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QUEER                                                                    TEORIE                                                                    Il DRAG

1/7/2019

 
Foto
Sasha Velour | ph Tanner Abel


​Dressed Resembling A Girl

​La nozione di un’identità di genere originaria o primaria viene spesso messa in discussione nelle pratiche culturali del drag, nel travestimento e nella stilizzazione sessuale, destabilizzando proprio la distinzione tra naturale e artificiale, tra profondità e superficie. 

Il primo uso documentato della parola drag usato per descrivere attori vestiti con abiti da donna risale al 1870. Acronimo di Dressed Resembling A Girl (vestito come una ragazza), veniva usato per descrivere il travestitismo teatrale maschile. Queen invece potrebbe provenire dall'atteggiamento di finta regalità inscenato durante le esibizioni. Collegato ai termini quean o qwene, che in anglosassone significavano semplicemente "donna", veniva utilizzato per riferirsi a donne promiscue e uomini gay. 

Considerare però, una "drag queen" un "travestito" è un grosso errore. Non tutti gli artisti drag, infatti, cercano di creare l'illusione dell'altro sesso, e chi lo fa, "si maschera" per un evento specifico o una performance, con lo scopo di intrattenere il pubblico. Mentre un travestito si veste del sesso opposto per feticismo o per emulare una figura femminile specifica, come attrici o cantanti, nella vita di tutti i giorni.


​travestimento

​Nella teoria femminista, queste identità sono state, però, considerate degradanti per le donne, che vedevano nel drag e nel travestimento, un’appropriazione stereotipizzata dei ruoli sessuali, pensiamo alle identità lesbiche butch/femme ad esempio. Ma la relazione tra “imitazione” e “originale”, dice Butler, è più complessa di quanto la critica femminista consideri. E' vero che nell'immaginario e nella pratica, il drag, può creare un’immagine unificata della donna, cosa spesso contestata a ragione, ma rivela anche quegli aspetti del genere che vengono falsamente naturalizzati attraverso la finzione regolativa della coerenza eterosessuale.

Il travestimento, inteso come progetto d'immagine, rivela che l’identità originale su cui si modella il genere è un’imitazione senza un’origine e i significati di genere, nel travestimento sono comunque de-naturalizzati. Si capisce bene che il genere non può che essere un “atto”, una costruzione in divenire aperta a scissioni, all’auto-parodia, all’autocritica e alle esibizioni iperboliche del naturale. E per un’identità, essere in continua evoluzione, significa non essere né determinata né totalmente arbitraria, come invece, la costruzione culturale della critica femminista, intrappolata nel binarismo del libero arbitrio e del determinismo, affermava in maniera troppo semplicistica.


​molti sessi

​In Paradigm, un saggio che appartiene alla prima fase del lavoro di Monique Wittig, si considera che il rovesciamento del sistema binario potrebbe inaugurare una sfera culturale caratterizzata da molti sessi. All'interno del saggio facendo riferimento all’Anti-Edipo scrive: per noi non ci sono uno o due sessi ma tanti, tanti sessi quanti sono gli individui. La proliferazione dei sessi, ovviamente, comporta la negazione del sesso in quanto tale, mentre la sedimentazione delle norme di genere produce, invece, il fenomeno di un “sesso naturale” o di una “donna vera”. 

Se le identità non fossero più fissate, sostiene Butler, e se la politica non fosse più concepita dai presunti interessi di una serie di soggetti, allora, dalle rovine del vecchio, emergerebbe senz’altro una nuova configurazione della politica e dunque una nuova società, inclusiva e più evoluta.

gb 
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