV8 con Never Again; Dead Dreams of monochrome men del 1989; l'atletico Mark Murphy - vimeo.com/mrmarkmurphy - con Two Falling Too Far, la politicizzata Rosemary Butcher con Body as Sight, del 1993.

Negli anni Novanta, grazie al progetto Dance for Camera, vengono prodotti alcuni video shot format, fra i quali vale la pena ricordare Never Say Die di Nigel Charnock, Dwell Time di Siobhan Davis, entrambi del 1995. Fra le produzioni indipendenti e fra quelle ibride, un capolavoro è Enter Achilles, dall'omonimo lavoro teatrale coreografato da Lloyd Newson, del 1996, preceduto da Strange Fish. La cifra visionaria degli esponenti di DV8 oscilla fra proiezione onirica e desiderio, in una carrellata di personaggi di grande energia, ma anche di forte impatto visivo, in qualche caso al limite dell'erotismo.

Fra le realizzazioni inglese più recenti presentati alla rassegna milanese Teatri90 nell'edizione del 2000, il video The Reunion del 1997 con la coreografia di Ian Spink è incentrato sul nuovo incontro fra un uomo e una donna; sempre del 1997, Exit, coreografia di Jamie Walton, racconta con ritmi martellanti il viaggio nella memoria di cinque danzatori nel Greenwich Foot Tunnel che passa sotto il Tamigi. Nel recente The Link, 2000, il performance artist Glyn Davis Marshall traccia il breve ritratto di un proprio antenato morto cinquant'anni prima in circostanze misteriose.


​GERMANIA

In Germania, già da molti anni vi era la buona abitudine di riprendere per la telecamera balletti e produzioni di teatrodanza. Grazie a questo, ad esempio oggi possiamo vedere le riprese delle opere originali del tempo, pensiamo a Barbe Bleue del 1977 di Pina Bausch, che oggi possiamo vedere con i danzatori di allora, o Café Müller del 1985, dove a danzare è la stessa coreografa. Ma aldilà delle riprese, per una vera e propria produzione di videodanza, come prodotto autonomo, bisogna aspettare gli anni Novanta.

E ancora una volta torna la firma Baush con Der Klager Der Kaiserin, Il lamento dell'Imperatrice, alla quale si accompagnano, da un lato, opere visive dalla forte concentrazione narrativa come quelle di Lutz Gregor, pensiamo ad Angelus Novus del 1991 o a Kontakt Triptychon del 1992; dall'altro video produzioni più sperimentali come nel caso dell'artista Tamara Stuart Ewing, pensiamo ad esempio alla sua opera del 2000, Mile “0”, sul tema della gravità della caduta.

gb 
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​Approfondimenti
TECNOLOGIA E DANZA


TECNOLOGIA E DANZA | MEDIA
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TECNOLOGIA E DANZA | TECNODANZA

TECNOLOGIA E DANZA                                              MERCE CUNNINGHAM

1/9/2018

 
Foto
Merce Cunningham and company | "TV Rerun", 1975 | Ph Jack Mitchell
Diplomato alla Martha Graham Dance Company, Cunningham prende le distanze dalla danza "psicologistica" della coreografa per elaborare la sua idea di danza anti psicologica e anti narrativa. Grazie al rapporto col compositore d'avanguardia John Cage - col quale condivide il rifiuto dei metodi formali dell'arte del XIX secolo, messi già in discussione da Duchamp - Cunningham sviluppa un approccio alla danza che vuole essere “altro” dalla musica, capace d'imporsi come sostanza a sé stante dal suono e dall'immagine.

​Molto influenzati dal buddhismo zen, fin dagli anni quaranta sia Cunningham sia Cage utilizzano metodi di lavoro basati sulla casualità.

​In Sixteen Dances for Soloist and Company of Three (1951), Cunningham utilizza il metodo cinese dell'I Ching per creare la coreografia, che tuttavia segue la struttura ritmica della partitura ideata da Cage. Movimenti coreografici che non si adattano, bensì si confrontano, con la traccia musicale. Ed è proprio in questi anni che i due artisti iniziano le sperimentazioni volte a cancellare la linea di demarcazione tra arte e vita: nel 1952 mettono in scena uno dei primi happening: un "evento" in cui le cose accadono nel qui ed ora, senza una struttura predefinita. 


Le possibilità offerte dai nuovi media incuriosiscono molto il coreografo, che nel 1968 si interroga sul futuro della danza in rapporto alle tecnologie:

Sono cosciente del fatto che ci sono dei problemi. Ma partendo dal principio che i dispositivi tecnologici possono essere semplificati, e data la velocità del cambiamento, perché non questi? [...] È evidente che l'ultima difficoltà è psicologica.


​LIFE FORMS

​Il desiderio di Cunningham è quello di trovare il mezzo ottimale per realizzare i propri obiettivi, e la tecnologia ha introdotto un nuovo modo di vedere la realtà, di negoziare, di pensare. Grazie ai nuovi media digitali è sempre più possibile “editare” un prodotto creativo, inter-agendo su di esso, annullando o ripristinando modifiche che non andranno ad influenzare il “già salvato”. Da questa intuizione, Cunningham ipotizza un sistema di “notazione di danza elettronica immediata” che serva a mostrare i movimenti della danza, fermarli o rallentarli. Nel 1986 questa sua idea si materializza nel software Life Forms.

Life Forms è un software di animazione 3D prodotto dalla Credo Interactive. ed è utilizzato per la notazione coreografica. Attualmente Life Forms è alla versione 4.0. Life Forms Studio che permette di realizzare animazioni 3d partendo da moltissimi modelli pre-confezionati ed importare/esportare formati compatibili con Maya, 3D Studio Max, Cinema 4D, LightWave 3D e molti altri.

gb 
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APPROFONDIMENTI
TECNOLOGIA E DANZA


TECNOLOGIA E DANZA | STATI UNITI 70 E 80
TECNOLOGIA E DANZA | VIDEOCLIP
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TECNOLOGIA E DANZA | SPETTACOLI ANNI 10

TECNOLOGIA E TEATRO                                            TEATRO VIRTUALE

1/9/2018

 
Foto
E.V.A. | Herivelton Nunes, 2011
​Negli ultimi trent’anni i dispositivi multimediali sono entrati nel mondo del teatro e dello spettacolo integrandone i linguaggi e abituandoci a stili, poetiche e arti che della contaminazione hanno fatto il proprio codice estetico.

L’idea di utilizzare una tecnologia extra-teatrale per potenziare la macchina scenica precede l’invenzione del video, ovviamente, e va indietro fino ad arrivare agli albori del cinema. Con la sviluppo della settima arte, il teatro subisce una duplice trasformazione: da una parte gli attori teatrali interiorizzano le innovazioni linguistiche del cinema, soprattutto le scansioni e i salti temporali del montaggio, pensiamo ai testi di Miller o Beckett; dall’altra, si inizia a pensare all’integrazione dell’immagine cinematografica già nella costruzione del testo stesso, come provarono a fare, ponendosi come precursori, i Futuristi.

Ma per cogliere al meglio come il teatro si è integrato con i linguaggi multimediali, è necessario spostare l'interesse nell’ambito dell’evento piuttosto che della sua riproduzione. Infatti, teatro, cinema e video, traggono i propri significati proprio a partire dalla rappresentazione di azioni.

​La messa in scena,
di qualsiasi genere sia, pone all'interno dello spettacolo, momenti locutori - ovvero quanto viene detto, o il senso potenziale prodotto dal testo - e momenti illocutori, le azioni cioè, che si compiono esprimendo qualcosa: promessa, minaccia, aspirazioni.


INTERPRETAZIONE

Il multimediale opera allo stesso modo: rappresenta con azioni. Solo che le rappresentazioni digitali esasperano la separazione dal reale fino ad una totale autoreferenzialità. Spesso ciò che osserviamo sullo schermo del computer può non avere alcuna relazione con il mondo reale, se non di simulazione, e in questo caso conta più la componente interpretativa che significativa.

Al computer, l’immagine generata è, di per sé, un evento, in quanto prende forma nel momento in cui la osserviamo. Il computer, attraverso uno speciale script vrml - linguaggio digitale per disegnare simulazioni di ambienti tridimensionali - non mostra oggetti ma genera il nostro stesso sguardo. E il prodotto della relazione fra oggetto e soggetto, è dato dall'interpretazione dell'evento stesso. Autoreferenzialità che il mezzo digitale condivide con il Teatro.


​L’evento teatrale, quindi, è sostanzialmente un atto interpretativo che acquisisce valore solo all’interno della cornice in cui avviene. Lo spettacolo infatti, anche se fa riferimento a luoghi o fatti lontani o immaginari, accade sempre nel momento in cui noi vi assistiamo. Ed in quanto fondato sulla relazione attore-pubblico, il teatro avviene sempre all’interno di coordinate politiche e sociali, e non può essere astratto dalle specifiche condizioni economiche e dall’evoluzione tecnologica del particolare momento storico in cui si genera.

​Insomma, la tecnologia è sempre stata legata alla pratica teatrale, in molti casi vicina alla scenotecnica, non costituendo un elemento fondamentale del progresso del linguaggio; in altri casi, i dispositivi tecnologici hanno assunto caratteri di una vera e propria rivoluzione estetica, come nel caso del Futurismo italiano. 

gb 
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​APPROFONDIMENTI
TECNOLOGIA E TEATRO


TECNOLOGIA E TEATRO | JOSEF SVOBODA
TECNOLOGIA E TEATRO | ANNI OTTANTA
TECNOLOGIA E TEATRO | ANNI NOVANTA
TECNOLOGIA E TEATRO | ANNI 2000

TECNOLOGIA E TEATRO                                            ANNI OTTANTA                                                          IL VIDEO IN SCENA

1/9/2018

 
Foto
Camera astratta | G.B. Corsetti - Studio Azzurro, 1987
L’immagine video in scena, elemento caratterizzante la ricerca teatrale degli anni Ottanta, è entrata molto più facilmente del cinema nel codice teatrale, anche per maggior economicità e flessibilità del medium.

In funzione prevalentemente scenografica o alla ricerca del puro effetto spettacolare, questo uso del video, in molti casi, rifletteva una concezione riduttiva del rapporto fra scena reale e scena virtuale, in alcuni casi rievocando, addirittura, i fondali ottocenteschi. Infatti, sostituire l’architettura scenografica o integrare schermi con immagini animate, non costituisce, necessariamente, l’apertura verso una nuova ed espressiva comunicazione per il teatro, ma rischia, piuttosto,  di omologarlo ad un modello di fruizione televisiva.


​ROBERT WILSON

Robert Wilson e Robert Lepage negli anni Ottanta, sono forse fra i più significativi esploratori teatrali di una nuova poetica tecnologica. 

​
Wilson, poliedrico e onnipresente in questa numero, cerca il superamento dei vincoli spazio-temporali con due grandiosi progetti teatrali, The Civil Wars, 1982 e Die Goldenen Fenster - The Golden Windows 1982 - la cui idea fondante è l’allestimento in cinque nazioni diverse delle cinque parti di cui si compone ciascuno spettacolo e la loro ricomposizione televisiva, da trasmettere via satellite in tutto il mondo.


​ROBERT LEPAGE
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Lepage invece, sperimenta la scena come un montaggio di visioni tecno-teatrali, tramite specchi, diapositive, film e soprattutto video, registrati e in diretta. Ma il suo progetto nasce sempre a partire dalla costruzione del testo drammaturgico, per lui, sempre in progress.

Attraverso questo modo di intendere la scena, chiamiamola pure drammaturgia multimediale, si assiste, in quegli anni, al cosiddetto 
“ritorno” al testo e alla rivalutazione degli ambienti specifici dell’arte scenica. Lepage, mette, infatti, lo stupore e le emozioni delle magie visive, al servizio del racconto scenico e non a compensazione del vuoto narrativo. Nei suoi lavori non è il teatro che si meccanizza ma è la tecnica che si teatralizza.

Ne è un esempio è 
I sette rami del fiume Ota del 1995, commissionato dal governo giapponese per commemorare il bombardamento atomico americano su Hiroshima. Qui, Lepage unisce tradizione del Teatro delle ombre giapponese alla tecnologia video e produce un ​dialogo affascinante tra corpi e luce, sovrapponendo sette pannelli trasparenti di spandex sui quali vengono proiettate contemporaneamente immagini video e ombre. Un dialogo che comunica, in modo chiaro ed emozionante, il legame indissolubile tra Oriente e Occidente e l’impossibilità di cancellare dalla memoria collettiva l’Hiroshima della bomba atomica. 


​ITALIA

​In Italia, la rassegna Paesaggio metropolitano/Teatro-Nuova Performance/Nuova Spettacolarità nel 1981, inaugura un nuovo modo di fare teatro. Che esplora i media e si ispira al panorama della metropoli e dell’immaginario cinematografico e videografico. 

Krypton, Falso movimento di Mario Martone, la compagnia di Giorgio Barberio Corsetti con Studio Azzurro, con modalità profondamente diverse, definiranno con alcuni spettacoli-manifesto, le idiosincrasie di una stagione teatrale innovativa definita video teatrale. Prologo a diario segreto contraffatto del 1985 e Camera astratta del 1987 di Giorgio Barberio Corsetti e Studio Azzurro sono gli spettacoli più emblematici di questo periodo in cui andava introducendosi una dialogo nuovo tra corpo e ambiente, tra luce e spazio, tra immagine video e presenza attoriale.

In Prologo si allestisce una doppia scena: una materiale e una immateriale, una visibile e una invisibile. Il palco di fronte al pubblico diviene un retroset dove gli attori vengono ripresi mentre la loro figura intera è riproposta al pubblico in diretta, ricomposta su quattro file di tre monitor sovrapposti.

In Camera astratta invece un’architettura geometrica mobile attraversava il palco con monitor posti su binari o montati su assi oscillanti e sospesi come un pendolo. In una perfetta sincronia di movimenti, incorporano e scompongono il corpo dell’attore con un passaggio continuo e fluido della narrazione dal video al teatro. Trovate tecnologiche per rendere visibile la mente del personaggio attraverso gli eventi dello spettacolo, pensati come emanazioni del pensiero che attraversa, anche solo per un istante, il mondo interiore del protagonista.

gb 
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APPROFONDIMENTI
TECNOLOGIA E TEATRO


TECNOLOGIA E TEATRO | TEATRO E VIRTUALE
TECNOLOGIA E TEATRO | JOSEF SVOBODA
TENCONOLOGIA E TEATRO ANNI NOVANTA
TECNOLOGIA E TEATRO | ANNI 2000

TECNOLOGIA E TEATRO                                        MULTIMEDIALE

1/9/2018

 
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Magazzini Criminali | Vedute di Porto Said. 1978 | ph Giuseppe Pino.
Sia nel teatro che nella danza, l’utilizzazione di immagini video è presto diventata una pratica abbastanza usata nella messa in scena. A partire dagli anni Ottanta, due furono le tendenze più diffuse, da un lato la produzione video svolge una funzione prevalentemente scenografica, dall'altro, la ricerca del puro effetto spettacolare. Queste innovazioni, portarono nuova linfa al linguaggio teatrale, che da adesso, sposta l’uso delle immagini video o digitali, dal momento della messa in scena al momento dell’idea drammaturgica.

​In realtà, i due processi confluiscono continuamente, ma la differenza sta nel ruolo che si attribuisce alle immagini in scena, che, dagli anni Ottanta in poi, e non sempre con la stessa consapevolezza, diventano elementi costitutivi del testo drammaturgico e non solo elementi integrativi della messa in scena. Pensiamo ad esempio ai Magazzini Criminali che introducono il video in scena fin dal 1979. In 
Punto di rottura, quattro monitor sezionano lo spettacolo, isolandone le azioni e i particolari; ed in Come del 1987 l’attore riprende sé stesso, in una specularità straniante e narcisista del proprio corpo recitante. O pensiamo all'uso delle tecnologie di allora in spettacoli come Vedute di Porto Said del 1978. 


Il teatro, ovviamente, non risulta impermeabile al divenire multimediale della società, anche se con notevoli resistenze. L'uso delle tecnologie digitali trasforma tutte le fasi produttive dello spettacolo, dalla progettualità alla sua dimensione scenica, producendo nuove modalità ibride di creazione e di comunicazione artistica.


​META MEDIUM

​​L’idea di multimedialità, in effetti, è stata sperimentata nel mondo delle arti sceniche - così come nelle arti visive e sonore - sin dalle avanguardie storiche e dalle neo-avanguardie, precedendo l’innovazione tecnologica che la concretizza ovvero il digitale con la possibilità di trasferimento, elaborazione e interazione di qualsiasi testo, immagine o suono nell’ambito di un unico meta-medium.

Le possibilità di conversione in un unico intercodice - la sinestesia obbligata del digitale di Derrick De Kerchove - e il principio di variabilità, interattività - ipermedialità, simulazione di Lev Manovich ne Il linguaggio dei nuovi media - proprie del sistema integrato digitale, generano una nuova concezione del mondo che obbliga a ripensare l’arte nel suo rapporto con la scienza e con la tecnica. Le caratteristiche delle tecnologie multimediali delineano nuovi scenari economici, sociali, cognitivi e linguistici.

Scrittura e lettura sempre più ipermedializzati stanno modificando secondo Thomas Maldonado il processo stesso della memoria umana mentre, ancora Lev Manovich, afferma che il sistema informatico sta influenzando il sistema culturale nel suo complesso.

gb 
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approfondimenti

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TECNOLOGIA E TEATRO | TEATRO E VIRTUALE
TECNOLOGIA E TEATRO | ANNI OTTANTA
TECNOLOGIA E TEATRO | ANNI NOVANTA
TECNOLOGIA E TEATRO | ANNI 2000

TECNOLOGIA E DANZA                                              TECNODANZA

1/9/2018

 
Foto
EXP interactive dance performance | AiEP , 1996-1997


ENVIROMENT

All'inizio del nuovo millennio,  i mezzi di comunicazione e gli apparati di calcolo diventano complementari. La digitalizzazione dei media analogici ha portato alla creazione di un unico grande medium. 

Immagine, suono, grafica, forme, spazi, testi, generazione di sensazioni artificiali tramite stimolatori meccanici, guanto o tuta della realtà virtuale e quant'altro da noi immaginato, sono trasformati in dati numerici, diventano oggetti calcolabili, un insieme di dati informatici facilmente manipolabili.

I nuovi media, infatti, non esistono più come oggetti materiali, ma nella forma di dati che viaggiano nello spazio alla velocità della luce, condizione che permette la realizzazione del sogno novecentesco dell'unità fra le arti, della loro conversione una nell'altra. Diventa chiaro che all'oggetto viene oggi a sostituirsi l'ambiente, l'enviroment, e alla fruizione contemplativa la partecipazione diretta dello spettatore.

​Le nuove tecnologie sono, quindi, centri di creazione di enviroment, il più delle volte virtuali, che necessitano, tuttavia, della presenza del corpo che interagisca e occupi il nuovo habitat. Diventato quasi un apparato semiartificiale, biotecnologico, il copro si confronta con un mondo altro creato dal computer.  

​Al centro di uno spazio nuovo da costruire nella dimensione intermedia fra arte e tecnologia, e il copro tecnologico è un corpo esteso, connettivo, dotato di una nuova potenziata sensibilità. L'ambiente è dunque lo spazio della nuova arte.


​VIDEO DéCOR

​In La scena Digitale, Armando Meniacci ed Emanule Quinz, individuano varie tipologie di enviroment:

​Video Dècor. Situazione ibrida, a cavallo fra scenografia della contemporaneità e enviroment, che accentua la compresenza di danza dal vivo e videoproiezioni contribuendo alla creazione di un ambiente di fruizione spettacolare nuovo dal punto di vista estetico.

​In questa categoria possono rientrare l
avori del coreografo Roberto Castello come Il Fuoco, Lacqua, l'ombra, in collaborazione con Studio Azzurro, 1998, e Le avventure del Sig. Quixana, con Paolo Atzori del 1999.


​INTERATTIVITA'

Lo sviluppo dei sistemi di sonorizzazione corporea e di interazione/creazione ambientale a partire dal movimento, dà vita, a partire dalla fine degli anni Ottanta, ad una serie di performances che vanno da un uso prevalentemente scenografico dell'immagine/sfondo, alla messa in opera di sofisticati stages interattivi.

Al primo dei due sistemi di sperimentazione, appartengono le opere di Ariella Vidach e dell'artista multimediale Claudio Prati, che valendosi del Mandala System attivano in lavori come eXp Interactive Dance Performance, 1996- 1997, una serie di suggestioni, grazie alla relazione continua che sulla scena viene a instaurarsi fra corpo live e al sua immagine video, rielaborata in real time e rimandata ad uno schermo fondale, allo scopo di alterare la percezione dello spettatore.

Sviluppato all'interno del Laboratorio SIST di Informatica Musicale dell'Università di Genova, Eyes Web è, sul versante opposto, un sistema basato sull'intelligenza artificiale, in grado di entrare in contatto interattivo con una utente, ad esempio un danzatore in scena, di riconoscere in termini gestaltici movimento e suono e di produrre a sua volta suoni a partire dall'individuazione e dalla rielaborazione attiva delle caratteristiche della motion del danzatore. Utilizzato, fra glia altri, da Luciano Berio e dalla Compagnia di Danza Virgilio Sieni.


​SISTEMI ANALITICI

Una delle ricerche più interessanti per il rapporto fra danza e tecnologie è quella legata ai sitemi di Motion Capture. Una delle sua applicazioni più affascinanti e Biped, recente capolavoro di Merce Cunningham, che rende vive le proiezioni interagenti sul palco con la live performance. 

Linee e punti sullo schermo, che hanno origine corporea, si umanizzano nella riproduzione visiva di un movimento virtuale. Altrettanto interessante è l'ideazione coreografica al computer, possibile grazie a un softwer rivoluzionario, Life Form, sviluppato da Thecla Schiphorst a partire dagli anni Novanta.

​Creato per facilitare il compito al coreografo, il sistema è istruito sui principi fisici del movimento umano e questo gli permette di automatizzare alcune procedure inventive con l'integrazione di determinati passaggi coreografici. Grazie a questo strumento Merce Cunningham, nel 1991, ha realizzato la prima coreografia direttamente al computer, Trackers, per poi insegnarla alla compagnia.

Fra i sistemi analitici per la didattica va ricordato CD-Rom Improvisation Technology, realizzato da Volker Kuchelmeister e Christian Ziegler per William Forsythe e pubblicato nel 1999. Si tratta di uno strumento utilizzato dal coreografo per l'istruzione di base dei danzatori della sua compagnia, che vengono iniziati in modo ipertestuale e multimediale ai principi del movimento e alla concezione coreografia di Forsythe.


​REALTA' AUMENTATA

I sistemi di realtà aumentata sono tecnologie che  non intendono sostituire il corpo del performer, ma tentano di ampliare la gamma di possibilità espressive dell'artista. Il Palco IVE di Flavia Sparacino, ad esempio, permette una partecipazione esperenziale a rappresentazioni immersive e interattive, senza l'uso di tute, caschi o guanti, ma unicamente per mezzo dell'interazione con oggetti virtuali, animazioni, immagini, suoni. 
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I Performance Systems del gruppo Palindrome permettono ai nuovi mezzi di controllare in tempo reale musica, suoni, immagini, luci, che vengono in tal modo a dipendere dal movimento del danzatore. In questi ambienti interattivi la tecnologia estende le percezioni umane, potenzia l'immaginario e aiuta lo sguardo a compiere una lettura più profonda della creazione coreografica.


DIGITAL DANCE

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Sul versante opposto, esistono esperimenti di utilizzo totale dei media, da parte di chi evita la performane dal vivo. La web dance ne è un esempio, e l'energia fisica del corpo in moviemnto è ridotta a sapienti giochi audiovisivi interattivi, che hanno più affinità con la computer graphic e l'animazione che con la danza.

​Fra le opere di 
web-dance vale la pena citare gli esperimenti di Richard Lord, come Rpgressive 2 del 1993, e Burnt Cinders del 1999.

gb 
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ARTE E TECNOLOGIA                                                ANNI SETTANTA E OTTANTA

1/9/2018

 
Foto
Studio Azzurro | Il nuotatore, 1985 | videoinstallazione

​ANNI 70

Gli anni Settanta si caratterizzano come un decennio di grande creatività tanto che, come prefigurato da Benjamin, la massa dei fruitori si trasforma da passiva in attiva integrandosi nel momento produttivo, facendo dello spettatore un  operatore culturale. Il cinema d’avanguardia influenzerà sicuramente molta della sperimentazione video, ma rispetto al cinema che richiede una sala di proiezione, il monitor video è più facilmente collocabile in una qualsiasi sala o installazione.

Il videotape si conferma così come mezzo poco ingombrante capace di penetrare nella realtà con spirito critico. Dalla diffusione degli strumenti adatti alla realizzazione di video, lo sviluppo parallelo della videoarte. Di pari importanza è l’apporto di quei laboratori, come l’Art/Tapes/22 di Firenze, interessati a scoprire le possibilità del mezzo. Proprio con l’Art/Tapes/22 collaborò, dal 74 al 76, una figura centrale per la videoarte, Bill Viola.
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Esaurito il fenomeno avanguardistico, a metà degli anni Settanta andò sviluppandosi un approccio meno soggettivo. Significativo passaggio verso un uso più professionale del medium
 elettronico, espressione del tentativo di realizzare opere video autonome, svincolate da ogni funzione socializzante. Il video, così, reinventa un nuovo modo di raccontare, libero da funzioni descrittive e narrative. 
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​ANNI 80

Tuttavia, all’inizio degli anni Ottanta, gradualmente, va sviluppandosi un interesse per la narrazione, seppur rivisitata in virtù del medium stesso; probabilmente, l'esaurirsi della fase metalinguistica ha portato alla necessità di sperimentare le articolazioni del nuovo linguaggio, interagendo con altri medium come il cinema e la televisione. Infatti è negli anni Ottanta e poi nei Novanta che gli artisti che utilizzano il video si moltiplicano parallelamente allo sviluppo delle nuove tecnologie. Queste ultime, che inglobano il video, si sono sempre più imposte come il terreno sperimentale prioritario di tutte le arti. 

E se si è ritrovata l'esigenza narrativa nei decenni, è tornata la denucia ai rischi di una perdita di tatto e di con-tatto con un mondo sempre più virtualizzato, argomento cardine delle opere di Studio Azzurro, delle opere cinematografiche di Spike Jonze, regista di Being John Malkovich
, e delle opere di artisti totali come Peter Greenaway che ha coniugato, più di altri, cinema, letteratura, teatro, danza, musica e videoarte.

gb



​Approfondimenti
TECNOLOGIA E ARTE


TECNOLOGIA E ARTE | UN PO' DI STORIA
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TECNOLOGIA E ARTE | ANNI CINQUANTA E SESSANTA

TECNOLOGIA E DANZA                                        VIDEODANSE                                                            FRANCIA ANNI OTTANTA

1/9/2018

 
Foto
Un Trait d'union | Angelin Preljocaj, remake 2017


​NOUVELLE DANSE

La videodanse in Francia, grazie ad una politica del sostegno da parte del governo, è diventata, soprattutto negli anni Ottanta, una produzione artistica di grande rilievo. La creazione video e lo spettacolo dal vivo sono, per la generazione della nouvelle danse, percorsi paralleli e convergenti, stretti in un clima culturale di massiccio consumo di immagini.

Gli esponenti della nouvelle danse sono figli delle correnti del nuovo cinema francese, sono cinefili - pensiamo al successo dell pellicole di Jean-Luc Godard - alimentatisi del flusso di immagini, fatto di frequenti, rapide e massive informazioni sensoriali che hanno da tempo plasmato il nostro modo di sentire il mondo. Un isterismo convulso di corpi e una frammentarietà del gesto, che si riflette anche nella performance dal vivo, dove espedienti come la pausa, la ripetizione o l'accostamento casuale non sono, in questo caso, frutto del montaggio elettronico, ma la traduzione corporea di un sentire comune.

La nouvelle danse ha trasferito, quindi, inizialmente i ritmi e i modi dell'immagine cinematografica e videografica sul palcoscenico, con spettacoli di danza caratterizzati della commistione di codici, linguaggi e nuove tecnologie. Solo in un secondo momento ha portato i linguaggi della danza all'interno della produzione video, a volte divenendo, i coreografi, registi o videomaker delle loro opere.  
Caratteristica, quindi, della videodanse è quella di essere videografia d'autore riconoscibile nello stile, e nasce dall'incontro fra una visione registica e una visione coreografica.


PRIMA FASE

Fra le opere della prima fase della produzione, quella della stretta collaborazione fra un videomaker e un coreografo, troviamo lavori caratterizzati dalla brevità e dall'incisività dell'immagine, come La voix des legumes del 1982, girato da Marc Guérini con Philippe Decouflé, o come Incandescence (1985), dello stesso regista, per Karin Saporta.

​Dall'unione artistica fra 
Claude Mourieras e Jean-Claude Gallotta si hanno, invece, video di respiro più ampio, anche perché tratti spesso, dalla rielaborazione di spettacoli nati per il palcoscenico, ad esempio Daphinis et Cloé, les bergers qui s'attrappent del 1983, o Montalvo et L'enfant del 1988.


​SECONDA FASE

Verso la fine degli anni Ottanta, si entra nella seconda fase della videodanse, segnata dal passaggio dietro la videocamera degli stessi coreografi, che, anche registi, si cimentano nella creazione di opere dall'altissima tenuta artistica.

Fra le opere più interessanti, il lavoro di Angelin Preljocaj. Lui si muove senza soluzione di continuità fra lo spazio scenico tradizionale e il video, passando senza difficoltà dalla produzione specifica per la telecamera - collaborando con il regista Cyril Collard, pensiamo a 
Les raboteurs del 1988 - alla rielaborazione per il video o alla prosecuzione ideale in video di opere già realizzate per la scena. Questo è il caso di Noces del 1990 su musiche di Stravinskij, di Le postier del 1991 o ancora di Idées noires,  continuazione ideale del balletto Amer America sempre del 1991. Del 1993 è il capolavoro Un Trait d'union, versione videografica dell'omonimo duo creato nel 1989 che gli fa vincere, lo stesso anno, il Gran Prix Video Danse di Parigi.

Si spinge oltre Jean-Claude Gallotta che passa addirittura a una produzione cinematografica vera e propria con opere quali Rei Dom del 1990 e L'amour en deux del 1991, nelle quali la dimensione narrativa passa attraverso gesti che risentono della vocazione coreografica dell'artista francese.

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TECNOLOGIA E ARTE                                                COMPUTER ART

1/9/2018

 
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Riccardo Muroni | LIMIT, 2011

​Con il nome computer art si indicano le forme d'arte elaborate in forma digitale. Il termine viene usualmente riservato per l'arte che è stata modificata in maniera non banale attraverso un computer.

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Non sono considerati computer art testi, registrazioni audio e video, in quanto il computer serve solo come mezzo di immagazzinamento.


​LAPOSKY & FRANK

La computer art nasce nel 1950 grazie alla sperimentazione di due matematici/programmatori con sensibilità artistico-grafiche: Ben Laposky (USA) e  Manfred Frank  (Germania). Rifacendosi al costruttivismo e al razionalismo del Bauhaus, Laposky nel 1950 realizza l'“oscillogramma”. Scrive una funzione matematica, quindi non un'immagine, nel processore ed ottiene la base per una proiezione grafica. Successivamente, attraverso l'uso de l'oscilloscopio varia la lunghezza d'onda dei raggi luminosi del tubo catodico, creando cosi delle distorsioni che chiamerà "oscillogramma".

I grafici prodotti dal computer sono i mezzi con cui possono concretizzarsi le astrazioni delle idee programmate. Ad ogni formula algebrica corrisponde una diversa forma grafica, l'artista ha quindi la possibilità di ottenere infinite variazioni che possono ispirarlo in un universo contemplativo totalmente nuovo, in continua, stimolante, comunicazione con la macchina.


​MOSTRE

Dall'America, pioniera, altri gruppi di ricerca sono sorti in Giappone, Gran Bretagna, Germania, Italia. A Vienna, Madrid e Buenos Aires, tanto che il movimento ha acquisito sempre più importanza, sancita in due grandi mostre: la Cybernetic Serendipity, tenutasi nel 1968 a Londra, e la Computer art, On the eve of tomorrow, esposizione itinerante del 1969 dalla Germania al Giappone. Queste mostre, veri e propri eventi, hanno portato al grande pubblico un'arte che prima era rimasta quasi un esperimento privato. 

​Tuttavia, la digital art deve ancora guadagnarsi il riguardo concesso a forme d'arte storicamente consolidate come scultura, pittura e disegno, forse a causa dell'erronea impressione da parte di molti che "a farla sia il computer". L'uso del nuovo medium rappresenta sì una rottura rispetto alla tradizione, ma può condurre ad una nuova apertura nell'arte e ad una migliore comprensione dei fenomeni artistici.

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TECNOLOGIA E DANZA                                              TELEVISIONE VS VIDEO

1/9/2018

 
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Vittoria Ottolenghi | ideatrice e conduttrice di Maratona d'estate


​VEDERE DAL VIVO E GUARDARE IN TV

Televisione e video non sono lo stesso medium. Pertanto bisogna individuare le caratteristiche proprie delle opere incrociate fra danza e televisione e fra danza e video. Si tratta di incontri diversi, come abbiamo accennato, in quanto il mezzo non si è limitato, nel corso del tempo, a essere solo uno strumento di diffusione e di amplificazione, ma è diventato per la danza un elemento strettamente connesso sotto varie forme.

Fruizione dal vivo e fruizione televisiva sono molto diverse. La performance è un qualcosa che accade nello spazio e nel tempo, creando una nuova unità di spazio e tempo. La danza alla televisione, invece, non ha alcuna caratteristica di evento e si contestualizza in un flusso continuo di immagini e di informazioni.

​Mentre il pubblico live può intervenire con una risposta implicita o esplicita a quanto vede rappresentato, provocando una modificazione sul palcoscenico, nel caso della televisione il flusso comunicativo è inalterabile dallo spettatore sia dal punto di vista del tempo che della significazione.


​PRODUZIONE DI NUOVI TESTI

La Tv quando media un testo coreografico produce un nuovo testo, diverso da quello di partenza, ovvero svolge un'attività informativa e di diffusione culturale nei confronti della danza, anche con la messa in onda di opere di videodanza, facendo della relazione fra i due media, un matrimonio proficuo, ed in questo caso la televisione parla di danza senza rinunciare alle proprie caratteristiche.

In Italia, l'esempio più significativo, da questo punto di vista, è quello di Maratona d'estate, storico programma ideato e condotto da Vittoria Ottolenghi, nato nel 1978 e proseguito fino agli anni Novanta.

Altrettanto noto è il caso della televisione del Regno Unito che ha avuto un ruolo fondamentale nei confronti della danza britannica e non solo, al servizio della quale svolge ormai da molti anni un'opera capillare di divulgazione, documentazione, informazione ed educazione del gusto. 

​Questi esempi ci permettono di parlare di videomemoria, vale a dire della possibilità che il mezzo televisivo ha di documentare e conservare gli eventi importanti della danza, mantenendo in vita, anche per le generazioni future, le tracce di alcuni particolari momenti creativi.


​INQUADRATURA E MONTAGGIO

Il mezzo video ha come elemento strutturale e formale l'inquadratura, che è costruita a partire da una serie di variabili peculiari, come la scala dei piani e le diverse angolazioni di ripresa; i movimenti della macchina; la disposizione degli elementi visuali sul piano spaziale dell'inquadratura stessa; i tagli e i passaggi da un'inquadratura all'altra.

Entro l'inquadratura si dispone poi l'universo pro-filmico dato dalla posizione, dal movimento e dall'azione dei corpi e degli oggetti in relazione agli spostamenti della macchina da presa: è questo, il punto di incontro fra le due realtà: quella del corpo reale in movimento e dello strumento che ne fisserà le informazioni audiovisive analogiche o digitali sul supporto riproducibile.

Il montaggio, terzo elemento tecnico-strutturale, pur comune a tutta la produzione audiovisiva, nella videodanza assume un particolare significato, in quanto è produttore di ritmo, non sempre in totale autonomia, ma in relazione, confronto e scontro con quello del movimento dei corpi nello spazio e degli elementi sonori e musicali compresenti.

Il montaggio, imprescindibile componente tecnico-artistica del video, diviene importante elemento compositivo della danza contemporanea, come in Pina Bausch, dove assume la fisionomia di un tratto stilistico forte del suo Tanztheater: la grande musa tedesca del teatrodanza sembra, sin dai primi lavori, operare con le procedure tipiche del video-collage.

Nella videodanza, il danzatore e il suo movimento, fissati sulla banda magnetica o masterizzati nelle informazioni digitali di un CD-Rom o Dvd, sono riproducibili all'infinito. E questa traccia, costituisce una fondamentale alternativa al destino di morte e di oblio che attraversa ogni performance dal vivo. E' anche vero, però, che la comunicazione mediale avanzata come quella di oggi, ha influenzato la modalità di concepire anche la performance coreica dal vivo. 

​Parametri quali velocità, ritmo convulso e simultaneità, propri delle estetiche del videoclip o di certo cinema contemporaneo sono divenuti elementi stilistici anche della danza del nostro tempo, come testimoniano i lavori di William Forsythe, Enzo Cosimi, Molissa Fenley, Karole Armitage.

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TECNOLOGIA E TEATRO                                      DRAMMATURGIA

1/9/2018

 
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William Shakespeare nel suo studio | A. H. Payne, incisione, inizi del XVII sec.


​PRIMO NOVECENTO

Il termine drammaturgia ha assunto nell’arco del Novecento molteplici significati. Definizione aperta e ambigua, la parola drammaturgia riflette, sempre, l’evoluzione del teatro.

Oggi, nella mistura di stili e linguaggi, si possono individuare quattro accezioni di drammaturgia. La prima è quella tradizionale e restrittiva, che si riferisce esclusivamente alla parte letteraria del teatro; la seconda è più generale ed estensiva, e concepisce la drammaturgia come l’organizzazione artistica degli elementi che compongono lo spettacolo o la performance teatrale.

Questa seconda accezione ha attraversato tre fasi importanti: l’utopia dell’opera totale e della sintesi delle arti - da Wagner ad Appia e alle avanguardie del primo Novecento; il teatro di regia - Stanislavskji, Mejerchol’d, Craig - dove tutti i linguaggi, spazio, luce, movimento, suono, concorrono alla creazione dell’evento teatrale multisensoriale.

​La parola
non scompare dalla rappresentazione, ma il suo ruolo si ridimensiona e soprattutto muta di senso. Il testo teatrale diventa simile ad una partitura, in cui le parole interagiscono con le altre forme d’espressione.


​SECONDO NOVECENTO

Dagli anni Cinquanta - con Cage, Cunningham, Kaprow - e la nuova avanguardia degli anni Sessanta-Settanta, si sviluppano l’happening e la performance e in campo prettamente teatrale, va delineandosi una visione totalizzante di regia d’autore, pensiamo a Kantor a Mnuochkine, a Ronconi o a Wilson. In questo caso gli autori, quasi tutti con esperienza di regia, portano alle estreme conseguenze la scrittura drammaturgica, ripensandone il senso e le forme e fondando il canone drammaturgico moderno. Per questi autori il testo è portatore di una nuova concezione teatrale. 

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L’ opera di Samuel Beckett rompe definitivamente con il “dramma” e la scrittura teatrale si scarnifica, l’essenza si riempie di silenzi e paradossi, segnando la fine di una, fino ad allora, normale comunicazione verbale, che da quel momento si apre ai nuovi media del cinema, della radio e della televisione. 

Un’accezione più tecnica e professionale di drammaturgia è invece quella che si lega alla pratica reale del rapporto tra testo e scena e si articola in quattro tipologie:

il drammaturgo/regista, il regista è anche autore del testo o di un adattamento

la drammaturgia collettiva, tipica delle compagnie del teatro di ricerca

il drammaturgo puro, che affida il suo testo teatrale al regista

la drammaturgia multimediale, scrittura di un testo per uno spettacolo che utilizza le nuove tecnologie audiovisive, digitali e interattive.

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TECNOLOGIA E DANZA                                            GIOCHI

1/9/2018

 
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DANCE CENTRAL cover
​In un periodo storico caratterizzato dall’uso assiduo della tecnologia e dal moltiplicarsi di spettacoli con effetti speciali, anche la danza ha saputo trarre a proprio vantaggio le opportunità offerte dal digitale.

Giochi come Dance Dance Revolution, Just Dance e Dance Central ne sono un esempio.

Vezzoso il choreogame ideato da EgriBiancodanza per il pubblico dal vivo. Si gioca anche a teatro!


​DANCE DANCE REVOLUTION

Dance Dance Revolution è un videogioco musicale di genere exergaming prodotto da Konami, pubblicato come arcade e su PlayStation. Dotato di una pedana con quattro frecce (su, giù, destra e sinistra), bisogna che il giocatore segua il tempo e il ritmo della canzone scelta, premendo con i piedi i relativi pulsanti sulla pedana, seguendo i passi indicati dalle frecce.


​JUST DANCE

Just Dance è un videogioco musicale sviluppato e pubblicato da Ubisoft per Wii. Simile al gioco Dance Dance Revolution, con i ballerini che si muovono sullo schermo, ma la modalità di gioco è molto diversa. In Just Dance i giocatori usano solo il Wii Remote e tentare di imitare tutte le mosse del ballerino che appare sullo schermo e guadagnano punti in base ai movimenti svolti e a come li si esegue.

​Il 
controller del Nintendo Wii, utilizza un approccio differente da quello tradizionale, ed è la maggiore innovazione degli ultimi venti anni nell'ambito delle console: led ad infrarossi incorporati nelle estremità del Wii Sensor Bar permettono al controller di percepire il puntamento verso lo schermo, mentre l'accelerometro integrato nello stesso controller gli permette di percepire l'inclinazione e la rotazione. La comunicazione tra controller e console Wii utilizza la tecnologia Bluetooth.


​DANCE CENTRAL

​Dance Central è Il primo videogioco di danza in esclusiva su Kinect per Xbox 360®. Privo del controller, Dance Cenral è dotato di un sistema di rilevamento dei movimenti del corpo. Ogni routine offre una vera e propria coreografia sia per principianti che per esperti, oltre a una colonna sonora  con brani di artisti pop, hip-hop e R&B.

Kinect utilizza un sensore di movimento in grado di rilevare i movimenti di tutto il corpo. Mentre si gioca, Kinect crea una ricostruzione digitale dello scheletro basandosi sui dati di profondità rilevati. Quindi, quando ci si spost a sinistra o a destra oppure si salta, il sensore cattura i movimenti riproducendoli nel gioco.

Insomma, non vedremo grandi performance nei nostri soggiorni, ma questi videogiochi sono un grande strumento di divulgazione dei benefici dell’attività motoria, permettendo a chiunque di godere del piacere della danza.


light heroes
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Come nasce un coreografo? Dimostrarlo è l'obiettivo di Light Heroes, spettacolo multimediale di Raphael Bianco basato sulle dinamiche dei videogames. 

Lo spettacolo, pensato per ragazzi delle scuole elementari e medie, è un gioco coreografico, choreogame, che ha lo scopo di trovare la "luce", ovvero la vittoria, attraverso una costante interazione fra pubblico e danzatori. La performance, dal contenuto altamente formativo, si pone come obiettivo la delineazione della figura del coreografo, all'interno del processo di creazione. Insomma si sensibilizzano i giovanissimi alla coreografia e alla danza proprio attraverso l'uso saggio del gioco. 


Ironica e divertente, arrivata dallo spazio è la guida, il tutor del Choreogame. Atos, Mes e Altea - i danzatori che all'occorrenza si fanno showmen/showgirls, sottolineando come divertirsi sia un ottimo modo per imparare - sono i protagonisti con cui i ragazzi si schiereranno contro le forze del male. 


Tre i livelli, tre le difficoltà che condurranno uno dei tre eroi a trovare la luce, vincendo. Semplice ma non troppo, il gioco richiede memoria e astuzia e, nasconde, come dicevamo sopra, oltre l'aspetto ludico, la sensibilizzazione alla danza e al lavoro del coreografo. Capita o meno la lezione, ai ragazzi resta l'aver giocato con la danza, averla vissuta e creata.

gb 
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TECNOLOGIA E ARTE                                              IL VIDEO

1/9/2018

 
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Steina Vasulka | Violin Power, 1978


​VIDEOTAPE E TELEVISIONE

​Il videotape da un punto di vista tecnico, non ha nulla di nuovo rispetto alla sua antenata, la Tv. Se la televisione appariva agli occhi degli artisti legata al potere economico e politico, il video si apriva a possibilità culturali e artistiche sperimentali, volte allo scambio comunicativo. Il video si dimostra quindi, immediatamente, un mezzo potente, in grado di stimolare la creatività e l’espressione. 

La concomitanza tra l'avvento del video e il clima di attivismo e agitazione sociale assicura al mezzo un inizio esplosivo. Negli anni sessanta, il video mette in discussione l'oggetto artistico ancora più drasticamente di quanto facciano forme d'arte come l'happening o la performance. Un percorso che conduce alla dematerializzazione dell'oggetto artistico, ovvero la possibilità di un'arte fondata sul tempo anziché sullo spazio, presagio delle Avanguardie Storiche, pensiamo alla quarta dimensione di Picasso o all'attenzione dei Futuristi per la radio e il cinematografo.

​Rapporto ambiguo intrattiene invece la videoarte con la televisione, alla quale è legata dalla medesima tecnologia. VT is not TV, il videotape non è televisione, si rimarcava negli anni sessanta e pian piano i videoartisti cominciano a diffondere le proprie ricerche sul mezzo di comunicazione di massa per eccellenza. Allo stesso tempo, le forme televisive entrano nella videoarte attraverso la pratica del Found footage (letteralmente, "pellicola ritrovata"). La ristrutturazione delle immagini televisive crea dei messaggi divertenti e sovversivi, come dimostra l'esempio italiano di Blob.


​VIDEOARTE

​​​Del film d'artista, la videoarte rappresenta l'erede ideale. La maggiore accessibilità - tecnica ed economica - del video rispetto alla tecnologia cinematografica lo ha reso il mezzo privilegiato per la sperimentazione. Caratteristica fondamentale è il rapporto del video con la dimensione sonora. A differenza del cinema, nato muto e accompagnato da un'orchestra, nel video i suoni provengono dalla stessa sorgente: sono entrambi tensioni e frequenze. Particolarità che i primi videoartisti, provenienti in larga parte dal mondo della musica - pensiamo a Paik, Vostell, Viola - non hanno mancato di sottolineare nelle loro opere.

In 
Violin Power opera del 1978, ad esempio, Steina Vasulka genera con la sua musica distorsioni nell'immagine trasformando, come scrive Marco Maria Gazzano - Videomodernità. Eredità avanguardistiche e visioni ultracontemporanee tra video e arte - il suo violino «in una macchina per la ri-presa e la trasformazione - emotiva e fisica - della realtà».

Attualmente lo sviluppo della tecnologia, cui è legata questa forma di espressione, rende particolarmente vivace il campo della videoarte, che in modo esteso si avvale di ogni tipo di piattaforma e di supporto disponibile. Pensiamo all'utilizzo di schermi al plasma e LCD, di proiezioni sempre più luminose e di supporti digitali, del personal computer, del web, dei minischermi LCD di cui sono muniti gli smartphones, fino alle possibilità date dalle nuove tecnologie HD, con evoluzioni in direzione di una qualità sempre maggiore.


La stretta interazione tra arte e scienza/tecnologia ha imposto nel tempo specifici parametri di fruizione rispetto all'arte tradizionale, ed ha riaperto la riflessione sull'incontro tra produzione creativa e processo tecnologico, che Walter Benjamin aveva iniziato riferendosi alla fotografia e ponendo la questione sull'originalità delle opere fotografiche, prodotte in più esemplari.

Oggi, la problematica si è talmente dilatata e complessa a causa della riproducibilità totale dell'opera digitale, in cui le copie sono identiche all'originale e possono essere modificate.

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TECNOLOGIA E ARTE                                              ANNI CINQUANTA E SESSANTA

1/9/2018

 
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Angelo Picozzi | MMIV | TV as a Creative Medium

​ANNI 50

Gli anni Cinquanta sono il decennio delle performances, degli happenings, anni in cui si esplora lo spazio della comunicazione e si mettono in discussione i codici tradizionali con nuove proposte di comportamenti non finalizzati e liberatori. 

​Le neoavanguardie, non identificando più l’opera d’arte con il manufatto artistico, sperimentano nuovi modelli espressivi e spostano il proprio campo d'azione verso il corpo, conquistando spazio e tempo, coinvolgendo in maniera attiva lo spettatore mettendo in discussione le abituali categorie di percezione.​


Sviluppatasi in questo clima di apertura verso l’extra-artistico, l'avvento della videoarte muta radicalmente il panorama artistico internazionale. I primi esperimenti di videoarte furono inaugurati dai membri del Fluxus, un movimento che coinvolse nuclei d’artisti in diversi paesi, a cominciare da Stati Uniti e Germania. Una dimensione complessa, non formalistica, che recuperando lo spirito dadaista, esige un nuovo scambio sociale. 

​Membri del Fluxus e pionieri indiscussi della videoarte sono Wolf Vostell e Nam June Paik, che utilizzavano il proprio corpo come mezzo di espressione, oppure inscenavano e documentavano, mediante video e filmati, spettacoli temporanei in cui confluivano il teatro, la musica, la danza e la partecipazione del pubblico, 
influenzando molti dei più autorevoli rappresentanti dell’arte concettuale.


​ANNI 60

​La ricerca artistica degli anni Sessanta, figlia delle sperimentazioni di cui sopra, genera forme ibride e nuovi linguaggi a seconda della derivazione culturale e del territorio di appartenenza.

L’aspetto più generale di questa ricerca artistica consiste nella ricerca di una 
dimensione temporale che permetta all’opera di avere una durata, uno sviluppo nel tempo, cercando di "immettersi" nella contemporaneità sfruttando il potere comunicativo del mediumo prescelto: l’happening è infatti per definizione l’arte che accade.

​L’opera non è più un oggetto immodificabile, ma un’azione compiuta nello spazio e nel tempo.
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Il video, in questa fase originaria, svolge la funzione elementare di riprendere le performances ideate ed eseguite appositamente per la ripresa. Si dimostra, però immediatamente un mezzo espressivo estremamente poetico, se inteso come mezzo di comunicazione di massa.

​Questa ricerca dei primi anni Sessanta, esamina le possibilità di stabilire un originale linguaggio espressivo utilizzando il nuovo 
medium elettronico. Ma è nel decennio successivo che il video si rivolge alla complessa dimensione temporale del mezzo televisivo analizzandone criticamente l’ambigua verità.

A metà degli anni Sessanta la Sony mette in commercio una videocamera portatile: il port-pack con cui lavorò lo stesso Paik. La videocamera di massa apre agli artisti prospettive inedite, e furono in molti ad esplorarne le potenzialità.

Dal 1969 il video comincia ad ancorarsi all’universo delle gallerie d’arte grazie, soprattutto, alla Howard Wise Gallery di New York che organizzò la prima mostra interamente dedicata, 
TV as Creative Medium.

L’anno successivo anche i musei iniziarono ad interessarsi alla videoarte e ad acquisirne le opere. Oltre a New York, Colonia e Wuppertal vanno ricordate come le prime città ad avere ospitato opere in video.

Gb 
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TECNOLOGIA E ARTE                                              WALTER BENJAMIN

1/9/2018

 
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Walter Benjamin alla Bibliothèque Nationale de France | Parigi 1933-1935 ca | ph Gisèle Freund
​Benjamin, nel suo saggio L'opera d'arte nell'epoca della sua riproducibilità tecnica del 1936 affermava: “ciò che sfiorisce nell’era della riproduzione tecnica è l’aura che circonda l’opera d’arte”. Come per Baudelaire, anche per il sociologo viene a mancare “l’hic et nunc dell’opera, la sua esistenza unica e irripetibile nel luogo in cui si trova”.

​In questo modo, l’arte, perdendo la sua aurea perde anche il fascino legato alla sua presenza misteriosa e lontana, per diventare alla portata di tutti. La decadenza dell’aurea si fonda su due elementi: rendere le cose spazialmente e umanamente più vicine e superare l’unicità di qualsiasi dato mediante la ricezione della sua riproduzione.

Venendo meno l’autenticità dell’opera cambia la funzione dell’arte stessa, passando da quella rituale a una funzione politica di dissacrazione, di denuncia e di comunicazione sociale. In questa tendenza si collocano movimenti come quello dadaista, in cui, per la prima volta, l’opera d’arte è rappresentata da un concetto, da una forma mentale e non da un’immagine.

I dadaisti attraverso uno spietato annientamento dell’aurea dei loro prodotti, ai quali, coi mezzi della produzione imponevano il marchio della riproduzione, volevano suscitare la pubblica indignazione. Di fronte a un’opera dada non si viene rapiti, non ci si ferma in contemplazione ma si rimane violentemente scandalizzati. 

Con Duchamp un orinatoio diventa una Fontana e assume l’appellativo di opera d’arte. O con la Pop Art e Manzoni sono considerati arte, 90 barattoli di conserva, prodotti in serie, con un’etichetta riportante la dicitura: Merda d’Artista. La materia è opera d’arte.


​DESACRALIZZARE L'ARTE

Il concetto di opera d’arte si è ulteriormente desacralizzato, rendendo sempre più labili i confini tra arte colta e cultura della comunicazione di massa. 

​Tale processo vede il susseguirsi di innovazioni tecnoscientifiche i cui aspetti etici diventano sempre più l’oggetto dell’attenzione dell’artista. In un complesso panorama multidisciplinare in cui, come nel Rinascimento, gli artisti tendono a con-fondersi con gli scienziati, l’arte contemporanea si pone come un tramite tra l’apparato della ricerca tecnoscientifica e la società.

Nascono forme come la Posthuman art, che si basa sull’idea che il corpo biologico è obsoleto dal momento che esiste la possibilità di ibridizzarlo con la meccanica o l’elettronica: la protesi non è la manifestazione di una mancanza, ma diventa un eccesso in grado di simboleggiare il superamento dei limiti della natura.

Un altro esempio è la Transgenic art del brasiliano-americano Kac (www.ekac.org), la cui opera principale è la creazione di Alba, un coniglio transgenico che diventa luminescente se illuminato con una particolare frequenza elettromagnetica e che vive, perfettamente integrato, nella famiglia dell’artista. Lo scopo di questo tipo di sperimentazioni, a metà strada tra un esperimento scientifico vero e proprio e la creazione di un’opera d’arte, è quello di spingere i pubblici al dibattito attraverso una simulazione estremizzata delle ricadute della tecnoscienza sulla società.

Come i moderni divulgatori scientifici, gli artisti contemporanei con le loro creazioni auspicano una partecipazione allargata al processo tecnoscientifico, passando dalla democratizzazione dell’arte a partire dalla sua riproducibilità tecnica alla democratizzazione delle conquiste tecnologiche grazie alla diffusione e alla co-costruzione della conoscenza.

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TECNOLOGIA E DANZA                                    MOTION CAPTURE

1/9/2018

 
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Asphyxia | Takeuchi, Phillips


​​Nadia Magnenat-Thalmann

I danzatori, sviluppano spesso problemi alle anche che medici e ricercatori studiano grazie la tecnica della risonanza magnetica. L'MRI, pur essendo una metodologia attendibile, resta tuttavia una tecnica non dinamica, studiando solo una porzione limitata del corpo statico, non in movimento.

​Alle tradizionali risonanze sui corpi delle danzatrici, Magnenat-Thalmann - informatica dell'Università di Ginevra - ha abbinato la tecnica del motion capture. Le danzatrici osservate, precedentemente fotografate mediante tecniche di imaging. hanno eseguito alcuni passi indossando una tuta, particolare ed adatta, che registrava i loro movimenti, e questi dati, utilizzati per animare i loro scheletri, hanno lo scopo di individuare quali  giunture sono più esposte a potenziali danni ossei.

Attraverso l'inserimento dei dati, Nadia Magnenat-Thalmann ha realizzato modelli animati del corpo delle danzatrici per monitorare le sollecitazioni interne che ogni passo di danza comporta e predire come il loro scheletro potrebbe deteriorarsi: Costruiamo una relazione tra corpo, ossa e movimenti compiuti: è come se fossimo trasparenti e in grado di osservarci in movimento in ogni momento, spiega la ricercatrice.
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​Speciali algoritmi hanno poi permesso di individuare quali sono le aree più sollecitate, quelle che stressano di più la cartilagine, causando deformazioni che potrebbero in futuro creare problemi ossei. Il tempo che occorre per ottenere questi risultati, circa una settimana a danzatore, risulta troppo per pensare di estendere la tecnica ad una compagnia ad esempio. Ma in futuro, la tecnica potrebbe affinarsi e ottenere analisi più veloci. Il mondo del calcio, sembra essere il prossimo ad interessarsi a queste nuove ricerche. 
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​ASPHYXIA

Asphyxia, progetto ideato da Maria Takeuchi e Federico Phillips, é descritta dagli artisti come uno sforzo per esplorare i nuovi utilizzi delle tecnologie e i loro campi di applicazione, con un progetto che incentra la performance su un’eloquente coreografia per portare agli estremi il desiderio di espressione senza limiti. 

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Asphyxia usa i sensori Xbox One Kinect per catturare i movimenti del danzatore Shiho Tanaka, e utilizza i dati ottenuti per realizzare un ambiente foto-realistico, in cui i movimenti del corpo umano sono fedelmente riprodotti con la tecnologia. ​I dati liberati dal movimento sono stati, poi, codificati grazie ad un sensore e sviluppati con tecniche di simulazione dinamica e dispositivi 3D.
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​ISADORA

Foto
Isadora | screen
Ambiente di programmazione grafica per Mac e PC, Isadora, elaborato da Mark Coniglio e dalla coreografa Dawn Stoppiello, è stato utilizzato nelle performance interattive del Troika Ranch. Il programma consente il controllo umano dei media digitali ed in particolare la manipolazione in tempo reale di video grazie agli impulsi di movimenti controllati.

​Isadora, tributo alla pioniera della danza Isadora Duncan, si basa sull'interfaccia essere umano e computer, mediante l'utilizzo di sensori che elaborano i movimenti umani trasformandoli in input per la modifica in tempo reale di video digitali e altre applicazioni collegate alle arti performative.

​Ma oltre l'aspetto puramente creativo - come il progetto di ricerca per la creazione di dialoghi coreografici interattivi real time tra palchi virtuali e o reali situati in luoghi geografici differenti - Isadora è anche utilissimo per la riabilitazione motoria nelle strutture ospedaliere - al momento solo in via sperimentale - e per lo studio delle interazioni tra corpo e tecnologie digitali: per opere vocali interattive, per giochi di luce attivati con il movimento, con il suono o con altra attività umana, principalmente principalmente attraverso l'uso del motion capture.

gb 
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TECNOLOGIA E ARTE                                            NEW MEDIA ART

1/9/2018

 
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Gianni Colombo | Spazio elastico, 1967
Data la progressiva identificazione dell'espressione new media con media digitali, il termine New Media Art può fare riferimento, in un senso più ristretto, a tutta l'arte computer-based, a partire dalle prime sperimentazioni negli anni Settanta fino ai più recenti sviluppi. 

In New Media Art (2006), Tribe & Jana definiscono la New Media Art un sottoinsieme di due categorie più ampie: Arte e Tecnologie e Media Art. La New Media Art affianca quindi l'uso dei media digitali e le istanze comunicative proprie di chi si appropria dei mass media, e descrive “progetti che si servono delle tecnologie mediali emergenti e sviluppano le possibilità culturali, politiche e estetiche di questi strumenti”.

​In questo senso, il termine fa riferimento ad un movimento artistico che esplose nel corso degli anni Novanta.


NEW MEDIA
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In The Language of New Media, Lev Manovich nel 2001 scriveva che i nuovi media si basano sul computer e sulle tecnologie digitali e sono rivoluzionari i media computerizzati investono tutte le fasi della comunicazione - acquisizione, manipolazione, archiviazione e distribuzione - e anche tutti i tipi di media - testi, immagini statiche e in movimento, suono e costruzione spaziale. Ed in fatti, alcune caratteristiche dei new media differenziano radicalmente la fruizione dell'opera rispetto ad altre forme d'arte. Ecco le tre:

MULTIMEDIALITA': i new media riqualificano ogni media preesistente, digitalizzandoli (riconducendoli, cioè, ad una rappresentazione numerica) e convogliandoli in un unico meta-medium, il computer.

INTERATTIVITA': l'opera d'arte che utilizza i new media è naturalmente aperta e naturalmente interattiva, in quanto richiede la collaborazione attiva dell'utente. Esistono ovviamente diversi livelli di interattività (e anche forme di falsa interattività), ma quello che importa è che con i nuovi media non esiste una fruizione passiva, e che diversamente da molta arte qui è VIETATO NON TOCCARE.

VARIABILITA': la New Media Art è continuamente ri-configurabile, in quanto gli strumenti che usa sono variabili e  allo stesso codice possono corrispondere diverse interfacce.


​Le forme

 

Molto difficile, nella new media art, individuare delle precise categorie formali, anche perché la combinazione di elementi diversi è praticamente la norma. Questa categorizzazione segue quelle già proposte da Christiane Paul in Digital Art, 2003 e da Bruce Wands in Art of the Digital Age, 2006.

Immagine digitale
Scultura digitale
Installazione digitale interattiva
Film, video & animazione
Performance
Internet Art
Software art
Virtual Reality e Augmented Reality
​Sound Art

gb 
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