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QUEER E DANZA                                                  ANNI NOVANTA                                                      VOGUING

1/3/2021

 
Foto
Archie Burnett | Foto dall'archivio @archieburnett


​vent'anni di incubazione

Originariamente chiamato «presentazione» e più tardi «performance», il voguing entra di fatto come categoria nelle ballroom già a partire dagli anni Sessanta. Nel corso degli anni, i movimenti di danza si sono evoluti nella forma più intricata e acrobatica che oggi conosciamo come "vogue", esplosa, mediaticamente negli anni Novanta del secolo scorso. Dalle ballroom si è diffuso in tutti gli Stati Uniti e per quanto la capitale sia New York, esistono anche capitali "regionali" come Chicago, Atlanta e Los Angeles. Anche a Londra e Parigi si sono diffuse le ballroom, per quanto si concentrino non tanto sulle competizioni di voguing, quanto sulla runway, competizione di sfilate.

​Vogue apre le porte a un universo di sottogeneri e diversificazioni infinite, con in comune un linguaggio che attinge da altri mondi: quello delle arti marziali, dell'arte egizia, delle pratiche militari e della breakdance. Oggi vogue è un fenomeno globale in continua evoluzione, sia stilistica che demografica. Del 2012, infatti, è l'apertura di The House of Melody, la prima casa di vogering tedesca, che ancora oggi, deve lottare contro l'ignoranza, dando un posto a chi fugge dalla strada o da casa, contribuendo al rispetto a all'amore di tutti. 

Il Voguing si impose all'attenzione del pubblico e della critica a partire dalla fine degli anni Ottanta, quando passi e routine vennero inseriti all'interno dei videoclip delle pop star di quegli anni.


​VOGUE E CULTURA POP

Prima Malcolm McLaren con i video Deep in Vogue e Waltz Darling nel 1989, poi Madonna con il videoclip Vogue, nel 1990, fecero del voguing un fenomeno di costume degli anni Novanta. E il legame fra voguing e cultura popolare visiva è stato strettissimo e continuo.

Molti artisti, in particolare donne, hanno incorporato il
voguing nei loro video. Leiomy Maldonado, membro transgender dei Vogue Evolution - quarta edizione di America's Best Dance Crew - ha reso popolare il suo passo personale, la "Leiomy Lolly", incorporata poi nei videoclip If U Seek Amy di Britney Spears e Videophone di Beyoncé. Il video di Willow Smith Whip my hair contiene un cameo della Leiomy. Lil Mama e Chris Brown hanno incorporato una Dip nel videoclip di Shawty Get Loose. E ancora Teyana Taylor, Rihanna, Willow Smith, FKA Twigs, Ariana Grande, Azealia Banks, Fergie e Lady Gaga, si sono tutte ispirate a voguers di ieri e di oggi.

Ma non solo il mondo della musica, il voguing ha plasmato l'industria della moda influenzando designer del calibro di Marc Jacobs, Thierry Mugler e Patricia Field. Il documentario di Wolfgang Busch How Do I Look racconta infatti di come le icone e le leggende della ball community di Harlem hanno influenzato, per decenni, le più grandi star della cultura pop. Innovazioni che hanno creato tendenze nella moda, nella danza, nella musica e sulle passerelle.


​danza unisex

Vogue è una danza unisex che, come per la breakdance, si basa sul concetto di no-touching. Ispirato allo stile degli antichi geroglifici egizi e alle immagini patinate dei modelli nella rivista Vogue, il voguing è caratterizzato da una serie di pose, come quelle di un servizio fotografico. I movimenti di braccia e gambe sono angolari, lineari, rigidi e si spostano rapidamente da una posizione statica all'altra. E nelle competizioni “insulti” sottili, diretti l'uno verso l'altro, sono utili per impressionare i giudici e il pubblico.


​stili

Old Way (prima del 1990). Caratterizzato dalla formazione di linee, simmetrie e dalla precisione in un'esecuzione aggraziata e fluida. Nella sua forma storica più pura si configura come duello tra due rivali. Nella tradizione uno dei due rivali deve bloccare l'altro a terra o contro un muro di modo da limitarne i movimenti mentre il primo esegue Hand Performance (movimenti di mani).

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New Way (post 1990). Caratterizzato da movimenti più rigidi e geometrici, incorpora contorsioni degli arti e controllo delle braccia, includendo spesso il locking. La New Way può essere anche descritta come una forma modificata di mimo in cui il voguer crea forme geometriche mosse progressivamente intorno al suo corpo, mostrando destrezza e memoria.

I termini "Old Way" e "New Way" sono generazionali, in quanto ogni generazione si riferisce a sé stessa come "New Way" e alla precedente come "Old Way".
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Vogue Femme (risalente circa al 1995). Stile più recente dell'Old Way, il Vogue Femme (dalla parola francese "femme", "donna") è uno stile sviluppato principalmente dalle Femme Queen, donne transgender protagoniste della ballroom scene. Rispetto all'Old Way risulta più fluido, con movimenti appositamente femminili ed esagerati, influenzati spesso dalla danza classica e moderna.
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Vogue Femme si divide in Dramatics, più atletico e che richiede maggior forza e resistenza fisica, includendo diversi tipi di acrobazie, e Soft and Cunt, dove il voguer si muove in modo più aggraziato e femminile, incorporando spesso elementi di danza classica.


​elementi

​In entrambe le varianti, la danza si divide in sei elementi:

Hands. Nella performance, le mani del performer spesso raccontano una storia. Hands è l'elemento fondamentale per aggiungere espressività alla performance interagendo con l'avversario durante una battle (cfr. "throwing shade").

Duckwalk. La passeggiata delle anatre. Accovacciarsi sui talloni e calciare i piedi mentre si procede in avanti a ritmo di musica.

Catwalk. Camminata femminile esagerata in cui le gambe sono incrociate l'una sull'altra, i fianchi sono spinti da un lato all'altro e le mani sono gettate in avanti in opposizione alle gambe.

Floorwork. Questo componente dimostra la sensualità dei concorrenti mentre rotolano e si muovono a terra in modo da catturare l'attenzione dei giudici.

Spins and Dips. Questo è l'elemento più appariscente della moda. Una rotazione o un tuffo eseguiti correttamente, ovvero solo quando si verificano esattamente sulla battuta musicale.

Runway. Inspirato dalle sfilate delle modelle sulle passerelle, solitamente richiede outfit particolari e colorati. Coloro che partecipano utilizzano il loro stile non tanto per mostrare l'outift ma principalmente l'attitudine, facendo risaltare loro stessi e allo stesso tempo cercando di annebbiare (SHADE) gli altri.

gb 
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​Approfondimenti
queer e danza

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QUEER E DANZA | ANNI NOVANTA | WILLY NINJA
QUEER E DANZA | ANNI SESSANTA | HOUSES
QUEER E DANZA | ANNI SESSANTA | BALLROMM
QUEER E DANZA | ANNI NOVANTA | VONGUE VUOTO

QUEER E DANZA                                                      ANNI SESSANTA                                                        HOUSES & BALL | QUALI INFLUENZE OGGI?

1/3/2021

 
Foto
Kiki House of Savoia


​DANZA DI PROTESTA

La ball culture oggi è una community globale con centro a Parigi, proclamatasi capitale europea del voguing. In tutte le città si offrono corsi e, questo linguaggio, grazie al suo successo mediatico, lo si insegna in gran parte delle scuole di ballo. Simbolo di protesta e affermazione, questo stile, si è sempre più imposto come danza di protesta contro l'omofobia.

Danza unisex, veniva utilizzata sul "ring", in chiave non aggressiva, per risolvere le controversie tra due Houses; in maniera "feroce", il vonguing era usato invece per reagire al dramma dell'AIDS. In questo caso, la "battaglia" vedeva scontrarsi Vita e Morte, e negli anni Ottanata, Morte sconfisse gran parte della comunità transgender e non solo. La società di allora e la sua intellighentia elessero il virus come malattia degli omosessuali e da qui il doppio stigma, esploso negli anni Novanta, positivo-omosessuale.


​COMBATTERE 

I partecipanti alle ball erano combattenti, dunque. Ogni giorno nella vita reale lottavano per sopravvivere. Negri, sieropositivi, froci, travestiti, ognuno di loro rappresentava un abominio per dio e un insulto per le loro famiglie. Ma se erano niente di giorno, di notte potevano essere delle star. E le loro notti si fanno metafora della speranza: nel futuro, in sé stessi, in un lavoro, in una famiglia, nel diritto all'amore. Desiderio di "normalità" all'interno della ball community che ha prodotto una serie di incitazioni e modi di dire, mantenuti intatti ancora oggi. Veri e propri slogan, utili ad incoraggiarsi a vicenda, spronarsi, darsi forza in un mondo che li voleva deboli ed indifesi.

​E invece di buttarsi giù, gridare al bullismo o peggio al vittimismo come gli adolescenti di oggi, i giovani cazzuti di ieri così si spronavano: "Farai meglio a impegnarti!" - "You better werk bitch!" -, Cammina al meglio!, con il significato esteso di avere coraggio e buttarsi nelle cose con tutti se stessi - "Now sissy that walk!" -, Sali là sopra, sii bellissimo/a e falli morire! - "Get up, look sickening and make them eat it!".


​TORINO | HOUSE OF Savoia

In Europa, la ball culture ha attecchito subito a Parigi, il centro nevralgico delle function più importanti. In Italia, invece, come spesso accade, si è sviluppato solo l'apparato scenico delle competizioni. Focalizzando tutta l'attenzione sul voguing, privando la ball culture delle sue radici antropologiche. 

La curiosità per la sua storia e i suoi protagonisti, hanno iniziato a farsi spazio solo di recente, ed il percorso di consapevolezza e riappropriazione sembra, purtroppo, lontano a venire. Ed proprio con questo timore, che la Kiki House of Savoia, ha fondato a Torino la propria casa nel 2016.

«Specie negli ultimi anni – conferma Matteo, il fondatore della House of Savoia, nell'intervista per Outsider (Beatrice Bentrani, 7/7/2019), c’è un interesse per la ball culture, ma a differenza degli altri Paesi l’attenzione resta ancora troppo concentrata sulla danza, quando in realtà l’origine e i connotati di questa realtà sono molto più ampi. All’estero, anche solo a Parigi, è tutto molto più vitale e sentito».

Dal 2016, la Kiki House of Savoia si è fatta conoscere sul territorio torinese con le function al Supermarket di Torino, vero e proprio successo di pubblico e di adesioni di House provenienti da tutto il mondo, che gli è valsa la presenza all’ultima edizione del Lovers Film Festival con il cortometraggio Savoia. Con loro per protagonisti, realizzato dall’associazione culturale Elvira.

"Quello della ballroom, continua nell'intervista, è un ambiente che nasce in un contesto underground e che va tutt’ora protetto e tutelato, un luogo in cui è necessario che tutti si sentano al sicuro; un altro degli obiettivi fondamentali della ball culture è proprio questo, infatti: la costruzione di un safe place. “Massificando” la cosa, potremmo perdere questa componente essenziale, o peggio, denaturalizzare i valori della ballroom".

Per questo non possiamo che concordare e concludere con le stesse parole del fondatore la House of Savoia: "pensiamo tutti che sia necessario, in generale e sempre, a ogni tipo di cultura, espandersi e modificarsi con il tempo; ci piacerebbe solo che questo accadesse con consapevolezza, e che le persone che vengono a contatto con la ball culture sappiano che stanno maneggiando una materia delicata, da rispettare, preservare e da arricchire continuamente".


​LO SLANG IERI COME OGGI

Esiste una componente lessicale mantenuta intatta negli anni e penetrata nella queer community in generale. Questi termini - come fierce e fierceness, work it e working it, fabulous e fabulousness - si sono ampiamente diffusi nello slang gay, nel gergo della moda e nel linguaggio colloquiale tradizionale. Eccone alcuni.

Reading: "leggere" una persona significa evidenziarne ed esagerarne tutti i difetti. Dai vestiti ridicoli al trucco imperfetto o qualsiasi altra cosa il "lettore" possa inventare. È una battaglia che usa l'arma dell'ironia, in cui si vince se si fa ridere di più il pubblico.

Shade: evoluta dal reading. Invece che insultare qualcuno direttamente lo si fa attraverso complimenti ambigui. Un esempio è quello di dire che qualcuno ha un vestito tanto bello da far quasi dimenticare che gli si vede la barba del giorno dopo.

Yas: uno yes più enfatico, più è prolungata la "a" più si esprime il consenso/piacere

Walking: sfilare per avere l'ammirazione dei contendenti ai ball

Mopping: taccheggiare vestiti per indossarli ai ball

Working, work: è un'esclamazione usata per trasmettere ammirazione, gioia

Fierce: (feroce) usato come complimento

Butch queen: regina mascolina

Mother: il membro della casa che ottiene il ruolo di mentore

Houses: famiglie alternative

Shantay you stay: annuncio per il vincitore di una sfida di playback.


gb 
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​Approfondimenti
QUEER E DANZA


QUEER E DANZA | ANNI NOVANTA | VOGUING
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QUEER E DANZA | ANNI NOVANTA | WILLI NINJA

QUEER E DANZA                                                      ANNI DUEMILA                                                          PAROLA ALLA DANZA | SECONDO PERCORSO

1/3/2021

 


IN ORIGINE ERA UNO
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​Cosa ha perduto l'uomo nella sua anima e nella sua carne nella nostra società? Con questa domanda Brumachon metteva in danza il suo d'indicibles violences e a questo interrogativo proviamo a rispondere attraverso 5 coreografie. 

Dall'America all'Europa, dall'Oriente all'Occidente passando per Sodoma torneremo indietro fino a riscoprire Sigfried. Un percorso che riflette sulla stasi intellettuale per suscitare il risveglio emotivo. Dalla dualità odierna alla complementarietà originaria. Dalla Storia alla Preistoria e dalla Letteratura al Mito.


​MARIA HASSABI

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Solo | Maria Hassabi, 2009 | ph Paula Court
​​Cipriota, newyorkese d'adozione, Maria Hassabi è artista poliedrica. La sua è una danza interdisciplinare non legata solo alla scatola nera del teatro ma le sue creazioni invadono lo spazio di gallerie d'arte, musei e cinema. In questo modo l'azione coreutica esce fuori da sé e si inserisce nel fluire continuo della vita stessa, attraverso un percorso in cui la Motion si mischia all'Emotion e le sensazioni sono tradotte in forme esteticamente ricercate.

In Solo, prima parte di un dittico nato nel 2009, al centro c'è ovviamente il corpo, che soggetto e/o oggetto, è portatore di istanze sue proprie. Esiste infatti un linguaggio verbale e uno non verbale, dove l'ultimo rimanda a quell'insieme di segni che trasformandosi in movimenti, diventano leggibili per chi guarda. Ed è qui che l'arte funge da specchio e il pubblico può riconoscersi. Vedere trasformare l'alterità del singolo artista, in identità collettiva.

In una danza, quella dell'Hassabi, in cui le sensazioni di gioia, euforia, felicità lasciano il posto alla noia, all'incapacità di agire financo l'assenza di desiderio, tutto è demandato a ciò che in realtà si vede poco: a quegli spasmi nevrotico nervosi che il corpo emette inconsapevolmente. E' la vita interiore di quel corpo che l'artista vuole mostrare o meglio la rappresentazione visiva della stasi intellettuale. 

Tratto da:
 Una donna e il suo tappeto persino. Maria Hassabi a Collegno, Bertuccio, 2013


​THE OLD KING

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The Old King | Les Ballets C de la B | ph C Renaud De Lage, 2012
Ma cosa vorrà mai dire stasi intellettuale? E cosa serve, per il movimento o la vita di questo intelletto? Dall'America all'Europa le considerazioni sembrano essere le medesime. E due anni dopo, nel 2011, Miguel Moreira, per la compagnia belga Les Ballets C de la B, crea The Old King. Dal solo femminile si passa al solo maschile, e al corpo della Hassabi si sostituisce il corpo di Romeu Runa.

All'interno di una scenografia apocalittica, a metà strada fra costruzione e demolizione, Moreira presenta un uomo seduto dando le spalle al pubblico. Soffre credendosi abbandonato da Dio e dagli uomini. Il tormento interiore si manifesta, man mano, negli spasmi del corpo e il dolore esplode, poi, nell'irrequietezza dell'azione coreutica. Il corpo esposto è anarmonico e privo di centro: incapace di un equilibrio sano, lotta fra i propri desideri e le consuetudini sociali. Ed è una lotta vera e propria quella che Runa, intraprende sul palco. Prima contro sé stesso e poi, moderno Don Chisciotte, contro il nero delle nostre società.

​Studiata appositamente per le linee e l'impatto scenico del ballerino, la pièce, come la danza pretende, si focalizza su ossa e pelle, scrivendo nello spazio una poesia maledetta. Fra infanzia e follia, il corpo retrocede ad uno stato primigenio per rivendicare la sua giusta collocazione nel mondo. Prima curvo e incompreso, man mano più consapevole, ma sempre più sgraziato. Striscia, trema, si contorce ricercando una propria, autentica, identità.


Non resta, a questo corpo, che urlare con Munch sia lo sfacelo, sia la voglia di stare qui ed ora. Urlare la ricerca del senso che si fa istinto di sopravvivenza. E se Moreira crede nel potere che ognuno, come individuo, ha nella scelta della propria vita, crede meno nella capacità che gli uomini hanno di raccontarsi e di relazionarsi, forse. L'uomo di Moreira non riesce a comunicare nulla del suo mondo interiore, sembra aver dimenticato la strada per la via regia. Ma è la parola (la comunicazione) che realmente è sminuita nel su valore o sono gli uomini incapaci di fermarsi e trovare il giusto codice? 
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Tratto da The Old King: il folle con la piantina negli slip, Bertuccio 2012


​Autour de Madame Butterfly

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Autour de Madame Butterfly | Balestra/Takei, 2014
I codici, oggi più che mai, sembrano gestire le nostre esistenze. Al lavoro, nella vita privata, e soprattutto di notte, esistono tutta una serie di prassi e consuetudini che ognuno segue più o meno consapevolmente. La sessualità è uno dei tanti codici che le società usano (vedi Foucault. Corpo, Sesso e Diritto) per controllare, dividere e uniformare. Il binarismo uomo-donna, ancora oggi, spiegato e narrato come si è fatto in Queer. Teorie, tarda a superarsi. E quella che è stata una vera e propria invenzione, in questi secoli è arrivata fino a noi come verità naturale, dogmatica meglio. La donna e il femminile dovevano sottostare ai dettami del patriarcato e oltre il confine della famiglia borghese niente aveva diritto di esistere. ​​

Su questo e sul suo superamento riflettono Ornella Balestra e Yutaka Takei nel 2014 con il loro Autour de Madame Butterfly. L'opera, così come Puccini l'aveva ideata, era portatrice delle istanze della propria epoca. Un tempo non lontano in cui chiari e definiti erano i ruoli: quello della donna rispetto all'uomo, dell'Oriente in rapporto all'Occidente, dell'onore e anche dell'amore extra-coniugale. Oggi, più di un secolo dopo, tutto risulta ambiguo e talvolta ribaltato. Si è perso, insomma, il senso dell'onore e delle regole che ne permettevano la stessa trasgressione. Permangono, però nei decenni, l'amore e la passione insieme ad un'atroce sofferenza dovuta al senso di abbandono che, in Autour de Madame Butterfly dà origine a un altro dramma, più profondo, esistenziale. L'uomo contemporaneo, soprattutto occidentale, vivendo in un dualismo perenne, fatica a sentirsi completo. 


Attrazione e diffidenza, forma e sostanza, maschile e femminile, abbandono e attesa, tradimento e amore. La vita e la morte, nelle diverse tradizioni, con il duo si fanno carne, sangue, sudore. Generando un universo incantato, talvolta ironico, pieno di leggerezza. Perché è nel gioco dei ruoli che l'ambiguità regna assoluta, tanto che l'uomo può farsi donna e la donna uomo. Nello stesso modo in cui l'Oriente può apparire occidentale più dell'Occidente stesso.

Tratto da Balestra e Takei fanno incontrare Oriente e Occidente, Bertuccio 2014 
 


​USDUM

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Usdum | Cie As Palvras, 1991 | Ph Jean Luc Tanghe
Ed è proprio nell'oltrepassare il filo spinato che la vita si fa gioco e l'amore in-condizionato. Proprio come hanno scoperto tutti quegli uomini e quelle donne, che fuori dai confini, hanno ri-scoperto la libertà di amare. La tenerezza, la compassione, l'empatia, la complicità, la condivisione, la gioia, il dolore. Tutte sensazioni vitali prive di qualsiasi connotazione di genere e se proprio le si vuole indirizzare, dovrebbero rientrare nelle esigenze primarie di tutto il genere umano. Dalle sensazioni alle emozioni il passo è breve, e il voler desiderare il corpo che le provoca è una conseguenza – questa si – naturale. Istintiva, umana.​

Usdum coreografia fortunata di Claudio Bernardo, arrivata a Torino nel 2013 - creata però nel 1991 - trae ispirazione da riferimenti sociali e letterari - la miniera d’oro brasiliana (Serra Pelada) e la montagna di sale di Sodoma di cui parla Michel Tournier - per scrivere col corpo un inno all’Amore. 


Un ambiente monosesso che lascia trapelare sentimenti omofili, che qui diventano simbolo dell'amore libero, lontano cioè da qualsiasi condizionamento sociale. Se Freud aveva teorizzato l'inversione occasionale che avviene in ambienti dello stesso sesso -  palestre, piscine, miniere, prigioni - in Usdum diventa desiderio, il diritto, d'amare hic et nunc, senza curarsi del dopo.

Piccoli gesti, che si ripetono fino alla perdita del loro significante, costituiscono il pentagramma di un'esistenza pesante, chiusa, omofobica, che ha per colonna sonora i canti indiani e le musiche di Bach. Suggestioni caotiche che unite alle armonie creano quello straniamento emotivo che permette ai corpi di Mattéo Moles e Claudio Bernardo di tornare bambini, liberi adesso di giocare e innamorarsi senza alcuna costrizione sociale e culturale. 

Tratto da Io amo e non voglio limiti. Usdum a Torinodanza, Bertuccio 2013


​MASCHILE E FEMMINILE 
ENERGIE ANCESTRALI

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Astarte Syriaca | Gabriel Dante Rossetti, 1877
Ma cosa viene prima della Cultura? E prima della Storia? E quale società esisteva prima di quella che conosciamo? In soldoni: la Natura precede la Cultura, il Mito la Storia e il Matriarcato il Patriarcato. Con una storia datata a partire da circa 4000 anni fa, il patriarcato sembra ancora oggi, visto la sua reiterazione nei secoli, l'unico sistema sociale e politico che conosciamo. La piramide gerarchica nella vita pubblica, la famiglia patriarcale nella vita privata.

E nonostante a partire dagli anni Settanta si è cercato di mettere in discussione la naturalità di tale sistema, e nonostante i costumi siano cambiati, tutti, ammettendolo o meno, abbiamo interiorizzato la “veridicità” di questa invenzione. Uomini e Donne (aldilà delle preferenze sessuali) vivono il maschile ed il femminile come due poli opposti - se non gerarchicamente subordinati. E questa dualità, il binarismo di genere insieme a tutte le conseguenze che porta, con il frazionamento dell'essere umano (pensiamo alla sigla LGBTQI+) alimenta e nutre il senso di incompletezza di cui sopra. Perché se esiste un vuoto  la sovrastruttura può illuderci di colmarlo!


In più, il maschile ed il femminile, che sono energie ancestrali, nei secoli sono stati così fraintesi che oggi si usano come sinonimi di mascolinità e femminilità. E nell'apparenza la perdita dell'essenza originaria. 


MATRIARCATO


Ma esiste un periodo della storia in cui la dualità era unicità? 
A partire dalle ipotesi avanzate da Johann Jakob Bachofen nel suo saggio del 1861, il matriarcato fu l'organizzazione originale dell'umanità, e solo successivamente sostituita dal patriarcato. Recentemente, le scienze sociali, comparando tutte le religioni antecedenti il monoteismo, hanno sostenuto che tutte condividevano culti offerti a divinità femminili. Il culto delle Dee Madri (identificate con la terra che porta frutti), personalizzate in dee conosciute come Astarte, Tanit, Cibele, ecc., confermando l'ipotesi del matriarcato come reale forma di governo delle comunità umane primitive.

Nel matriarcato, nonostante al potere (funzione interna) ci fossero le donne, gli uomini (con funzioni esterne) non erano a loro subordinate, ma tutti e due insieme, e unite le loro funzioni, collaboravano al buon funzionamento della società. Questo era il tempo, secondo ciò che ci hanno fatto credere, del Mito, una età dell'oro in cui non esisteva dualismo e l'uomo viveva in armonia con la natura, la Dea Madre. In questo periodo, abitato da civiltà che oggi, rivalutandole, scopriamo essere più evolute, non c'era supremazia: dell'uomo sulla donna, degli adulti sui bambini, dell'uomo sulla natura. Tutti erano creature e tutti erano soggetti al medesimo destino. Il Mito era il tempo degli eroi. Ma chi erano gli eroi? E cosa rappresentano ieri come oggi?


​SIEGFRIED

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Siegfried | Francesco Marilungo, 2014
Giungiamo così al nostro ultimo spettacolo e per la prima volta, in questi due percorsi, è l'artista stesso a rispondere e spiegare meglio quanto sopra. Lui è Francesco Marilungo, e con la sua seconda creazione, nel 2014, portava sulla scena il suo Siegfried. Quando a Torino, per Interplay festival, lo abbiamo intervistato e alla domanda Perché raccontare di eroi?, cosi rispondeva:
  
L'eroe costituisce una figura archetipica, una "forma a priori" dell'inconscio collettivo che possiamo ritrovare nei miti, nelle leggende, nelle fiabe, nei sogni, nelle visioni e nelle espressioni religiose e artistiche di tutti i popoli della terra. Quella dell'eroe è una figura universale che rappresenta l'uomo in quanto entità. In particolare, la figura dell'eroe è caratterizzata da una vicenda che ricorre costantemente con poche varianti: il viaggio iniziatico che porta alla conquista di uno stato superiore dell'essere. L'eroe che deve superare prove e ostacoli rappresenta la condizione umana del vivere.

Siegfried, continua Marilungo, nasce dall'analisi delle figure archetipiche presenti nel mito nordico a cui si ispira il noto balletto di Ivanov/Petipas. L'intera vicenda può essere considerata un viaggio iniziatico dell'eroe verso la perfezione, intesa come unione dei contrari, e che si esplicita in senso metaforico con lo stato originario di androginia. La performance, infatti, si presenta con un rituale costruito secondo norme codificate. Una "cerimonia religiosa" che nasce come sacrificio e che svolge una funzione catartica, così come accadeva alle origini. 
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INCONSCIO COSCIENZA AZIONE

​Siegfried in questo viaggio si ritroverà ad agire all'interno di un campo di forze generato da tre poli: il lago, il trono e la "sposa laida". Tutto è una metafora: il lago rappresenta l'inconscio, ciò che giace sotto la coscienza; il trono raffigura il potere, il ruolo a cui l'eroe è destinato per nascita e al quale fugge; la "sposa laida" identifica la donna-cigno, quella entità che avvince l'uomo col suo fascino soprannaturale.

La discesa nel lago permetterà al principe di incontrare la sua parte complementare. Per far sì che gli opposti si incontrino il principe deve infrangere lo stagno, lo specchio – la discesa nel lago (entrare in sé stessi) elude il ristagno (caratteristica del lago e dell'essere umano). Il trono, declinazione indiretta della figura archetipica del regno, è la nostra vita, qualunque essa sia, e noi ne dobbiamo diventare re, padroni, gestori, assumendocene tutta la responsabilità. Proprio grazie alla componente insondabile, irrazionale e animale, il cavaliere assimilerà la Dama diventando un solo essere le cui parti si sono separate "all'inizio dei tempi". 

Queste due parti sono i due "Sé" che coabitano in noi: il "Sé" immortale e il "Sé" mortale, ovvero, rispettivamente, da un lato lo Spirito immanente, l'Anima Immortale, la Personalità, incarnata della Dama, e, dall'altro, l'anima individuale operante e dotata di volontà propria, l'individualità, simbolizzata dal cavaliere. L'iniziazione cavalleresca ha per fine la reintegrazione dello stato edenico primitivo, stato che si può qualificare come androgino, corrispondente alla "Unione delle due Nature": il maschile (l'Uomo), la natura celeste (o solare) e il femminile (la Donna) la natura terreste (o lunare).

Estratti da L'intervista. Il Siegfried di Francesco Marilungo, Bertuccio 2015

gb 
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ApprofondiMENTI
QUEER E DANZA

​

QUEER E DANZA | ANNI DUEMILA | PRIMO PERCORSO
QUEER E DANZA | ANNI DUEMILA | ITALIA E TORINO
QUEER E DANZA | ANNI OTTANTA | LlOYD NEWSON
QUEER E DANZA | ANNI OTTANTA | LEA ANDERSON

QUEER E DANZA                                                      ANNI SETTANTA                                                        TROKADERO BALLET

1/3/2021

 
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Trockadero Ballet | Giselle Act II


​Trockadero Gloxinia Ballet Company

​Larry Ree, Richard Goldberger e Lohr Wilso, tre membri della Ridiculous Theatrical Company di Charles Ludlam nel 1972, formano la Trockadero Gloxinia Ballet Company. Miscela psicosessuale di camp, resistenza fisica ed esagerazione, la compagnia pose le basi estetiche per esplorare il mondo della danza en travesti. Celebrando l'opera piuttosto che il minimo, valorizzando l'artificio più che la realtà e privilegiando il ridicolo rispetto al convenzionale, la Gloxinia faceva con i testi coreografici ciò che la Ridiculous faceva con i testi verbali.

Esibendosi in loft e piccoli teatri del Greenwich Village, i Gloxinia attirano un discreto pubblico che, crescendo, permise di espandere la compagnia e passare a una dozzina di ballerini. Volendo concentrarsi, però, sulla satira coreografica piuttosto che al culto della drag ballerina, quattro membri della compagnia decisero di formarne una propria nel 1974: nacque Les Ballets Trockadero de Monte Carlo.


​Les Ballets Trockadero de Monte Carlo

Con una migliore coreografia, ballerini più tecnicamente preparati e un triumvirato di direttori artistici, Peter Anastos, Natch Taylor e Anthony Bassae, la nuova compagnia era più forte sotto molti punti di vista. Mentre la compagnia di Ree ha continuato a esibirsi sporadicamente in piccoli spazi del Village fino al 1992, Les Ballets Trockadero de Monte Carlo - conosciuti come Trocks - ha attirato l'attenzione della critica esibendosi già nel 1977 a Broadway e alla televisione nazionale.

​La maggior parte del repertorio dei Trocks proviene dal canone del balletto classico: Swan Lake Act II, Giselle Act II, Les Sylphides, The Dying Swan, Pas de Quatre, Don Chisciotte, ecc.  Interpretati dai Trocks, però, i classici Martha Graham, Paul Taylor, Jerome Robbins, Pina Bausch. George Balanchine, si combinano con la  parodia e la satira, dimostrando una conoscenza approfondita della tecnica, celebrata attraverso una maliziosità dissacrante (pensiamo all'umorismo che si cela dietro la scelta dei nomi come finta-ballerina assunti dai danzatori).


​UNIRE PUBBLICO E CRITICA

Purtroppo però, mentre all'inizio degli anni Settanta il mondo queer si apriva al camp inglobando aspetti teatrali della Gloxinia e dei Trock, i critici, più che alle questioni di genere sollevate da uomini/ballerine, erano interessati alla missione coreografica, a ciò avrebbe potuto significare per il mondo della danza. Ed infatti, fin dal suo esordio, quando si è esibita sul palco improvvisato del Westside Discussion Group (omofila organizzazione di New York City), i Trocks, rassicurando il direttore generale Eugene McDougle, che temeva che il pubblico perdesse velocemente il brivido del vedere uomini in drag, offrirono una serata di danza esemplare, unita ad una spiritosa commedia fisica, unendo pubblico e critica.


FORGIARE LA PROPRIA IDENTITà

Dopo aver ricevuto una recensione favorevole sul The New Yorker, la compagnia esce dagli spazi off-off-Broadway è raggiunge un pubblico più ampio. Ad oggi i Trocks hanno girato i teatri di tutto il mondo, esibendosi perfino, nel 2008, al Royal Variety Performance di fronte al principe Carlo. Nel 2017, tanto è longeva la compagnia, sono stati omaggiati nel documentario Rebels on Pointe, in cui si descrivono la devastazione dell'AIDS e la preoccupazione di creare uno spazio in cui i ballerini potessero forgiare la propria identità.

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ApprofondiMENTI
QUEER E DANZA


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QUEER E DANZA                                                      ANNI DUEMILA                                                        PAROLA ALLA DANZA | PRIMO PERCORSO

1/3/2021

 


LIBERARE IL CORPO

Dall'Infinitamente piccolo della siciliana Megakles Ballet inizia, così, un percorso ideale che parla del Corpo. Delle sue restrizioni e compressioni. Della sua educazione e costrizione in ruoli e modelli. Se Zerogrammi con Inri ironizzano su ruoli e religione, Astolfi coi suoi Carmina Burana vuole ridare al corpo una dimensione pagana: la libertà di riscoprirsi. E cosa mai ri-scopriremo? Claud Brumanchon con Indicibles violences ci riporta alla nostra natura animale, aprendo, così, le porte al secondo percorso. Quello mitico e naturale, lontano dalle elucubrazioni della mente e dalle sue istituzioni. 


​​INFINITAMENTE PICCOLO

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Infinitamente piccolo | Megakles Ballet, 2010/2011
​Produzione 2010/2011, Infinitamente piccolo dei Megakles guarda da vicino una delle peggiori istituzioni umane. I totalitarismi, pagine nere della nostra storia recente, in cui l'uomo è lupo a l'uomo e il branco riconosce solo se stesso. Momenti in cui si alimentano odio e disprezzo con emarginazione e paura. Anni in cui la violenza si fa mezzo perché il potere si auto giustifica.

​Il Nazismo, ma tutti gli ismi che abbiamo imparato a conoscere, impongono (agli altri) un unico corpo (il corpo della nazione) ed un'unica sessualità (quella eteronormata con funzione riproduttiva) e quanti non corrispondono a questo ideale rappresentano un anomalia, una defezione, un errore, un abominio. Si marchiano con delle moderne lettere scarlatte per rendere riconoscibile quali siano i colpevoli del ritardo per una società "sana" e "pulita". E se i corpi "difettosi" sono costretti in movenze composte, il "corpo del potere" si costringe in automatismi dal sapore metallico. 


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La recensione: Infinitamente piccolo. Megakles a Ipuntidanza, Bertuccio 2012


​INRI

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INRI | Zerogrammi, 2009
Quale altra istituzione impone al corpo una disciplina tutta votata al trascendente se non la Religione?
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Con Inri, produzione Zerogrammi 2009, si mette in scena una sorta di liturgia raccontata attraverso il linguaggio eloquente del corpo che ne diviene il perno centrale. Il soggetto e l'oggetto. Attraverso il corpo si affronta il tema della religione - la stessa che da sempre cerca di rintanare i desideri di questa corporeità al limite - scegliendo di far interpretare il ruoli femminili a due corpi maschili. Movimenti estetici e vitali introducono la ribellione ad un modo di vivere la fede e di rapportarsi a Dio. Non a caso si sceglie come titolo Inri, pensando subito alla crocifissione, forse ad una seconda, quella che adoperiamo noi stessi quando decidiamo di essere vittime dei molti condizionamenti, non ultima l'educa(stra)zione ricevuta.



Tratto da: INRI: Quando la danza è intrisa di fede, Bertuccio 2009 


​CARMINA BURANA

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Carmina-Burana | Spellbound Contemporary Ballet 2015 | ph Cristiano-Castaldi
​Di natura meno rituale ma più spirituale è la religiosità espressa nell'opera del 2006 da Mauro Astolfi. Se Zerogrammi ci suggerivano come un certo tipo di religiosità possa comprimere e reprimere il corpo, Spellbound ci invita a considerare una religiosità più pagana. Più legata alla terra che alle sfere celesti. Più umanamente zozza che moralisticamente pulita.

A partire dai Carmina Burana di Carl Orff, insieme di scurrilità plebea e raffinatezza cortigiana, Astolfi, in maniera ironica ed irriverente, grottesca e godereccia mette in danza il senso vero dei Carmina. Il momento in cui la ragione lascia il suo trono, e nell'abbandono, audace si fa la visione del divino. Parodia degli evangeli, delle formule di confessione e delle litanie che sotto l'estro creativo di Astolfi si fanno caos dionisiaco, orgia di corpi, istinto primordiale. Baccanali raffinatissimi, creative masse corporee dalla qualità eccellente, in cui Eros non lotta con Thanatos e l'homo faber si trasforma in homo ludens. 



Tratto da: I Carmina Burana di Mauro Astolfi, Bertuccio 2016


​D'indiciBles Violences

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D'Indicibles Violences | Claude Brumanchon 2013 | ph J.M. Gourreau
​E forse è proprio di questo tipo di uomo di cui parla il coreografo francese, attraverso le suggestioni musicali di Christophe Zurfluh, e mettendolo in scena con Indicibles Violences (2013). L'opera "tocca nell'intimo, dentro e prima del desiderio", tocca nel profondo suggerendo l'introspezione di sé. Mettendo a nudo impietosamente il corpo e l'anima, Brumachon fa emergere, violentemente, ciò che brucia in ciascuno di noi, ricordandoci ciò che siamo: esseri vivi nell'istante, amati e amanti, desiderati e desideranti.
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Una danza selvaggiamente potente, maschia, in cui la ricerca di sé parte dal riconoscimento delle nevrosi del corpo: carne irrigidita da esigenze sorde, dalle consuetudini, dalle regole non dette che ogni società porta con sé. Per iniziare un percorso che da "dentro" conduce "fuori" e poi di nuovo "dentro". Ribadendo così come la danza sia un ottimo metodo per conoscersi ed educarsi. Per estasi-arsi. 


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Tratto da: D'indicibles Violences. Brumanchon alla ricerca del corpo originario, Bertuccio 2014


Temi cari al coreografo che, attraverso una danza eccessiva, a volte cruda, pone un quesito umanissimo: cos'ha perduto l'uomo nella sua anima e nella sua carne, nella nostra società? 
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​approfondimenti
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QUEER E DANZA                                                      ANNI OTTANTA                                                          MICHAEL CLARK | TECNICA DI UNA ROCKSTAR

1/3/2021

 
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“Mmm…”, 1992 | ph Hugo Glendinning

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PUNK DADA POP ROCK

Definito come il vero iconoclasta della danza britannica, Michael Clark è il coreografo di punta della scena post-punk inglese. Da quando è emerso, negli anni Ottanta, come prodigio alla Royal Ballet School, è rimasto in prima linea nell'innovazione della danza.

Fin dall'inizio, le sue esibizioni, con coreografie intense unite ad elementi della cultura punk, dada, pop e rock, si caratterizzavano per un formidabile mix di rigore tecnico e fresca sperimentazione, aprendo nuove strade, provocando ed entusiasmando il pubblico.

Negli anni Ottanta, la sua giovinezza, il talento e la bellezza androgina lo hanno reso un poster boy per riviste di stile come The Face. Pop star della danza Clark fin da subito collabora con artisti - Sarah Lucas, Leigh Bowery, Peter Doig e Charles Atlas -, musicisti - Mark E. Smith, Wire, Scritti Politti e Muscle Relaxed – stilisti – BodyMap, Steve Mcqueen - e performer non professionisti.

Soprannominato Nijinsky con la cresta, Miclael Clark diventa presto, e nel mondo accademico, il punto di riferimento per nudità totale e parziale, dildo giganti, motoseghe e costumi provocatori ispirati a Bowery e alla teatralità camp di Lindsay Kemp.
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​"Amo le parole e amo la complessità delle parole, ma credo di essere più interessato a quello che considero un luogo più complesso, ovvero dove le cose non possono essere rese specifiche attraverso il linguaggio. Il più delle volte, le cose che cercano di avere un significato ovvio o cercano di comunicare una cosa, non mi interessano davvero.​"

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​FUGA DALLA NORMALITà
​FORMAZIONE 1962-1982
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​Nato in Scozia nel 1962,
Clark inizia la formazione in danza tradizionale scozzese all'età di quattro anni, insieme alla sorella. Nel 1975, tredicenne, lascia casa per studiare alla Royal Ballet School di Londra e nel suo ultimo giorno di scuola gli fu assegnato il Premio Coreografico Ursula Moreton. 

Era due anni indietro rispetto agli altri allievi in ​​termini di formazione e sentiva di non adattarsi, ma la sua eccezionale abilità fu notata e incoraggiata dalla fondatrice del Royal Ballet, Ninette de Valois e dal coreografo Frederick Ashton. Il suo insegnante Richard Glasstone, ma anche amico e alleato, ricorda: "Era un bellissimo ragazzo elegante, un gioco di gambe meraviglioso, agile, un fantastico ballerino scozzese".

In piena crisi adolescenziale, si ribellava ai doveri e alle regole. Scappava da scuola per andare ai concerti rock, faceva uso di sostanze. Una volta fu sorpreso a sniffare colla, e questo non servì a espellerlo dalla scuola. Clark era il migliore, e per questo gli era stato assegnato il ruolo da protagonista nel saggio finale.


​ROYAL BALLET VS BALLET RAMBERT

Ottenuto il diploma nel 1979, rifiuta la proposta di entrare stabilmente al Royal Ballet, preferendo il Ballet Rambert, dove può dedicarsi al suo reale interesse: la danza moderna. "Fin dall'inizio, ballare è sempre stata una fuga dalla normalità per me", ha detto a Sean O'Hagan, The Observer, nel 2016. "E l'ho accettato. Anche se, all'inizio, l'ho trovato molto noioso".
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Al Ballet Rambert lavora principalmente con Richard Alston che crea per lui Bell High (1979), Landscape (1980), Rainbow Ripples (1981) e, successivamente, due assoli: Soda Lake (1981) e Dutiful Ducks (1982).​


​NEW YORK E LONDRA

Una scuola estiva con il coreografo Merce Cunningham e il compositore John Cage lo conduce a New York. Qui lavorerà con Karole Armitage, importantissima, non solo per l'amore per il punk, ma soprattutto perché tramite fra il giovane danzatore e il regista, e lighting designer, Charles Atlas, con il quale lavora ancora oggi.

Un periodo di studio intenso, quello americano, che gli permette di conoscere danzatori contemporanei come 
Yvonne Rainer e Trisha Brown che, nel suo immaginario, si univano al suo amore per il punk e alla sensibilità verso una teatralità della messa in scena, incarnata dall'amico, artista performativo e icona dei club Leigh Bowery.
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Ho dovuto trovare un modo per mettere insieme ciò che avevo imparato, con tutte le altre cose che erano molto più eccitanti per me: punk e post-punk. La gente pensa che io sia arrivato dal nulla, ma in realtà ci è voluto del tempo prima che le cose si sistemassero.'

"Stavo reagendo a un particolare ethos della danza - che sembrava sempre significare dire no allo spettacolo, alla commedia o alla narrativa, no al virtuosismo",
ha detto ad Adrian Searle, critico del Guardian nel 2001​. "Volevo dire di sì a tutte quelle cose, per riconoscere quegli elementi come parte dell'aspetto visivo della danza, che deve includere il modo in cui le persone sono vestite”.

Nel 1982, David Gothard lo invita a diventare coreografo in residenza presso i Riverside Studios a West London, diventati un focolaio di nuove idee con un gruppo “residente” che includeva Bruce McLean e Will Alsop. Clark accetta e coglie l'opportunità per creare una cerchia di innovatori, tra cui Bowery e l'artista Cerith Wyn Evans.

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God Save the queen
Primo periodo 1984-1998
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Con Ellen van Schuylenburch in Hail the New Puritan, ph Richard Haughton

DANZA E CULTURA POP
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Due anni dopo, nel 1984, quando a soli ventidue anni crea la sua compagnia, aveva già realizzato 16 pezzi originali, alcuni dei quali in collaborazione con stilisti - David Holah e Stevie Stewart di Bodymap – e musicisti del calibro di The Fall, Wire, Laibach.

Lavorando con artisti e musicisti, Clark attira un nuovo pubblico: giovane, à la page, più innamorato della moda, probabilmente, che della danza contemporanea e del balletto. Perché è lui stesso espressione del nuovo e di una danza giovane, come testimonia l'apparizione allo spettacolo della BBC The Old Grey Whistle Test, che vede Clark e i suoi danzatori accompagnati dai The Fall. Con la caratteristica precisione spensierata, con il sedere ben mostrato attraverso i suoi collant rosso Bowie, e un berretto disegnato da Bowery appollaiato sulla sua testa, Clark porta la danza accademica nella cultura pop.


IL FASCINO DELLA DISTRUZIONE

Il suo istinto era quello di colmare il divario tra il mondo della danza, che rispettava, con le sue regole e il suo rigore, e il mondo anarchico e ribelle in cui viveva. I lavori che ha prodotto per tutto il decennio, come No Fire Escape In Hell e I Am Curious, Orange, eccitano le folle ai concerti rock.

Nel 1986, all'apice della sua prima fama, Michael Clark per la RAI, indossando un abito giallo e pantaloni a zampa neri, danza Cosmic Dancer di Marc Bolan. Non sembra però gestire bene gli opposti e l'apollineo della danza pura si scontra presto con l'energia dionisiaca dell'eccesso, rompendo il già fragile equilibrio. La scelta sarà allora fra sopravvivenza o autodistruzione. Negli ultimi anni Ottanta, scegliendo la vita, Clark si allontanerà dalle scene, dall'alcool e dalle droghe, per ritornare sul palco nel 1989.


​DANZARE IL SESSO

L'occasione avvenne dopo l’incontro con il coreografo americano Stephen Petronio con la creazione della performance all’Antohony d’Offey Gallery, che riprende lo stile provocatorio e fortemente sessuale che lo animava in quegli anni, generando un notevole scandalo nella puritana Inghilterra thatcheriana. Dal titolo Heterospective, la performance iniziata solo quando Clark e il suo allora amante - il coreografo Stephen Petronio - avevano finito di fare sesso sotto le coperte di un letto, e vedeva Clark danzare sulle note di Heroin dei Velvet Underground, in un body color carne, perforato con siringhe. Qui il coreografo confiderà di essere stato sotto effetto dell'eroina per meglio capire e interpretare il testo.

"Nessuno nella danza oggi riflette la cultura nel modo in cui Michael ha fatto negli anni '80 e '90". Jann Parry, 2018
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NUOVI ORIZZONTI

All'inizio degli anni Novanta, Clark è una superstar. Andy Warhol lo va a vedere a New York; a Parigi, cena con Rudolf Nureyev, Margot Fonteyn e Jackie Onassis. Lavora ferocemente, non solo per la sua compagnia, ma per il Paris Opera Ballet, il London Festival Ballet, il Ballet Rambert e la Deutsche Oper.

Le sue opere, che all'epoca erano ampiamente in tournée, aprivano nuovi orizzonti, sia nei soggetti, che nel design, soprattutto per la volontà di Clark di esibirsi al di fuori dei teatri. Nel 1991 coreografa e danza il ruolo di Caliban in Prospero's Books di Peter Greenaway. Nel 1992, Mmm..., la sua versione di La Sagra della Primavera di Stravinsky incorpora musiche dei Sex Pistols e Stephen Sondheim. Mettendo in scena un parto, che vede sua madre Bessie (la madre biologica) darlo alla luce, aiutata dall'ostetrica interpretata da Bowery. O del 1994, altra opera ispirata a Stravinsky (questa volta dalla partitura per Apollo), eseguita alla Brixton Academy è caratterizzata da un'altra nascita agonizzante.​


​VOLARE E CADERE

Sicuramente un periodo doloroso per il coreografo che per la seconda volta, per una serie di concause - le sostanze abusate, la pressione dovuta alla gestione della compagnia, lo sconforto per la morte per overdose o AIDS di molti dei suoi amici, sopra tutti Leigh Bowery, oltre ad un grave incidente al ginocchio – si allontanerà dalle scene.

Rifugiatosi nella casa materna, vi ci rimase per i successivi quattro anni. L'insegnante di Clark, Richard Glasstone, sarà determinante nel suo recupero: Una notte si è presentato a casa mia e mi ha detto che voleva fare l esercizio del port de bras di Cecchetti. Voleva davvero tornare alle sue radici. Ed è stato dopo che mi ha chiesto di tornare a insegnare alla compagnia. 

Insieme lavoreranno sulle raffinate geometrie e sui movimenti rapidi della tecnica Cecchetti, e il risultato sarà current/SEE. La nuova creazione firmata Clark in cui la delicatezza verticale si combina con il lavoro a terra, generando un pezzo dall'energia palpitante, amplificata da cinque bassi (Big Bottom, band formata da Susan Stenger) e dai costumi di Hussein Chalayan. 
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​The Phoenix rises
Anni 2000

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“Mmm…”, 1992 | ph Hugo Glendinning
​Il Duemila segna una nuova rinascita. Current/see è in tour mondiale per tutto l'anno. Con le musiche di Erik Satie e alle canzoni di David Bowie e Patti Smith, lo spettacolo non presenta dildo, nudità o qualsiasi altro segno distintivo dei suoi primi lavori. Zoe Anderson, The Independent, l'ha definita una "danza di precisione ultraterrena, che fiorisce in momenti di calore, in particolare nel suo tributo a David Bowie". E ancora Debra Craine nella sua recensione sul Times, "qui la sua abilità artistica raggiunge uno zenit in cui essere chic ed essere intelligenti sono alleati con una vera passione per la danza pura".

Il successo continua con Before and After: The Fall nel 2001, pezzo dominato dall'enorme braccio meccanico che si masturba di Sarah Lucas (presenza Romaeuropa Festival 2001), e con Oh My Goddess e Would, Should, Can, Did nel 2003. Nel 2004 firma l'assolo Rattle Your Jeweller per Mikhail Baryshnikov.


​Project Stravinsky

​Nel triennio 2005-2007 Michael Clark diviene socio artistico del Barbican Centre di Londra e inizia il progetto Stravinsky, una collaborazione triennale per produrre opere su spartiti del musicista. Project Stravinsky permette cosi a Clark di ripensare al compositore che tanto ama, di rimontare Mmm... e O e di aggiungere un nuovo lavoro, I Do, usando la partitura di Les Noces.  
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Il trittico, eseguito con musica dal vivo, rivela la padronanza e la grandezza di 
Clark, attraverso una feroce e complessa coreografia. Secondo Stephanie Jordan in The Stravinsky Project la complessità delle partiture, i loro tempi elaborati, mettono Clark in una relazione completamente diversa con la scrittura di danza. Ciò che stupisce è la precisione quasi matematica della sua coreografia che esplora forma e movimento attraverso lo spazio e il tempo. Maturità artistica e personale che negli anni ha perso in teatralità per far vedere più chiaramente la danza, lasciando intatta la vocazione esplorativa e indagatrice.


​COMMISSIONI INTERNAZIONALI

Nel 2009, Clark festeggia i 25 anni della sua compagnia con Come, been and go. Presentato alla Biennale di Venezia l'opera esamina il suo passato, regalando a Kate Coyne l'assolo di Heroin, che interpreta in un costume ricoperto di siringhe finte, come quello che aveva indossato Clark più di dieci anni prima. Il pezzo, con le sonorità rock degli anni Settanta, voleva essere un tributo celebrativo ai lavori precedenti, ma ostentando nuovi stili e nuove idee.
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Nel giugno 2011 la Michael Clark Company presenta un'opera site specific commissionata dalla Tate Modern per la Turbine Hall. L'installazione  mostrava il processo creativo alla base del suo lavoro: dall'inizio, attraverso la pratica, fino alla performance. Con circa 50 ballerini, professionisti e dilettanti, ha riempito l'enorme spazio creando un forte impatto visivo contrapponendo le linee scultoree dei danzatori al design rigido e monocromatico della Turbine Hall. Lo stesso Clark è presente in scena, anche se per pochissimo, e appare in posizione fetale sotto un video di Bowie che canta Heroes.

Le produzioni 2012 includono lo spettacolo New Work e l'opera site specific alle Olimpiadi della Cultura 2012. Del 2013 è Animal / vegetable / mineral e i premi Robert Robson per la danza e Fondazione Peter e Irene Ludwig per l'innovazione nelle arti. Il 2014 gli fa ottenere la nomina a Comandante dell'Ordine dell'Impero Britannico (CBE) per i servizi offerti alla Danza.
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​UN VIAGGIO QUEER

Il suo lavoro più recente to a simple, rock 'n' roll... song.  che ha debuttato al Barbican di Londra nel 2016, potrebbe essere visto - come scrive Cassie Tongue, in un articolo per Time Out nel 2018 - come un'analogia di un viaggio queer: dall'esitazione all'amore per sè stessi. Poesia danzata che infrange (fortunatamente) le regole, così come i danzatori, evolvendo nella coreografia, passano dalla moderazione all'esplorazione corporea. Dall'esterno all'interno, cosi come il colore dei costumi, sinonimo di cambiamento emotivo, dal bianco e nero, passa al caldo rosso e all'oro.

Nel 2020 la Barbican Art Gallery inaugura la prima grande mostra dedicata all'opera del rivoluzionario artista britannico.


COREOGRAFIE

* 1979 Overground | Trio C Belongings
* 1980 Surface Values
* 1981 Untitled Duet
* 1982 Of a feather, FLOCK | A Wish Sandwich | Rush
* 1983 Parts I – IV | 1st Orange Segment | The Artless Dodge (I'm in an evil mood tonight, don't you want want me baby? and Sexist Crabs) | 12 X U | Mission Accomplished: Tutu Invisible
* 1984 Flippin' eck oh thweet myth-tery of life | Morag's Wedding | 12 extemporay, thank yoU | New Puritans (duet) | Parts I – IV (duet) | Do you me? I Did | New Puritans | Le French Revolting
* 1985 HAIL the classical | Angel Food | not H.AIR |  H.our caca phony
* 1986 Art for Money | Drop Your Pearls and Hog It, Girl | Swamp | No Fire Escape in Hell
* 1987 Pure Pre-Scenes | Because We Must
* 1988 I Am Curious, Orange
* 1989 Wrong | Rights | Heterospective
* 1990 Solo | Because We Must world tour
* 1991 Modern Masterpieces
* 1992 Rite Now | Mmm... | Bog 3.0
* 1994 O
* 1998 Yet | current/SEE
* 2001 fig – 1 | Before and After: The Fall
* 2003 Satie Stud | Would, Should, Can, Did | Rattle Your Jewellery | OH MY GODDESS | Look at that picture...
* 2004 nevertheless, caviar | Swamp
* 2005 A Physical Dialogue | Stravinsky Project Part 1: O
* 2006 Stravinsky Project Part 2: Mmm... | Merce's Nurse
* 2007 Stravinsky Project Part 3: I Do
* 2009 come, been and gone
* 2010 Tate Project: Part I
* 2011 th
* 2012 WHO'S ZOO? | The Barrowlands Project | New Work 2012
* 2013 animal / vegetable / mineral
* 2016
to a simple, rock'n'roll song
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​FONTI
traduzioni di Davide Monetto
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www.michaelclarkcompany.com
Everything Crossed Over’: Michael Clark’s Cheeky World of Dance, New York Time, 10.2.2020
Michael Clark: interview, The Sydney Morning Herald 27.01.18
Michael Clark: interview, The Observer New Review 02.10.16
AnOther Step: Michael Clark, AnOther Magazine Autumn/Winter 15
Michael Clark: ‘Extreme is good for me’, The Financial Times 15.11.13
Michael Clark Company Kaleidoscope Winter 10/11

​Michael Clark: Tate Modern Performance, AnOther Magazine 9.3.2010
Judith Mackrell on Michael Clark, The Guardian 30.09.10
Step-by-step guide to dance: Michael Clark, The Guardian 27.08.10
Michael Clark: interview, TimeOut Heroes 18.09.08
Interview: Michael Clark The guardian.com 08.09.2009

Il corpo di Clark..., Andrea Porcheddu, Romaeuropa festival 2001
www.romaeuropa.net/archivio/artisti/michael-clark

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QUEER E DANZA
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1/3/2021

 
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Serata Nijinsky | EgriBiancodanza , 2013


​​L'Inghilterra di ieri vs Italia di oggi

Nel Duemila molte delle tematiche che in passato venivano affrontate e agite in luoghi altri rispetto la cultura dominante emergono più liberamente. I dettami europei impongono che sessualità e diversità siano i protagonisti sulle scene e così molte compagnie affrontano l'argomento dai propri punti di vista e dalle proprie esperienze. Anche in Italia, con il nuovo secolo, le tematiche queer investono la danza in maniera esplicita. O meglio, alla maniera italiana.

Dopo aver viaggiato per l'America e l'Inghilterra, dagli anni Sessanta fino agli anni Novanta, sembra naturale, arrivati fin qui, comparare l'Italia di oggi con le esperienze vissute nei paesi di ieri. E il confronto, nonostante i quarant'anni trascorsi, vede il bel paese affrontare l'argomento con molta più diplomazia di quanto in realtà ne occorra.

Interessante, più che con le esperienze americane, è il paragone con l'Inghilterra degli anni Ottanta. Mentre negli stessi anni in Italia tutta una serie di donne della danza, sparse in diverse regioni, cercava di svecchiare la danza accademica, ufficialmente Carolin Carson formava i componenti delle future compagnie. Sosta palmizi, Enzo Cosimi, Virgilio Sieni e gran parte dei coreografi che rientrano, oggi, nel progetto Ric.ci di Marinella Guatterini, animavano la danza di quegl'anni. 
Ma a ben vedere, forse nessuno dei nomi che possono farsi, ha trattato la tematica queer in maniera esplicita. Sicuramente l'argomento lo si esponeva in sordina ma nessuna di queste personalità sembra avere lo spessore umano dei Dv8, l'ironia di genere di Lea Anderson e la volontà di attualizzare le tematiche di Mattew Bourne. L'Italia si avvicina più alle “rivoluzioni” di Michael Clark, per la volontà di unire virtuosismo tecnico e cultura pop, nel migliore dei casi. Un esperimento ben riuscito è sicuramente, in questo secolo, quello del coreografo Matteo Levaggi.

Se Michael Clark cercava, però e a ragione, di svecchiare la danza includendo elementi della sua quotidianità di teenager, Newson, forse più maturo, aspirava ad una rivoluzione antropologica. Quella che manca ancora in Italia e che, in passato, ha provato a fare, in determinate decadi, un certo teatro (vedi → Queer e teatro).

Il merito dei DV8 è di aver dato voce ad una parte di popolazione stanca di indossare occhiali da sole, pronta a portare luce dove si volevano solo ombre. E parlando di Aids, morte, sesso occasionale, cottage (i nostri battuage), privè e latrine, indagavano la natura “maschile”. Quella istintiva e lontana dalle costrizioni. Ma riflettevano, anche, sulla natura "femminile", sul subire e sulla vocazione sadomasochista. Questi e molti altri argomenti, muti nella danza italiana di oggi, prendevano voce nelle coreografie dei DV8 negli anni Ottanta e Novanta. Il ritardo è disarmante. E come dicevamo prima è di natura antropologica.​


​TORINO | MOHOVICH E BIANCO

Il microcosmo torinese si presta bene a dare un'idea del macrocosmo Italiano. Di quella italianità interpellata nell'esordio e che tanto limita l'Arte e l'evoluzione del pubblico. Pensiamo ad esempio a due dei coreografi che operano nella capitale sabauda: Raphael Bianco e Paolo Mohovich. Il primo della Compagnia EgriBianco, il secondo ex coreografo del Balletto dell'Esperia e oggi direttore della rassegna Palcoscenicodanza. Certo esistono altre compagnie, ma data la loro esperienza e longevità professionale, ben si prestano a fungere da campioni.

Di loro si è seguito il lavoro fatto negli ultimi 10 anni circa, e rivedendo le recensioni fatte, nessuna delle loro coreografie pone l'argomento in maniera esplicita. Certo lo si può evincere nell'ombra, sia nelle opere riflessive di Bianco, sia nell'esplosione corporea di un certo Mohovich, ma mai l'argomento è protagonista. Ed è strano, non solo per il tempo in cui operano gli italiani, ma soprattutto se si confrontano le loro età, con quelle dei predecessori inglesi negli anni Ottanta. 

Questi ultimi avevano vent'anni e rivoluzionavano le loro vite cercando di comunicare le loro scoperte. I nostri, fingendosi ermetici per "pudore", a più di quaranta decidono di non parlare della vera natura umana, e soprattutto di non comunicare la loro esperienza. Ma è proprio l'esposizione personale che fa di un mestierante un artista. Cosi come è lo spessore umano che denota la qualità e la sensibilità artistica nell'individuo. Qui sta tutto il nostro ritardo!


​TEMPERATURE NON SOLO POLITICHE

​​​Ma non è solo questo. E' anche e soprattutto la politica interna a decidere che temperatura dare alla società cittadina, così come le politiche comunitarie decidono quelle nazionali ed internazionali con la ripartizione dei fondi.

A questo proposito vale la pena riflettere sul perché, proprio quando fuori dai confini nazionali si mette in discussione la teoria del genere, in Italia inizia a parlarsene. Citiamo ad esempio alcuni degli spettacoli più o meno espliciti della penisola, datati tutti a partire dagli anni dieci del nostro secolo. Dei Fattoria Vittadini possiamo citare I Love (2012) e Omosessuale (2017); di Enzo Cosimi, Corpus Hominis (2016) e I love my sisters
 (2018), spettacolo dedicato alla transessualità. ​


LIBERARE IL CORPO

Torniamo a Torino e prendiamo in considerazione, adesso, alcuni degli spettacoli che sono passati per i teatri cittadini. Opere non tutte nazionali che idealmente tracciano due percorsi differenti. Uno che riguarda la liberazione del corpo partendo dalle sue costrizioni (vedi in approfondimenti Corpo e Danza), l'altro che, osservando la natura umana, vuole conoscerne le origini. Quando in principio era l'Uno (vedi anche Queer. Teorie). Di questo percorso tratteremo in un secondo articolo.

Dall'
Infinitamente piccolo della siciliana Megakles Ballet inizia, così, un percorso ideale che parla del Corpo. Delle sue restrizioni e compressioni. Della sua educazione e costrizione in ruoli e modelli. Se Zerogrammi con Inri ironizzano su ruoli e religione, Astolfi coi suoi Carmina Burana vuole ridare al corpo una dimensione pagana: la libertà di riscoprirsi. E cosa mai ri-scopriremo? Claud Brumanchon con Indicibles violences ci riporta alla nostra natura animale
, aprendo, così, le porte al secondo percorso. Quello mitico e naturale, lontano dalle elucubrazioni della mente e dalle sue istituzioni. ​

gb 
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Approfondimenti
​QUEER E DANZA

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QUEER E DANZA | ANNI DUEMILA | PRIMO PERCORSO
QUEER E DANZA | ANNI DUEMILA | SECONDO PERCORSO
QUEER E DANZA | ANNI OTTANTA | LlYOD NEWSON
QUEER E DANZA | ANNI OTTANTA | MICHAEL CLARK

QUEER E DANZA                                                      ANNI SETTANTA                                                        WAAKING | TYRONE PROCTOR

1/3/2021

 
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Tyrone Proctor e Sharon Hill | Soul Train, 1970 | ph @SoulTrain


​The Outrageous Waack Dancers

​Tyrone Proctor (1953-2020) è stato il pioniere della mania del waacking e il primo coreografo ad avere una classe con i tacchi. Soprannominato The Bone dal leggendario Don Cornelius, era ricercato in tutto il mondo come giudice, maestro, coreografo innovativo, leggendario ballerino, storico e progenitore della danza contemporanea di strada nera e della cultura hip-hop.

Scelto personalmente da Don Cornelius nel suo tour Don Cornelius e The Soul Train Gang Presents nel 1973, Proctor vince con il suo partner di danza Sharon Hill – Wood, l'American Bandstand nel 1975 e fa numerose apparizioni su Right On Magazine che gli concedono lo status di idolo degli adolescenti. Tra i primi insegnanti ai Soul Train Studios nel 1978, Tyrone Proctor e Jeffrey Daniels fondano The Outrageous Waack Dancers (​​1972 - 2020), coreografando video musicali per artisti come Jody Watley, Taylor Dane, Levert, Keith Sweat, The Isley Brothers e Just Got Paid di Johnny Kemp per citarne alcuni. Nominato ai New Kids On The Block come miglior coreografo da MTV nel 1989, la danza di Proctor ha fissato gli standard visivi per la mania delle Boy Band della cultura pop.


​WAAKING E CULTURA POP

​Ballerino originale della Soul Train Gang, Tyrone Proctor ha danzato con nomi del calibro di Damita Jo Freeman, Sharon Hill, Part Davis, Jimmy "Scooby Doo" Foster e Don "Campbellock" Campbell. Considerato il solo responsabile del riemergere del waacking in tutto il mondo, Tyrone ha formato molti waacker della scena underground degli anni Settanta, e ha insegnato sulla scena della danza globale, diffondendo la conoscenza e la storia del waacking. Non ultima la formazione, del gruppo musicale di danza Breed Of Motion, in collaborazione col grande Willie Ninja.

Il video musicale della canzone Still a Thrill di Jody Watley girato a Parigi nel 1987, vincitore del Grammy Award, con le coreografie di Proctor, è il primo video musicale a presentare passi di waacking. Ne seguiranno molti altri, tutti vincitori l'oro e il platino. Oltre gli artisti citati sopra, si cita le coreografia "mista" fatta per Tell it To My Heart del 1988 di Taylor Dane, primo video musicale con passi anche di voguing.


​40 ANNI DI WAAKING

Nel gennaio 2010 Soul Train ha celebrato il suo quarantesimo anniversario. Tyrone ha partecipato alla proiezione, e come protagonista, nel documentario VH1 Rock di Soul Train The Hippest Trip in America presso il Paley Center for Media di New York City. Nel 2015 nel centro commerciale nazionale di Washington DC, lo Smithsonian National Museum of African American History & Culture ha esposto, in segno di omaggio, le opere del “Padre” dell'Imperial House of Waacking (2008 - 2020). Prima della sua scomparsa, la coreografa e storica della danza hip-hop, Rennie Harris, ha riconosciuto Tyrone Proctor come leggenda dell'hip-hop di New York.

gb



Approfondimenti
QUEER E DANZA


QUEER E DANZA | ANNI SETTANTA | WAAKING
QUEER E DANZA | ANNI SETTANTA | TROKADERO BALLET
QUEER E DANZA | ANNI SESSANTA | POPESCU VS POTERE
QUEER E DANZA | ANNI SESSANTA | LINDSAY KEMP

QUEER E DANZA                                                  ANNI NOVANTA                                                      VOGUING | WILLI NINJA

1/3/2021

 
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Willi Ninja, NYC, 1989


​William Roscoe Leake

William Roscoe Leake, meglio noto come Willi Ninja, è stato un ballerino e coreografo americano passato alla storia come il padrino del vogue. Appuntamento fisso della drag ball culture di Harlem, si ispirò a fonti lontane come Fred Astaire e al mondo dell'alta moda per perfezionare uno stile unico di danza: il voguing. ​

Classe 1961 nasce a Flushing, nel Queens. Completamente autodidatta, il piccolo William inizia ad esibirsi pubblicamente a 7 anni. Del periodo della sua infanzia le fonti sono scarse, ma sicuramente, come lui stesso dirà in molte interviste, sua madre, Esther Leake, accettando la sua sessualità, ha avuto un ruolo diretto nello stimolare e coltivare il suo interesse per la danza, portandolo spesso ai balletti dell'Apollo Theatre. Cresciuto, frequenterà il liceo per poi, inizialmente optare per il college. Poco dopo, trasferitosi nel Greenwich Village alla fine degli anni Settanta, decise di abbandonarlo per iscriversi ad una scuola di bellezza.

Senso del bello che unito alla danza, e nutrendosi della creatività di quegli anni, porta il giovane William a esibirsi al Christopher Street Pier e al Washington Square Park, famosi luoghi di ritrovo per i giovani queer di quegli anni. 


AUTODIDATTA

All'inizio degli anni Ottanta, forma il gruppo Video Pretender esibendosi nei club e imitando i passi di danza dei video musicali che venivano proiettati. Ben presto però, si rese conto che solo le pose non erano sufficienti a fare la differenza (siamo vent'anni dopo le ball), cosa che invece avrebbe suscitato una vera e propria coreografia.

Da autodidatta prese ispirazione dai movimenti che animavano le competition, lavorando sul loro perfezionamento dando vita a movimenti puliti, nitidi, iconici. Aveva vent'anni ed aveva perfezionato uno stile, il voguing, sintetizzando influenze tratte dai geroglifici kemetici, dal giovane Michael Jackson e dal già citato Fred Astaire. Ma ancora da le pose delle ginnaste olimpiche unite a elementi della cultura asiatica: arti marziali e ninja. Da qui la scelta della parola Ninja: come loro, Willi e i suoi comparivano e sparivano dalle ball lasciando il segno.​
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​RIVOLUZIONARE LA FORMA

Sebbene non abbia creato la forma, ha lavorato per rifinirla e portarla a un livello sorprendente. La diatriba della sua genesi è ancora in atto e vede i passi del vogue nascere, per alcuni nelle prigioni durante i momenti di svago; per altri da Paris DuPree, per caso, nella discoteca Footsteps di New York, quando ha afferrato la rivista Vogue che era nella sua borsa e ha iniziato a imitare le pose delle modelle. Willi Ninja, che si vantava di essere un ballerino pulito e acuto nell'“uccidere” la concorrenza, ne rivoluziona la forma aggiungendo rapidi movimenti angolari e posizioni contorsioniste di braccia e gambe. Da vita così ad una danza tagliente, fatta di scatti, che combina pose e pantomima



Willi ninja
trent'ANNI DI VOGUE


Foto
Willi Ninja, NYC, 1989
In un'intervista con Joan Rivers, il coreografo americano racconta come non abbia mai parlato a sua madre della sua omosessualità. E' stata lei ad affrontare la questione, sostenendo che “le mamme sanno sempre”.  Gli disse che era suo figlio e che lo avrebbe amato a qualunque costo. Questa amorevole accettazione, pone l'esperienza di William in netto contrasto con le vite dei giovani gay e transgender afroamericani e latini di quegli anni. Non è difficile pensare che l'accoglienza ricevuta, che l'amore materno sperimentato, lo abbiano condotto direttamente a voler condividere quanto ricevuto.


butch queen

​La scena delle drag ball ad Harlem non era semplicemente un prodotto della sottocultura LGBTQ di New York City. Era un riflesso di molte persone di genere non conformi nella società. Le drag queen operavano in una vasta comunità di uomini gay, uomini e donne trans, donne lesbiche e queer. E questi, non si limitavano a imitare i binari di genere, ma spingevano per abbatterli. 

​Willi Ninja, infatti, non ha voluto “passare” per donna. Non ha vissuto come una donna né ha fatto il drag completo. Ha sfilato e ballato lungo il palco sfoggiando baffi, capelli lunghi, grandi gioielli, trucco, vestiti da donna, il tutto mentre esibiva una miscela di mascolinità e femminilità. Mentre molte femme queen e transwomen hanno trovato conferma nelle categorie vincenti per la loro realtà nel passare per donne biologiche, Willi Ninja, un'androgino autodefinitosi
butch queen, ha eseguito una presentazione di genere fluida in un mondo che celebra l'eteronormatività maschile bianca e in una sottocultura che ha premiato la realtà della donna. 

house of ninja
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Nonostante non avesse fatto parte di una House in precedenza e non avesse vinto tre grandi premi - requisito per poter aprirne una - Willi Ninja con Sandy Apollonia Ninja fonda la sua House nel 1982, dando vita ad un ambiente multirazziale, includendo in particolare uomini bianchi. A differenza delle altre houses dell'epoca in cui la maggior parte era di origine afro-americana, eccetto per la House of Xtravaganza, totalmente latina.  La casa è stata chiusa nel 1989 e riaperta per la seconda volta nel 1991 e riaperta una terza volta nel 2003. Attualmente la House of Ninja ha oltre 220 membri in tutto il mondo, e il Ninja vivente più vecchio è Archie Burnett.

Rinomato nel mondo delle ball per sfornare ottimi ballerini, Willi Ninja è stato determinante nel far discutere e riflettere la ball community sulla prevenzione dell'HIV/AIDS durante gli anni Ottanta, quando non se ne parlava ancora a causa dello stigma sociale e dell'ansia che lo circondava. A lui va il merito di aver reso un'abitudine all'interno delle ball il coinvolgimento attivo della comunità. 


​dalla notorietà alla fama

Nel 1989, chiuse le porte della House si aprirono quelle della fama. Ninja compare e coreografa il video della canzone Deep in Vogue di Malcolm McLaren, balla in due video di Janet Jackson - album Rhythm Nation 1814 - All Right e Escapade. 

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Il voguing
 diventa mainstream e un anno dopo, nel 1990, Madonna lo vuole per il video di Vogue. Attira l'attenzione e, lo stesso anno, Jennie Livingston, che sentì per la prima volta il suo nome dai compagni voguers a Washington Square Park, lo mette in primo piano nel suo Paris is borning, documentando le origini del voguing. Nel 1993, è presente nel video I Can't Get No Sleep dei Masters At Work con India, e nel 1994, pubblica il suo singolo Hot con la Nervous Records.


Si capisce bene, come queste collaborazioni, e la conseguente visibilità, conducano Willi Ninja dritto nel firmamento delle star. Karole Armitage lo vuole più volte sul palcoscenico insieme ai suoi danzatori. E il suo stile, che congela le pose dando vita a staticità glamour, stuzzica l'interesse anche della moda. Storica la collaborazione con lo stilista Jean-Paul Gaultier per cui modellava le passerelle fornendo istruzioni sul perfezionamento della “camminata” alle modelle. Il già citato Malcolm McLaren lo vuole a capo di un gruppo in un tour nelle case di moda europee. Ma ancora il suo stile personalissimo e la sua parodia di genere sfilano per Chanel, Thierry Mugler, Karl Lagerfield. In questo periodo forma modelle del calibro di Naomi Campbell e Iman. 


​CINEMA E TELEVISIONE

​Esperienza acquisita, accompagnata da una grande popolarità, che gli consente di aprire, nel 2004, Elements of Ninja, un'agenzia di moda e non solo - fra la cui clientela figurava Paris Hilton - insegnando la femminilità alle modelle, mostrando loro come acquisire grazia ed equilibrio.​

Dopo aver realizzato il suo sogno di viaggiare per il mondo, portando il voguing in Europa e in Giappone ad un livello di visibilità e perfezione altissimo, nel 2003, purtroppo gli viene diagnosticato l'HIV a quarantadue anni. Continuando a lavorare per sostenere la madre anziana non potendosi permettere l'assistenza sanitaria, in questi ultimi anni, partecipa al Jimmy Kimmel Live! e nel 2006 è protagonista dell'introvabile How Do I Look diretto da Wolfgang Busch, in cui si rende immortale il modo creativo delle dragball. Questioni serissime, quelle trattate nel film, che permettono a Busch di vincere il Premio umanitario Diaspora Film Festival, Berlino, e il Premio per il miglior documentario in pillole, New York.


​diventare un'icona

Quella del 2006 sarà la sua ultima apparizione pubblica, e How Do I Look il suo testamento artistico. Il 2 settembre, a 45 anni, Willi Ninja muore New York per insufficienza cardiaca legata all'AIDS circondato dai suoi “figli”.

Fino alla fine ha lottato per l'espressione di sé nella comunità queer, continuando a fare da mentore a futuri ballerini e modelli fino a quando ha perso la vista ed è rimasto paralizzato. Dopo la sua morte, ha continuato a ispirare, e ispira tutt'oggi, molti artisti e giovani, diventando una figura centrale all'interno della comunità queer, come ben sottolineano da Juan Battle e Sandra L. Barnes nel libro Black Sexualities, Sessualità Nera: poteri di sondaggio, passioni, pratiche e politiche, 2009.

Ad oggi House of Ninja ha aperto numerosi capitoli (House satelliti) in tutto il mondo. Da quando nel 2010 il voguing iniziò a diffondersi anche in Europa, dove oggi si contano numerosi eventi e workshop dedicati, l’interesse verso questo stile è cresciuto anche in Italia. Del 2013 è l'inaugurazione del Capitolo italiano, con la fondazione della House da parte di B. Fujiko, nome d'arte di Barbara Pedrazzi.
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FONTI
traduzioni di Davide Monetto

1. Lola Ogunnaike, "Willi Ninja, 45 anni, star creata da sé che ha trasformato il Vogue in un'arte, muore" New York Times, 6 settembre 2006
2. Tricia Rose, "Nessuno vuole una madre part-time: un'intervista con Willi Ninja." in Microphone Fiends: Youth Music & Youth Culture, Andrew Ross e Tricia Rose, eds. (New York: Routledge, 1994)
3. James F. Wilson, Bulldaggers, Pansies and Chocolate Babies (Ann Arbor: University of Michigan Press, 2010)
4. Tim Lawrence, introduzione a Voguing and the House Ballroom Scene of New York City 1989-92, di Chantal Regnault (London: Soul Jazz Books, 2011)
5. Ertug Altinay e Mickey Weems, "Willi Ninja" Qualia Folk
www.qualiafolk.com/2011/12/08/willi-ninja
6. Joi-Marie McKenzie, "La cultura della danza gay sotterranea mantiene viva l'eredità del 'Voguing'" Loop21.com, 2011 www.loop21.com/content/underground-gay-dance-culture-keeps-voguing-legacy-alive?page=1>
7. Sabel Gavaldon, Inappropriate Gestures: Vogue in Three Acts of Appropriation, e-flux Journal, 2021. www.e-flux.com/journal/122/429806/inappropriate-gestures-vogue-in-three-acts-of-appropriation
8. Ana Herrera, Willi Ninja: Voguing Butch Queen, Out History.
​www.outhistory.org/exhibits/show/tgi-bios/willi-ninja
9. Emanuele Zagor Treppiedi, Barbara Pedrazzi aka La B. Fujiko, 2018, zero.eu. www.zero.eu/it/persone/barbara-pedrazzi-aka-la-b-fujiko


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Approfondimenti
QUEER E DANZA

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QUEER E DANZA | ANNI NOVANTA | VOGUING
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QUEER E DANZA                                                  ANNI SESSANTA                                                        LINDSAY KEMP

1/3/2021

 
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Lindsay Kemp | ph Allan Warren, 1969

​"Ha iniettato una massiccia dose di camp nel serio mondo teatrale britannico degli anni '60 e '70, attraverso allestimenti traboccanti di sangue e lustrini, pieni di orge pansessuali e giovani nudi."
Rupert Smith, The Guardian, 30 gennaio 2002

"Probabilmente la più importante personalità contemporanea nella danza moderna". Nora Asad, Artefact Magazine, 16 febbraio 2016
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​Lindsay Keith Kemp

Precursore di un genere di danza onirico, al limite dell'acrobatico e forte di effetti spettacolari ottenuti in modo semplice attraverso, però, l'uso sapiente della musica e delle luci, Lindsay Kemp ha sicuramente influenzato il nascente Cirque nouveau. Ricco di contenuti e ispirazione, interprete di una delle correnti più fantasiose del teatro-danza europeo, ha reinventato l'arte del mimo, influenzando molte delle compagnie che, a partire dalla seconda metà degli anni Settanta, hanno contribuito - come Momix e Cripton - a rinnovare la danza classica e contemporanea.

Nato a South Shields sulla costa inglese del Mare del Nord nel 1938, Lindsay Keith Kemp è stato un ballerino, mimo, attore e regista britannico. Le sue produzioni, provocatoriamente erotiche e trasgressive, sono il frutto di un immaginario composito, in cui le influenze del teatro giapponese - Kabuki e Nō – incontrano le istanze del balletto, sposando l'accuratezza del movimento della Commedia dell'arte.  
 


​SCEGLIERE LA DANZA

​Nel 1940, quando Kemp aveva solo due anni, il padre, un ufficiale della marina mercantile, muore in un attacco sottomarino tedesco. Due anni prima, ovvero l'anno della sua nascita, la sorella muore di meningite all'età di cinque anni. Traumi questi, uniti alla rigida educazione della madre, che hanno segnato la crescita, la vita e l'arte di Lindsay Kemp. 

Nonostante l'opposizione della madre, sin dall'infanzia s'innamora della danza, del teatro e del cinema, riuscendo a frequentare, una volta cresciuto, il Bradford College of Arts. Terminati gli studi si trasferisce a Londra per studiare al Ballet Rambert. Qui conoscerà fra gli altri, Sigurd Leeder, Charles Wiedman, Marcel Marceau.

Particolarmente significativa sarà l'esperienza formativa con il creatore di Bip. Kemp dichiarerà infatti, e in più occasioni, che Marceau gli ha "dato le mani". Affettuosa ironia che l'artista usa per indicare l'importanza delle mani nell'arte mimica e nella sua personale interpretazione di Le Mani, opera che il mimo francese trasmise all'allievo in 'dono'.


​The Lindsay Kemp Dance Mime Company

Siamo negli anni Cinquanta, e il dono del maestro permise a Kemp di lavorare in varie compagnie di danza, teatro, cabaret, mimo, perfino spogliarelli. Almeno fin quando non fu arruolato dalla Royal Air Force come medico per assolvere ai doveri di leva. Esperienza brevissima, che il talento di Kemp riuscì ad evitare, ottenendo il licenziamento, come non idoneo, dopo essere apparso all'appello truccato e indossando sandali. Dopo questo evento la madre iniziò a credere alle sue doti artistiche. Nel 1962 forma, dunque, The Lindsay Kemp Dance Mime Company.


​BOWIE & GENET

Nel 1966, Kemp incontra David Bowie e lo prende come allievo. Subito il professionale sfocia nel personale, dando vita ad una relazione. Sodalizio artistico che, l'anno successivo, vede i due, insieme nello spettacolo Pierrot in Turquoise. Proprio durante une delle messe in scena Kemp coglierà in flagrante Bowie all'opera con uno dei costumisti. Devastato, tenterà il suicidio.​

​Verso la fine degli anni Sessanta continua a sviluppare la propria sintesi fra diversi linguaggi teatrali, privilegiando un approccio personale e innovativo alla danza e al teatro. Nasce, così, nel 1968-1969, la prima produzione di Flowers... una pantomima per Jean Gênet, liberamente tratto da Nostra Signora dei Fiori di Jean Genet.
 Durante gli anni passati a Edimburgo (1966-1970) crea, invece, Turquoise Pantomime, Crimson Pantomime e Legend.


LASCIARE IL SEGNO

Negli anni Settanta, forte di uno stile personale ormai maturo, Lindsay Kemp lascerà un segno indelebile nel mondo dell'arte, inaugurando la sua influenza per oltre un ventennio.

Dapprima con la messa in scena - costumi e coreografie - dei concerti The Rise and Fall of Ziggy Stardust and The Spiders from Mars (1972) del suo allievo David Bowie, pietra miliare nel genere dell'opera rock. Nel 1974 con una nuova versione di Flowers in un piccolo teatro londinese. Lo spettacolo - vietato anni prima in alcune città, inclusa la Germania, e che vede Kemp nel ruolo di Nostra Signora - è stato ampiamente criticato dalla stampa, ma ha ottenuto grande riconoscimento dalla comunità gay londinese, tanto da arrivare al West End, per poi, nel trionfo assoluto, essere di scena a Broadway.

Nel 1975 con il balletto The Parades Gone By per il Ballet Rambert, e nel 1977-1978 per la stessa compagnia Cruel Garden ispirato a Garcia Lorca, riproposto negli anni successivi dall'English National Ballet, dalla Deutsche Oper di Berlino e dall'Houston Ballet. Sempre nel 1977 con Kate Bush ai costumi, coreografa, con un cast tutto al maschile, la Salomè di Richard Strauss. Qui Kemp interpreterà il ruolo principale adornato di pasticcini e paillettes.

Nel 1983 Sogno di Nijinscky o Nijinscky il matto, si ispira al grande ballerino russo, mentre The Big Parade del 1984, omaggia il cinema muto. Alice 1988, con le musiche tratte dall'opera omonima di Sergio Rendine e Arturo Annecchino, ispirato al libro di Lewis Carroll, e Duende, tratto da El Duende - teoría y juego' di Federico García Lorca.


rendere questo mondo, un mondo migliore

Ha fine, cosi, un ventennio ricchissimo di successi che porterà Kemp, e la sua compagnia, in tutto il mondo ma soprattutto in Spagna e in Italia. Nazioni in cui la Kemp Company ha aperto delle sedi: a Barcellona dal 1979, a Roma e in Umbria.
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Una carriera brillante e lunghissima che lo ha visto spegnersi proprio in Italia, a Livorno dove risiedeva da qualche anno, a ottant'anni nell'agosto del 2018. L'anno prima, nel 2017, al Teatro Giuseppe Verdi di Pisa, il Flauto Magico andava in scena sotto la sua direzione.

Così, in una intervista del 2016 per Gay.it, si esprimeva a proposito del teatro e degli intellettuali:

“Sin dal teatro catartico degli antichi greci, i cui drammi permettevano quasi di ipnotizzare il pubblico e sollevarne lo spirito, l’arte ha la funzione di liberare il popolo. Il mio teatro, come la poetica di Genet, Jarman, Garcia Lorca, Cocteau e altri, ha lo stesso scopo. Il proposito dell’arte è liberare il popolo. Abbiamo la grande responsabilità di liberare la gente. La mia arte ha lo scopo di aiutare le persone a sentirsi libere. Libere da loro stesse e libere dai condizionamenti dei regimi. ​

Gli intellettuali non hanno responsabilità ma dovrebbero averne. Quello per cui siamo qui, quello per cui lavoriamo, è la possibilità di rendere questo mondo, un mondo migliore. 

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ApprofondiMENTI
QUEER E DANZA


QUEER E DANZA                                                      ANNI SETTANTA                                                      WAACKING

1/3/2021

 
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Sharon Hill & Tyrone Proctor | Soul Train Gang


​DISCO CLUB BALL

Nei night club e nelle discoteche gay e nelle ballroom, della costa ovest degli Stati Uniti d'America, in particolare a Los Angeles, negli anni Settanta, prende piede un particolare tipo di danza. A imitazione delle movenze delle attrici e delle cantanti dell'epoca, il waacking è uno stile di danza nato all'interno della comunità queer afroamericana e latinoamericana nell'era della disco music, dei ritmi precisi e del beat: il veicolo perfetto per questo stile.

Diffusosi, poi, senza connotati di identità sessuale, il waacking permette di creare uno stile personale. Non importa che sia sexy, femminile o aggressivo, conta lasciarsi andare alla musica, dando spazio alla creatività. Lamont Peterson, uno dei primi a utilizzare le sue braccia e il corpo al servizio della disco music, e ballerini quali Mickey Signore, Proctor Tyrone e Blinky hanno perfezionato i movimenti di braccia e mani rendendoli più fluidi, in modo da seguire meglio il ritmo della musica.


​ORIGINI

​Erroneamente si pensa che il waacking provenga dal locking date le loro somiglianze. Pare, infatti, che il nome attuale, waacking, sia stato scelto dalla comunità eterosesuale che non condivideva le rivendicazioni originarie della comunità queer. In particolare Tyrone Proctor e Jeffrey Daniel hanno introdotto elementi del locking - vedi il numero su Street Art - generando confusione tra gli stili. Equivoci dovuti al fatto che alcuni insegnanti di locking furono anche insegnanti di punkin' e, in seguito, di waacking.

In
 Origine, invece, il nome sarebbe stato punkin' o garbo, come altri lo chiamano. "Punk", in realtà era un termine usato in spregio per identificare i gay negli anni '70, e come accade spesso nella storia delle arti, la comunità di Los Angeles lo adoperò con accezione positiva: diventò il loro brand.


​DISCO MUSIC

La musica tipica del Waacking è la Disco degli anni Settanta, non come si è creduto successivamente la dancehouse. Si diceva, infatti, che gli autori di Waacking avessero ballato su musica da discoteca undergraund e importato dischi dai vari paesi europei, facendo della discomusic, con la sua ritmica, il veicolo migliore per la diffusione di questo stile. Linguaggio che si è evoluto con l'arrivo dell'hip hop, assumendo connotati funky. Ed insieme al glowsticking, il waacking è lo stile alla base dell'Electrodance (erroneamente nota come Tecktonik) durante le sue fasi di formazione iniziale.

​DANZA SPETTACOLARE

​Gli uomini si esibivano sul palco vestiti da donne e cantando pezzi musicali di artiste femminili e ispirandosi, stilisticamente, a star del cinema come Lauren Bacall, Marlene Dietrich, Bette Davis e James Dean, ballavano i passi del waacking. Muovere le braccia al ritmo di musica, e nello specifico, un movimento delle braccia sopra e dietro la spalla è waacking. Ma è anche “pose” e gioco di gambe, l'importante è la musicalità e l'interpretazione del testo al ritmo giusto. Danza spettacolare che ai performer più creativi permise di farsi strada anche nelle piste da ballo dei night club mainstream per eterosessuali.


​LA RITROVATA POPOLARITà

Dopo un calo di diffusione negli anni novanta, il waacking ha ritrovato popolarità negli anni 2000, incorporata nei programmi di danza delle varie scuole tra cui il Dipartimento di teatro e danza dell'Università della Carolina del Sud. Grazie alla musica elettronica si è guadagnata un nuovo interesse popolare grazie alla serie TV americana So You Think You Dance del 2011, con una routine di danza coreografata da Kumari Suraj.

gb 
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QUEER E DANZA

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QUEER E DANZA                                                  ANNI SESSANTA                                                    HOUSES

1/3/2021

 
Foto
House of Xtravaganza | ph Timothy Greenfield-Sanders


​GRUPPI DI SOSTEGNO

Il fiorire delle house è parallelo alla nascita delle "gang" newyorkesi negli anni Cinquanta e Sessanta e con loro condividono la fitta gerarchia sociale al loro interno. La maggior parte dei partecipanti alle ball appartengono a delle Houses, veri e propri gruppi di sostegno, famiglie. 

In mancanza di un affetto genitoriale sul quale contare a causa dell'affermata omosessualità, le houses diventano per molti l'unica casa dove sentirsi amati, accettati, rispettati. Costituite perlopiù da uomini gay afroamericani o latini, e da giovani transgender, le houses sono famiglie alternative e il rapporto che lega i membri delle case è reale, indispensabile e prezioso. Unico appiglio, per sentirsi al sicuro, in in una società xenofoba come quella americana degli anni Sessanta.

Gestite come 
famiglie tradizionali, le houses sono guidate da una "madre" e/o da un "padre" che si assumono la responsabilità di educare i propri "figli". E questi, come solitamente accade nel diritto familiare, adottano il nome della house come proprio cognome.


COLLETTIVI LGBTQI+

Presenti in tutti gli Stati Uniti, perlopiù nella costa nordorientale, le "famiglie" che vincono il maggior numero di trofei guadagnano visibilità, ottenendo il titolo di "leggenda". Storicamente, all'interno delle case, sono presenti 4 categorie di genere: Butch Queen, Femme Queen, Butch e Femme.

La prima a nascere è la House of LaBeija, a seguire molte altre: House of Extravaganza, House of Ninja, fondata da Willi Ninja, considerato il padrino del voguing; House of Pendavis e House of Dupree. Houses o collettivi LGBT che prendevano spesso il nome da stilisti famosi, come per esempio la House of Allure, la House of Aviance e la House of Balenciaga. 


​MAJOR & KIKI

Le Houses si dividono in due categorie: le major houses e le kiki houses. Le Major house sono le famiglie più grandi, come quelle sopra elencate, che con il tempo si sono sparse in tutto il mondo creando dei Chapter (capitoli) nelle città "colonizzate". Mentre le Kiki houses sono piccoli gruppi creati da insegnanti con molta esperienza, e  per questo acquisiscono il ruolo di leggend.

Star, Statement, Legend, Icon e Hall of Famer
sono 
gli status che bisogna acquisire all'interno de
lla ballroom scene.

Se si viene notati e si diventa famosi, oltre a vincere molto nella propria categoria, ci si aggiudica lo status di 'star'. Se dopo cinque anni le vittorie sono frequenti si ottiene lo 'statement'. Dieci anni trascorsi ad accumulare vittorie e visibilità in tutto il paese, conducono dritti al titolo di 'legend' o 'legendary'. A partire dai venti anni si diventa 'icon' o 'iconic'. Per aggiudicarsi il titolo di 'hall of Famer', bisogna passare alla storia come uno dei migliori che abbiano mai preso parte alle competizioni.


CINEMA & TV
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La maggior parte delle case di New York sono apparse nel già citato Paris Is Burning del 1991. Nel 2016 il film Kiki fornisce un ritratto aggiornato della scena gay legata alla cultura delle ballroom. Nel 2017, come parte di una serie di documentari sull'identità culturale della Nuova Zelanda, la Vice Media ha prodotto un episodio riguardante la cultura delle ballroom intitolata FAFSWAG: Auckland's Underground Vogue Scene. Nel 2018, Viceland ha messo in onda una serie-documentario, My House, mostrando l'esperienza di sei persone nella New York delle ballroom. Nella primavera 2018 è stata trasmessa la serie Pose, ormai alla sua terza stagione, ambientata nella New York del 1987, che segue le vite di alcuni partecipanti dei ball. Nel 2020 l'emittente statunitense HBO Max lancia Legendary, un reality in cui otto house si sfidano a passi di voguing. ​

gb 
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QUEER E DANZA
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QUEER E DANZA                                                      ANNI NOVANTA                                                      VOGUE | COSA RESTA?

1/3/2021

 


SFILATA DELLE FATE
IL RINASCIMENTO DI HARLEM

La cultura delle drag ball e il voguing possono essere fatte risalire al Rinascimento di Harlem, quando la Hamilton Lodge organizzò la sua prima queer masquerade nel 1869. "Mascherate" era, infatti, il nome con cui venivano pubblicizzate sui giornali, mentre per i partecipanti, grazie al passa parola, divennero noti come balli di froci o sfilata delle fate (utile a questo proposito la visione del film Il Ballo dei 41 del regista David Pablos, 2020).
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Questi eventi, fin dalla seconda meta del XIX secolo, fecero subire ai loro partecipanti intimidazioni, arresti, persecuzioni, da parte della polizia durante la depressione, il proibizionismo e la criminalizzazione delle relazioni omosessuali nella la prima metà del XX secolo. All'inizio degli anni Sessanta, la scena drag ball inizia a frammentarsi lungo linee razziali, in coincidenza con l'intensificarsi del movimento per i diritti civili. Anche se frequentate da bianchi e neri, ci si aspettava che le regine nere "sbiancassero" i loro volti se volevano vincere un titolo.


​HOUSES & BLACK QUEEN

Frustrate dai pregiudizi razziali, le regine nere iniziarono, così, a mettere in scena i propri eventi. La formazione della struttura delle Houses, come già detto, ha dato vita ad una famiglia sociale estesa. Ha aiutato i partecipanti a navigare attraverso il razzismo, l'omofobia, la transfobia e l'oppressione di classe. Ma con il passare degli anni, le Houses partecipavano attivamente contro le politiche di abbandono e le ingiustizie razziali ed economiche, come nella New York negli anni Ottanta. Decade in cui la City registra un calo del benessere e dei servizi sociali e una precoce gentrificazione dei quartieri urbani. Una diminuzione dei finanziamenti per case famiglia e rifugi per giovani senzatetto. Un forte aumento dei tassi di disoccupazione tra gli uomini neri e latini e, soprattutto, la mancanza di fondi durante l'era Reagan per le persone sfollate o senzatetto a causa dell'HIV/AIDS. ​

Queste «minoranze all'interno delle minoranze all'interno delle minoranze» hanno dovuto affrontare una potenziale e completa esclusione dalla società del tempo. La tensione per emergere e sfuggire alla minaccia dell'oblio, veniva superata, o mitigata, imitando e ribaltando gli standard di bellezza degli Uptown. Principalmente​ quelli promossi dalla popolare rivista «Vogue» considerata, a partire da questi anni, la «Bibbia della moda».


​CULTURA POP E GLOBALIZZAZIONE

I voguers arrivavano dalle periferie delle grandi città con il desiderio di esprimere sè stessi, mostrando apertamente la loro identità sessuale indossando piume e paillettes. Si incontravano in locali e discoteche, luoghi che presto sarebbero diventati il centro principale di quella filosofia neonata, che di li a poco si sarebbe trasformata in uno stile di vita. Vent'anni dopo, alla fine degli anni Ottanta, purtroppo o per fortuna, il voguing inizia ad essere commercializzato e questo processo, aiutato dalla globalizzazione ancora agli inizi, è stato accelerato dallo sviluppo della musica pop.

Se alla fine degli anni Sessanta l'obiettivo principale era quello di costruire un'identità attraverso cui riconoscersi e farsi conoscere dalla società, vent'anni dopo, si manterranno le stesse caratteristiche ma con un obiettivo completamente diverso. Lo scopo originale del fenomeno, il bisogno primordiale e soggettivo di esprimere la propria identità, a partire dall'entrata nella cultura di massa, si è trasformato, camuffato dietro strategie utili a esternare la propria appartenenza a un genere.


​NON PIù RITUALE

​Non si vuole più creare o espandere una comunità, ma si risponde piuttosto ad un bisogno narcisistico di mostrare sé stessi all'interno di qualcosa di strutturato. E all'interno delle ball, vera e propria parodia e capovolgimento del mondo della moda, la passerella rappresentava certo un palcoscenico in cui mostrarsi, raccontando, però, la propria storia e la lotta per i propri diritti allo stesso tempo. Apparenza ed essenza hanno perso il loro equilibrio e indossare i tacchi è tutto ciò che serve per essere un voguer.

Tutto è focalizzato sull'atteggiamento e sulla postura, e non vi è alcun riferimento all'ambiguità e all'alterità delle dive del passato, e le pop star - ben consapevoli dell'uso di un artificio - si concentrano sull'imitazione, spesso al limite del grottesco. Non si può più parlare di rituale o partecipazione collettiva, e voguing ha completamente perso i tratti tipici del cosiddetto "mondo queer" per diffondersi solo nel campo della danza.

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L'oBBiettivo è Posare


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​La fotocamera prima di tutto. Devi tradurre il tuo corpo nel modo in cui la fotocamera vedrà le tue linee migliori. La fotocamera non può vedere la profondità; può vedere solo la lunghezza e la larghezza. Non sprechi mai un'opportunità per una buona linea.
Archie Burnett

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Una posa, per definizione, è un gesto deliberato, artificioso, eccessivo.  Il sé, come direbbe il teorico culturale Dick Hebdige, diventa il feticcio, e tantissimi giovani, ieri come oggi, vivono ossessionati dalla costruzione della propria immagine. Orgogliosi e contro la logica carceraria della modernità coloniale, quei ragazzi diedero vita a culture giovanili urbane. Gruppi di emarginati che iniziarono a organizzarsi attorno a stili subculturali: vestiti, sguardi, suoni, gesti, atteggiamenti. ​

Riunendosi alle ball, nei locali gay o sul lungomare del fiume Hudson, le bande di ragazzini del centro città ora aspiravano all'immortalità di una fotografia. Questi ragazzi sanno che mettersi in posa significa rappresentare una minaccia. I voguers si sono riappropriati dello sguardo voyeuristico della telecamera, dando deliberatamente spettacolo di sè. Hanno imparato a incorporare la meccanica dell'occhio della macchina fotografica e il suo imperativo di auto-visualizzazione. Ogni singola posa apre nuove possibilità di soggettivazione contro il filo della cultura dominante e, come ha scritto Hebdige, una posa è innegabilmente autoerotica, un segno di auto-ossessione.

Imitando le pose delle donne bianche nelle riviste di moda i soggetti minoritari sono continuamente impegnati nella produzione di forme dissenzienti di bellezza, soggettività e desiderio. Il voguing è (era?) una forma altamente condensata al confine tra opacità e leggibilità. Ogni frase coreografica sfida le aspettative con un arabesco di movimenti delle mani. Ogni scatto dei polsi produce vuoti di significato che superano la norma. La performance queer è intrecciata nella dialettica dell'assimilazione e della resistenza. È l'arte di usare gli strumenti del padrone per smantellarne le fondamenta. E sebbene considerate una minaccia per il mondo normativo, queste poetiche subculturali rischiano, come purtroppo sta accadendo, di essere incorporate nella cultura dominante.


​L'APPROPRIAZIONE

ONORE ALLE TRANS
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L'uso di pronomi femminili e termini di indirizzo (she, gurl, miss) tra i membri delle ball è tanto un segno di riconoscimento quanto un'espressione di identità collettiva. Questo non è privo di ironia, in quanto contrasta con i dati demografici di una comunità fondata da donne trans nere e marroni, ma incentrata su una stragrande maggioranza di uomini gay cisgender.

Negli anni Ottanta, anche in risposta alla crisi dell'HIV/AIDS, l'attenzione si è spostata sul mondo dei ragazzi, privilegiando le loro forme di espressione e competizione, spesso a rischio di rendere invisibili le persone transgender di colore che hanno fondato la scena in primis.

Negoziando le proprie identità di genere in una “zona di contatto” tra soggetti minoritari, i ragazzi cis hanno finito per prendere in prestito (alcuni direbbero rubato) codici performativi che un tempo appartenevano a persone transfemminili, per poi reinscriverli in uno spazio omosociale di privilegio maschile. Con il cambio di decennio, vogue dalla sua forma originale (old school) inizia a competere per le luci della ribalta con uno stile di danza ancora più ginnico (il nuovo modo), le cui contorsioni degli arti saranno eclissate dall'arrivo di vogue femme. Mentre oggi è lo stile voguing più popolare ed emblematico, negli anni Novanta questa categoria ha fatto la sua comparsa con un titolo rivelatore: butch queen voguing like a femme queen.

I ragazzi hanno preso nota e hanno imparato a vogare sui tacchi alti. Col tempo avrebbero battuto le loro coetanee transfemme al loro stesso gioco, diventando l'indiscusso centro dell'attenzione alle ball, rischiando di cancellare la complessa storia di questo stile di danza.

Pioniere furono, quindi, le donne trans di colore, e il nome stesso, vogue femme, è la testimonianza di questa appropriazione. E questa rapida progressione di stili coreografici nasconde più di una semplice tendenza o un cambiamento di gusti. Le spettacolari battaglie non sarebbero altro che una trascrizione di lotte culturali che si svolgono su scala più ampia e in un campo di potere asimmetrico. Un'espressione codificata delle tensioni, delle controversie e dei negoziati, ancora in corso, sulla presenza e la visibilità del corpo nero transfemminile nella scena delle ball e non solo.


SVUOTAMENTO
NEL SISTEMA

Nel giro di pochi anni il voguing si stravolge e questo cambiamento avviene grazie a nomi del calibro di Alyssa LaPerla, Sinia Ebony e Ashley Icon che rinnovano il linguaggio coreografico. Digerita  l'eredità transfemminile nera con la loro geometria pulita,  le nuove leve sposano transizioni più fluide, unendo spavalderia e grazia selvaggia. Il loro stile, saturo di genere e ferocemente ipersessualizzato, risulta più drammatico, con movimenti femminili spasmodici che si concludono con cadute impossibili. Le femme queen, sono più forti, più veloci e più cattive, rendendo la danza sempre più difficile da insegnare, imitare o persino apprezzare per il pubblico bianco.

Mentre la musica elettronica diventava mainstream negli anni Novanta, anche i suoni delle ball, con la nuova decade, mutavano per incanalare l'energia frenetica del vogue femme. Proprio come ha perso interesse per le linee e gli angoli retti della old school, la nuova generazione era stanca di ballare sugli stessi vecchi dischi di Salsoul e sulle tracce house con le voci gospel tagliate. I ritmi tribali, sincopati e ossessivi della ghetto house e del breakbeat erano più adatti per le loro danze feline.


​FAGOCITARE STORIE E CONTESTI

​Il nuovo millennio, con l'accelerazione tecnologica e la diminuzione delle barriere, ha condotto all'esportazione della cultura delle ball (dei suoi aspetti più spettacolari in realtà) non solo in Europa. Tuttavia, questo traffico di codici subculturali, nato dalla sopravvivenza delle minoranze, non è esente da rischi, dal momento che spesso sfrutta e conduce alla cancellazione di contesti e storie specifiche.​

Perchè se è vero che il voguing ha avuto un ruolo importante nel processo di asserzione subìto dalle minoranze nell'America degli anni Sessanta, è fondamentale sottolineare anche come, attraverso la sua diffusione, si sia svuotato delle caratteristiche originali. Ieri Voguing era una danza che teneva conto della soggettività dell'individuo così come la cultura della minoranza che rappresentava; oggi, dopo cinquant'anni, vogue è diventato, suo malgrado, all'interno della pop culture, più un'espressione artistica che culturale.


​ANCORA VOGUE?

Oggi, insomma, sarebbe possibile “ripristinare” il vogue nella sua forma originale, affermando i diritti di una minoranza - quella formata da omosessuali, lesbiche, bisessuali e transessuali?

La risposta, in questi ultimi anni, non riguarderebbe più l'osservazione della società. Ma un'analisi approfondita dell'identità e dello stile gay dal punto di vista della cultura, della politica e dell'estetica. Lontano dalle rivendicazioni soggettive di ieri, oggi l'omosessuale esprime una sessualità super strutturata, o meglio una sessualità «performativa» decodificata dal camp, dal drag, da Lady Gaga, Rihanna e Britney Spears. E mentre alle origini, i voguers volevano essere sé stessi, oggi, nella febbre voguish, si vuole essere come x. E nel confronto con l'establishment culturale, non si arriva più al conflitto, ma ad una stagnante, infruttuosa, affluenza all'interno degli argini creati dallo status quo.  ​

gb 
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Approfondimenti
QUEER E DANZA

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QUEER E DANZA                                                  ANNI OTTANTA                                                          I DEVIATI DI LlOYD NEWSON

1/3/2021

 
Foto
John | DV8, 2014 | ph B. Hopper


​DANZA E SOCIALE

Elogiati dal mondo della danza, corteggiati dalle compagnie televisive per mostrare il loro lavoro sul piccolo schermo, i DV8 Physical Theatre fin dagli esordi dimostrano la loro unicità attraverso uno stile distintivo, prepotentemente emotivo e fisicamente audace. Caratterizzato dal desiderio di dissolvere le barriere che separano le arti, DV8 mette in discussione gli atteggiamenti e le credenze delle persone, attraverso la comunicazione di idee e sentimenti, in modo chiaro e senza pretese.

Temi sociali, quali libertà di parola, diritti umani, multiculturalismo, tolleranza, intolleranza, ruoli di genere, identità sessuale e classe sociale - letti spesso dal punto di vista personale - rappresentano per i Dv8 la sfida a superare i confini fra le arti. Elementi di teatro, danza, video e nell'ultimo periodo testo, vanno sovrapponendosi o dialogando nelle opere di Newson solo e sempre in funzione della trasmissione del messaggio. Non importa quale mezzo si usi, fondamentale è comunicare.


RIEMPIRE I VUOTI

DV8 Physical Theater fondato nel 1986 da Lloyd Newson, nasce in risposta alla frustrazione per la mancanza di argomenti nella danza contemporanea. Il coreografo sentiva infatti che, negli anni Ottanta, il pubblico veniva "ingannato dalla profondità" della (molta) danza contemporanea, che considerava generalmente superficiale: ossessionata dall'estetica, sproporzionata rispetto al contenuto.

"C'è un pubblico là fuori che cerca disperatamente che la danza significhi qualcosa per loro, e ciò non significa che debba essere ovvio. Ma non vengono raggiunti."
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​La Carne
Origine delle esperienze
Anni 1986-1999


Foto
MSM, 1993 | ph Gavin Evans


​AIDS | DONNE | VIOLENZA

Ed infatti il primo lavoro prodotto da DV8, e realizzato in collaborazione con Nigel Charnock, dal titolo My Sex, Our Dance del 1986 affronta l'emergenza dell'AIDS e indagato l'idea di fiducia, sia emotivamente che fisicamente, tra due uomini gay. A questo seguirono Deep End (1987) - in cui la ballerina Liz Ranken si unì a Newson, Richecoeur e Charnock come interpreti - e Elemen T(H)ree Sex (1987), opere incentrate, questa volta sulle relazioni eterosessuali. Il lavoro successivo My Body, Your Body del 1987, esplorava la psicologia delle donne che cercano relazioni con uomini violenti. Il lavoro, oltre che su una registrazione audio di una cara amica di Newson, si basava sul libro Women Who Love Too Much di Robin Norwood, e vedeva la partecipazione di Wendy Houstoun.


MONOCHROME MEN | CRUISING E BATTUAGE

Nel 1988, Dead Dreams of Monochrome Men, creato per il palcoscenico, due anni dopo, viene adattato per il cinema, dando il via ad una proficua consuetudine. Ispirato dalle parole di Killing for Company, libro sul serial killer Dennis Nilsen, lo spettacolo ottiene numerosi premi, tra cui il Time Out Dance Award e l'Evening Standard Ballet Award, entrambi nel 1989. Nel 1990, il regista David Hinton, commissionato dal South Bank Show (ITV), collabora con Newson per la trasposizione per il video.

Dopo Dead Dreams of Monochrome Men, Newson inizia a sviluppare uno stile più poetico, coinvolgendo scenografie sempre più complesse. All'epoca dichiarò Newson di essere "affaticato dalla fisicità e dai lividi che segnarono il lavori dal 1986 al 1989.

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IF ONLY...

Il primo di questi lavori, If Only... (1990) segna un cambiamento stilistico rispetto ai lavori precedenti, e vede come protagonista Wendy Houstoun. Ispirato dagli scritti di Bertrand Russell, l'opera - tributo, riflessione sulla felicità - si aggiudica il Golden Pegasus Award al Melbourne International Festival.

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STRANGE FISH


Segue Strange Fish (1992), con Wendy Houstoun al fianco di Nigel Charnock e la cantante Melanie Pappenheim. Modificando il suo approccio Newson scrive le narrazioni prima del periodo di prove, e ancora una volta, lo spettacolo colpisce la critica. Strange Fish si aggiudica il London Dance & Performance Award e lo spettacolo viene adattato per il video dalla BBC con la regia di David Hinton. Il quotidiano Independent l'ha definita "una delle esperienze teatrali più ricche e spietate" come non se ne vede "da molto tempo". Esplora l'amicizia e, nelle parole di Newson, "la ricerca di qualcosa o qualcuno in cui credere".​

​MSM

​Commissionato dal Royal Court Theatre è il lavoro del 1993 MSM. Basato su interviste ad uomini di varie età, background e sessualità sul tema del cottage, MSM è il termine sociologico per descrivere gli uomini che fanno sesso con altri uomini, indipendentemente dalla sessualità in cui si identificano. La parola cottage, che di solito significa una piccola, accogliente casa di campagna, è documentata già a partire dall'era vittoriana per riferirsi a un "bagno pubblico" (servizi igienici autonomi nella forma simili a piccoli cottage) e negli anni Sessanta del Novecento, il suo uso in questo senso, fu adoperato esclusivamente dalla comunità omosessuale, per indicare luoghi dal sesso occasionale. DV8 con MSM, mette in danza, approcci, dinamiche relazionali, tabù, per meglio far conoscere la natura umana.

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ENTERE ACHILLES

Con Enter Achilles del 1995 dai luoghi "protetti" dei parchi e delle toilette, si passa ai pub, luoghi esposti, in cui sentirsi vulnerabili. Ambientato in un tipico pub britannico, Enter Achilles riflette, infatti, sul concetto di mascolinità nella società moderna. Raccontando come un gruppo di uomini nasconda azioni e sentimenti ritenuti poco virili, Newson espone come la repressione di queste emozioni sfoci in atteggiamenti di violenza, dominio, intolleranza. Diventato, anche questo, un film con la regia di Clara van Gool vince, tra gli altri, il Prix Italia nello stesso anno e un Emmy Award for the Performing Arts, nel 1997. ​​


​AMORE E TRADIMENTO

Il 1997 vede l'esordio di Bound to Please. Qui Newson inizia a riflette sulle relazioni, mettendo in scena l'amore tra una donna più anziana, Diana Payne-Meyers e un uomo molto più giovane. Due anni dopo, con The Happiest Day of My Life (1999), Newson continua la sua riflessione esplorando i temi dell'amore e del tradimento, mescolando il surreale con il suburbano. 

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Attingendo alle emozioni pure l'opera racconta la tentazione, la verità e l'inganno, in un mondo in cui tutti sembrano tradirsi a vicenda. Newson qui si chiede "Perché le persone hanno delle relazioni? "Non c'è enfasi sulla stimolazione mentale. Non sembra esserci nessun ballerino pensante. Dobbiamo cambiare la definizione di cosa sia la danza". The Happiest Day of My Life, con un​ elaborato set scenografico vince il Time Out Design of the Year. 
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​Il Corpo Poetico
Anni 2000

Foto
Dead Dreams of Monochrome Men | DV8, 1988


DISABILITà | PREGIUDIZI | GENERE

Nel 2000, le Olimpiadi della Cultura di Sydney hanno commissionato ai DV8 Can We Afford This, in seguito ribattezzato The Cost of Living. Lo stesso anno aprono la stagione Dance Umbrella, con tournèe ad Hong Kong. Nel 2003, commissionato da e per la Tate Modern, rielabora The Cost of Living con scene extra, e ne fa un'opera site-specific, Living Costs che esplora i concetti di arte alta e bassa, attraverso la danza, il circo, videoproiezioni e musica dal vivo. L'anno successivo, nel 2004, The Cost of Living, diventato un film, commissionato da Channel 4 e diretto dallo stesso Newson, vince 18 premi, tra cui il NOW Audience Choice Award al Moving Pictures Festival di Toronto e il Rose d' O per Arts & Specials nel 2005.

Just for Show (2005 – 2006) prima delle coproduzioni con il National Theatre - Straight With You, possiamo parlarne? e JOHN - incorpora la tecnologia virtuale e ha permesso a Newson di giocare con le idee e le immagini, cercando di capire perchè "le persone sono spesso più preoccupate di avere un bell'aspetto che di essere brave".

La produzione successiva, To Be Straight With You (2007), ha segnato il passaggio di Newson al teatro letterale, impostando un movimento minuziosamente dettagliato per parole reali (modificate) di persone vere. Per creare la sceneggiatura, 85 persone di diverse etnie e sessualità sono state intervistate da Newson e dal suo ricercatore, Anshu Rastogi, sulle loro esperienze e opinioni su religione, cultura e omosessualità.​


​RELIGIONE | DROGA | CRIMINALITà

Can We Talk About This? (2011-12), seconda produzione letterale, riflette su la libertà di parola, la censura e l'Islam. Anche qui, interviste esistenti o condotte dallo stesso Newson, hanno coinvolto persone associate al rogo dei Versetti satanici dell'autore Salman Rushdie e collaboratori del regista Theo van Gogh, assassinato dall'islamista olandese Mohammed Bouyeri. Con Can We Talk About This? i DV8 si aggiudicano un Helpmann Award (Australia, 2012), e la nomina come produzione dell'anno da Tanz Magazine (Germania, 2012). Presenza Italia al Romeuropa festival.

Il lavoro più recente di DV8, JOHN (2014) segue la storia della vita di un uomo, l'omonimo personaggio del titolo, interpretato da Hannes Langolf. Traccia la sua criminalità, l'uso di droghe, le relazioni personali, gli sforzi di riabilitazione e il desiderio di condurre una vita normale. Coprodotto dal National Theatre, JOHN è stato trasmesso nelle sale cinematografiche di tutto il mondo attraverso la rete NT Live.

Il 12 gennaio 2016, la compagnia, data la decisione del direttore artistico, Lloyd Newson, di ritirarasi, sospende la produzione di nuovi lavori. DV8, fortunatamente, continua il suo percorso, e nel marzo 2020 mette in scena, all'Adelaide Festival, una nuova edizione di Enter Achilles, produzione Newson 1995, coprodotta da Ballet Rambert e Sadler's Wells.
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​COREOGRAFIE

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Dead Dreams of Monochrome Men | DV8, 1988
1986 My Sex, Our Dance 1986
1987 Deep End | Elemen T(h)ree Sex | My Body, Your Body
1988 Dead Dreams of Monochrome Men
1990 If Only
1992 Strange Fish
1993 MSM
1995 Enter Achilles
1997 Bound to Please
1999 The Happiest Day of My Life
2000 Can We Afford This/The Cost of Living
2003 Living Costs 
2008 To Be Straight With You
2011 Can We Talk About This?
2014 John
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​FONTI
traduzioni di Davide Monetto

www.dv8.co.uk
Arditti, Michael, "At the theatre of blood and bruises: DV8 tread a fine line between athleticism and masochism. Their new work, MSM, goes one step further". The Independent, 5/10/2015
Kisselgoff, Anna. "Review/Dance; Clashes of the Sexes". The New York Times, 3/11/2015
Giannachi, Gabriella. On Directing: Interviews with Directors. New York: St Martin's Griffin. pp. 108–114. ISBN 0-312-22483-4
Judith, Mackrell, "Wendy Houstoun: the death that made me question everything". The Guardian, 5/10/2015
Meisner, Nadine, "Living Costs, Tate Modern, London". The Independent, 5/10/2015
Ellis, Samantha, "What Lies Beneath". The Guardian, 5/10/2015
Billington, Michael, "Can We Talk About This? – review". The Guardian, 5/10/2015
Charles Hutchinson, DV8 Physical Theatre's show at West Yorkshire Playhouse asks frank questions about sex and love, The Press, 22/10/2015
Dare to be different: DV8 Physical Theatre, The Guardian, 21/10/2008
romaeuropa.net/archivio/artisti/lloyd-newson-e-dv8-physical-theatre

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ApprofondiMENTI
QUEER E DANZA

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QUEER E DANZA | ANNI OTTANTA | MATTHEW BOURNE
QUEER E DANZA | ANNI OTTANTA | LEA ANDERSON
QUEER E DANZA | ANNI OTTANTA | MICHAEL CLARK
QUEER E DANZA | ANNI SETTANTA | TROKADERO BALLET

QUEER E DANZA                                                      ANNI SESSANTA                                                        I POPESCU E IL POTERE

1/3/2021

 
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Stere Popescu (1920 - 1968)


​COREOGRAFO D'AVANGUARDIA

Stere Popescu (Galați 1920, Londra 1968) fu un coreografo d'avanguardia rumeno. Formadosi nella tecnica classica con Floria Capsali, studiò parallelamente architettura. A soli vent'anni, negli anni Quaranta, divenne il primo solista dell'Opera di Bucarest. Si interessò, scrivendone, di teoria della danza in Contemporarul e Luceafărul e si confrontò con la poesia, componendone per il Journal of Royal Foundations.

Nel 1947, come scrive Federico Donatiello in Le persecuzioni contro gli omosessuali e l’esilio della danza romena (East Journal, 30 Giugno 2017), in seguito all'avvio del processo di purificazione istituzionale avviato dal regime comunista, Stere Popescu rifiutandosi di unirsi al partito, viene espulso dall'Opera e finisce in prigione calunniato pubblicamente come omosessuale, nonostante sposato (pare senza vizietto) con la critica d'arte Sanda Agalides.


​ZITTIRE L'OPPOSIZIONE

Negli anni Cinquanta, in Romania, si ebbe, poi, la prima ondata di omofobia di stato e l’attacco verso la sfera intima e personale costituiva, per il proletcultism - variante nazionale del realismo socialista - uno dei modi migliori per mettere a tacere l’opposizione intellettuale. Capro espiatorio di queste persecuzioni fu il primo ballerino dell'Opera in quegli anni, Gabriel Popescu (medaglia d'oro a Mosca) che, nel 1959, venne condannato con un processo farsa. Il critico Liana Tugearu ricorda che «venne rinchiuso e percosso ai menischi» e «una volta rilasciato, non era in grado di ballare». I suoi amici, uno ad uno, portati davanti agli organi repressivi, minacciati e perfino imprigionati.


​SPERIMENTAZIONE E SCANDALI

Negli anni Sessanta, invece, quando ebbe luogo la cosiddetta liberalizzazione del regime comunista, Stere Popescu riacquista la sua posizione all'Opera e lavora anche per la televisione rumena. Il nuovo governo voleva dimostrare quanto la Nazione fosse in linea con l’Occidente, cercando di accreditarsi a livello internazionale grazie all'apertura verso la sperimentazione artistica. L'occasione avvenne nel 1965 con il Festival Internazionale della Danza a Parigi, quando per la prima volta una compagnia di balletto nazionale poté esibirsi al di fuori della Romania.

La scelta dell'allora direttore artistico,
Mihai Brediceanu – le cui capacità artistiche avevano portato a una vera e propria età dell’oro dell’Opera, espressa nel sodalizio artistico tra i ballerini Gabriel Popescu e Silvia Liciu – cadde su Il martello senza padrone di Pierre Boulez, del cui autore, fino a quel momento, non si era coreografata nessuna opera. Come coreografo responsabile, Popescu in questa occasione, per la sua scrittura di danza, si ispirò alle esperienze coreografiche espressioniste del periodo interbellico. Questa coreografia, in patria, provocò uno scandalo notevole.


​CONTRO IL COSMOPOLITISMO E L'AVANGUARDIA

​​In assenza di qualcuno da punire, una volta in patria, la responsabilità dello “scandalo” si scaricò su Brediceanu, che non solo perse la sua posizione di regista, ma fu sottoposto a processo con l'accusa di cosmopolitismo e avanguardia. Dimostrato, secondo gli accusatori, dalla decisione di aver portato a Parigi uno spettacolo “catastrofico”. Come ebbero a scrivere molti giornali dimenticando, però, di sottolinearne le critiche positive.

Questi eventi con la dipartita dell'intellighentia romena impoverirono di molto la scena culturale nazionale e rimasta solo Silvia Liciu all'Opera, anche lei decise di ritirarsi dalle scene. Gabriel Popescu, invece, avendo come allieva e partner Carla Fracci, si legò all’Italia.


​IL SUICIDIO

Rimasto in Occidente, Stere Popescu crea altri due spettacoli e, trasferendosi a Londra, insegna alla Central School of Art. Ma nonostante gli inizi promettenti e la possibilità di una nuova vita in Occidente, due giorni dopo la prima di uno spettacolo, si tolse la vita nel 1968. Monica Lovinescu, illustre rappresentante dell’esilio romeno, scrive:
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Perché si è ucciso Stere Popescu? […] Era sulla soglia dell’esasperazione. Non si permetteva un attimo di respiro. Aveva già sofferto abbastanza per poter aspettare che un simile regime evolvesse verso una libertà reale. Sentiva che la “liberalizzazione” – così si chiamava allora – non sarebbe durata, che era una trappola e chissà quale sadico esperimento. […] In un simile stato di ansia e saturazione, il gesto di rottura viene da sé, non hai nemmeno il tempo di chiederti dove ti porta. […] Non è a causa della non realizzazione artistica che si è suicidato Stere Popescu nel marzo 1968”.

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ApprofondiMENTI
QUEER E DANZA


QUEER E DANZA                                                      ANNI OTTANTA                                                      MATTHEW BOURNE

1/3/2021

 
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Sir Matthew Christopher Bourne | Ph Hugo Glendinning
In relazione alle diverse tendenze che caratterizzano la danza inglese degli anni Ottanta quello di Matthew Bourne è un caso unico. Non interessato alle composizioni astratte o alla sperimentazione di nuovi mezzi, il suo obiettivo è creare danze in cui l'elemento teatrale sia particolarmente evidente, che si tratti di un classico del balletto o di un musical di Busby Berkeley.
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Come direttore artistico di New Adventures (2002), uno dei più grandi successi culturali britannici, ha avuto il merito della creazione di un nuovo, enorme, pubblico per la danza. Da più di trent'anni crea e dirige coreografie per musical (tra cui Oliver!, 1994; Mary Poppins, 2004), teatro, film, oltre che per le sue pluripremiate compagnie. Nove volte vincitore dell'Olivier Award, Matthew Bourne e l'unico regista britannico ad aver vinto due Tony Award, come miglior coreografo e come miglior regista
(Il lago dei cigni, 1999).


​FORMAZIONE

Sir Matthew Bourne, classe 1960, a diciotto anni, nel 1978, abbandona la scuola e lavora come archivista alla BBC, come venditore di biglietti teatrali da Keith Prowse e come maschera al National Theatre. Nonostante non avesse mai frequentato una scuola, si dilettava, nel dirigere diverse compagnie amatoriali di danza. All'età di 22 anni, nel 1982, decise di iscriversi al Laban Centre for Movement and Dance a Deptford. Si diplomerà nel 1985.

Un anno ancora (1985–86) rimane al Laban Center ma questa volta come danzatore della Transitions Dance Company, gruppo interno al centro. Nel 1987, con gli amici e colleghi Emma Gladstone e David Massingham, co-fonda la prima compagnia: Adventures in Motion Pictures.
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Ballerino professionista per 14 anni, dal 1988 - membro dallo stesso anno dei Featherstonehaughs di Lea Anderson - fino al 1999 quando apparì per l'ultima volta sul palcoscenico nel ruolo di von Rothbart nel Lago dei Cigni.​​

Prima di abbracciare la danza, Bourne era fan di quasi ogni forma di arte performativa. Come confermato nelle interviste, frequentava regolarmente il teatro più di due volte a settimana. I vecchi film di musical esercitavano su di lui un fascino particolare e come studente al Laban Centre, il giovane Bourne, riceve una formazione eterogenea che includeva alcune delle principali tecniche e stili di danza: dalla tecnica Graham al balletto. E Sebbene si possa parlare di uno “stile Bourne”, è difficile definirne effettivamente gli elementi tecnici. Ma indubbiamente il vocabolario del movimento di Bourne
si caratterizza per il costante adattamento del linguaggio coreutico ad un contesto drammatico. 



​Adventures
​in Motion Pictures

1987-2002 DE-CONTESTO E TEATRALITà

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Swan Lake | Matthew Bourn, 1995
La volontà di una danza teatrale impone che la narrativa sia una costante delle creazioni di Bourne. Elementi narrativi sono sempre presenti nelle sue opere e questo contribuisce indubbiamente alla popolarità delle sue coreografie. Accessibilità dovuta anche all'innato senso della commedia di Bourne, che trova espressione nella satira tagliente, nell'ironia sottile o nell'umorismo oscuro.

Già in Overlap Lovers (1987), la sua prima opera, la magia teatrale di Bourne è immediatamente riconoscibile. Senza usare la tecnologia più recente riesce a creare immagini sorprendenti, semplicemente attingendo al linguaggio della danza. Sebbene Bourne e la sua compagnia fossero, alla fine degli anni Ottanta, una presenza familiare nella danza britannica, è nei primi anni Novanta che acquista una più ampia popolarità. Quando nel 1992, il direttore della British Opera North commissiona a Bourne una nuova versione de Lo schiaccianoci per omaggiare Ciajkovskij
nel centenario della morte.

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SCHIACCIANOCI


Nella versione Bourne lo scenario rimane quello originale ma se ne stravolge il contesto e l'azione. Un cupo ospizio vittoriano, all'interno del quale gli orfani cercano di divertirsi, è contrapposto, in modo satirico, all'ambiente lussuoso della tradizionale festa di Natale dello Schiaccianoci. Anche il Regno dei Dolci si trasforma e diventa una caricatura della società contemporanea in cui le persone, letteralmente “dolci”, si leccano a vicenda. Diversi sono i riferimenti ironici a illustri esempi coreografici del passato, come Frederick Ashton e Busby Berkeley, e il vocabolario coreutico si nutre di tecniche e stili che vanno dal balletto (anche se le scarpe da punta non vengono mai utilizzate) al ballo da discoteca. ​

Non solo coreografi, Bourne guarda anche al cinema e nello stesso anno The Percys of Fitzrovia (1992) si ispira alle opere di Noël Coward e subisce le influenze dei film di Alfred Hitchcock Deadly Serious (1992).
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LA MUSICA

Altro tratto distintivo
è il suo uso della musica. Particolarmente evidente in creazioni come
Lo schiaccianoci, Highland Fling (1994) e Il lago dei cigni (1995), in cui la danza è impostata su spartiti riconoscibili e preesistenti piuttosto che su note composte per l'occasione. Bourne cattura così l'essenza della musica originale, dandone una lettura coreografica nuova e personale, distintiva. Un esempio è la sequenza da discoteca in Highland Fling, costruita sulla partitura di Løvenskjold del 1836, La Sylphide.

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SYLPHIDE

Anche per il noto balletto del diciannovesimo secolo La Sylphide di August Bournonville, Highland Fling - sottotitolato "A Romantic "Wee" Ballet" – conserva, quasi nella sua interezza, la trama originale, mentre il tempo e il contesto dell'azione sono portati ai nostri giorni.
La Silfide diventa così, il prodotto delle allucinazioni indotte dalla droga di James. E il secondo atto, incentrato sull'inutile lotta di James per unirsi alle silfidi, diventa un'allegoria della volontà dell'uomo di superare i propri limiti. L'opera, principalmente sotto forma di parodia coreografica, è intrisa di riferimenti ad altri balletti del XIX secolo.


LAGO DEI CIGNI

Anche nel successivo Lago dei cigni, parodia e riferimenti culturali sono usati con lo stesso effetto. Con Il lago dei cigni, Bourne forse si assume il rischio di reinterpretare una delle partiture per balletto più amate del XIX secolo, il capolavoro di Ciajkovskij del 1877. Interpretato da un cast esclusivamente maschile, i suoi cigni scuotono il canone del balletto, scioccando i tradizionalisti

Il principe di Bourne è un'anima tormentata. Desidera ardentemente la libertà dal mondo costrittivo della società di corte, proiettando, questo desiderio di libertà, su un cigno maschio che, invece, ha perseguitato i suoi sogni fin dall'infanzia. In un'efficace reinterpretazione del famoso 'atto bianco', l'infelice principe si ritrova in un parco illuminato dalla luce lunare e qui incontra il cigno e il suo gruppo di cigni compagni. Ma più che ballerine in tutù, questi sono maschi, a torso nudo e scalzi.

​L'equivalente di
Bourne del malvagio Cigno nero è un giovane vestito di pelle che intrufolato al ballo reale, seduce la regina facendo cadere il principe nella disperazione. Isolato e rifiutato dalla società, il principe viene infine accerchiato dai cigni, che beccano a morte sia lui che il capo cigno. Ancora una volta i riferimenti culturali sono forti, dal balletto della farfalla che ricorda The Concert (1956) di Jerome Robbins, al ballo da sala attingendo all'immaginario dei musical di Hollywood. Ma le scene più di impatto sono, senza dubbio, quelle "bianche" o del cigno, in cui chiaro appare il genio coreografico di Bourne. ​


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CENERENTOLA

Le sue innovative riletture dei classici della danza, sempre con una forte carica erotica, continuano e gli anni Novanta si concludono con una rivisitazione della fiaba di Cenerentola (1997). Anche qui il contesto si attualizza e al pubblico del London Blitz si presenta una famiglia sessualmente disfunzionale. Il Duemila si celebra con una nuova versione de la Carmen di Georges Bizet (2000). Cambiando il titolo da Carmen in Car Man trasferisce il posto di lavoro dalla fabbrica di sigarette ad un'officina meccanica e come protagonista sceglie un vagabondo maschio, un bisessuale che si lancia in una piccola cittadina degli Stati Uniti come un uragano ormonale. 


​​New Adventures
2002-2022
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Spitfire | Matthew Bourne, 1988
La maggior parte delle produzioni iconiche di Adventures è stata riproposta per New Adventures, nuova compagnia formata da Matthew Bourne e dal suo co-regista Robert Noble nel 2002. Ma al repertorio si sono aggiunte nuove e rivoluzionarie produzioni, tra cui Play Without Words (2002, coproduzione National Theatre), Edward mani di forbice (2005), Dorian Gray (2008), Lord Of The Flies (2011, solo regia), Early Adventures (2012) una raccolta dei suoi primi lavori, e una sua personalissima versione de La bella addormentata nel bosco (2012) .

Nel 2016, New Adventures presenta la prima mondiale di The Red Shoes basato sul classico film di Powell & Pressburger con musica di Bernard Herrmann. Sempre tutto esaurito le sue scarpette rosse vincono due Olivier Awards nel 2017 per il miglior intrattenimento e per il miglior coreografo teatrale.



ROMEO E GIULIETTA

Nonostante il successo del suo Il lago dei cigni, in cui ha alterato la storia per raccontare di un maschio umano che si innamora di un cigno maschio, Bourne nel 2007 pensa ad un Romeo e Giulietta in versione gay. "Ha più a che fare con la danza che non con la sessualità", ha detto il coreografo. "Un ballerino, gay o etero, si inserisce molto felicemente in una relazione con una partner femminile. È qualcosa che ci viene insegnato, ci si adatta, sembra giusto, il sollevamento e tutta quella roba. Allontanarsi da questo, fare [cioè] un convincente duetto d'amore, un duetto romantico e sessuale, per due uomini che sia comodo da fare e comodo da guardare - non è semplice. Non l'ho mai visto."

E forse per questo, ripensandoci nel 2019 Bourne sceglie di lasciare la coppia maschio/femmina
 ma aggiornandone e re-immaginandone, nella storia, aspetti contemporanei come i divari generazionali. Questa produzione, ambientata in un centro di detenzione, filmata nei minimi dettagli da Ross Macgibbon, prende in prestito i giovani delinquenti di West Side Story, concentrandosi però su questioni di abuso, abbandono, violenza e l'eccessivo uso di farmaci da parte degli adolescenti.

Attualizzando la tragedia di Shakespeare, Bourne consente al racconto di incarnare altre forme e porre nuove riflessioni. Su come, ad esempio la nostra società curi gli adolescenti in difficoltà attraverso un'eccessiva medicalizzazione e la proliferazione di diagnosi di problemi comportamentali. Non sono certo argomenti che ci si aspetterebbe da una compagnia di danza eppure Bourne sente l'esigenza di continuare a parlare degli istituti psichiatrici, questa volta, però, concentrandosi su come si concretizzi l'assistenza istituzionale per i malati di mente. 


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THE MIDNIGHT BELL

Il 2022 vedrà la nuova produzione per il 30° anniversario di Lo Schiaccianoci e la prima dell'ultimo lavoro ideato da Bourne, The Midnight Bell, ispirato ai romanzi dell'autore inglese Patrick Hamilton.
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​CRITICHE

Alcuni critici considerano i classici reinterpretati come punti di riferimento significativi nella carriera di Bourne. Altri considerano tali opere come un segnale allarmante della mancanza di inventiva del coreografo e, in effetti, la sua versione di Cenerentola del 1997 non ha esplorato appieno le possibilità simboliche e metaforiche offerte dalla storia o dalla musica.

​Tuttavia, se analizzate in dettaglio, le sue opere rivelano un compendio delle formule coreografiche di Bourne e un'esplorazione di nuove possibilità, spesso sulla falsariga della danza contemporanea nordeuropea. Come ha confermato lo stesso 
Bourne, le sue reinterpretazioni dei classici rappresentano un'esplorazione costruttiva di nuove possibilità piuttosto che una ritirata o un cambio di direzione. 
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​COREOGRAFIE

​Overlap Lovers - 1987
Spitfire – 1988
The Infernal Galop – 1989
Town & Country – 1991
Watch with Mother – 1991
Deadly Serious – 1992
Percy of Fitzrovia – 1992
Nutcracker! – 1992
Highland Fling – 1994
Swan Lake – 1995
Cinderella – 1997
The Car Man – 2000
Play Without Words – 2002
Edward Scissorhands – 2005
Dorian Gray – 2008
Lord of the Flies – 2011
Early Adventures – 2012
Sleeping Beauty – 2012
The Red Shoes – 2016
Romeo and Juliet – 2019
The Midnigth Bell - 2022
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FILM & TV

​Drip: A Narcissistic Love Story – 1993 - BBC TV
Late Flowering Lust – 1993 - BBC TV
Swan Lake – 1995, 2011 & 2019
Nutcracker! – 2001
Matthew Bourne's Christmas - 2012 - Channel 4
The Car Man – 2001 & 2015
Sleeping Beauty – 2013
Cinderella – 2017
Romeo and Juliet – 2019
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Fonti
traduzioni di Davide Monetto
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www.new-adventures.net
Giannadrea Poesio, Matthew Bourne in Fifty Contemporary Choreographer, Martha Bremser, Routledge 1999

Cunningham, John (16 September 2000). "The Guardian profile: Matthew Bourne: Coming on in leaps and bounds". The Guardian.
Mackrell, Judith (19 November 2002). "Up close and personal: The man behind Adventures in Motion Pictures tells Judith Mackrell why he is giving up on glitz and going back to basics". The Guardian..
"Spotlight on Matthew Bourne". BBC Blast. Archived from the original on 6 April 2008. Retrieved 9 October 2007. – an interview with Matthew Bourne with advice for teenagers.
 "No. 61450". The London Gazette (Supplement). 30 December 2015
 "Swans' Way; Why Matthew Bourne's dances are different." The New Yorker (12 March 2007): 40–46
Macaulay, Alastair (ed.) (1999). Matthew Bourne and His Adventures in Motion Pictures: In Conversation with Alastair Macaulay. London: Faber and Faber. ISBN 0-571-19706-X.
"New Adventures Charity: Company number 06548321". Companies House. Retrieved 18 June 2021.
"Matthew Bourne's The Car Man at The Royal Albert Hall - June 2021". LondonTheatre1. 2020-12-03. Retrieved 2021-06-18.

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Approfondimenti
​QUEER E DANZA


QUEER E DANZA | ANNI OTTANTA | LEA ANDERSON
QUEER E DANZA | ANNI OTTANTA | MICHAEL CLARK
QUEER E DANZA | ANNI OTTANTA | LIOYD NEWSON
QUEER E DANZA | ANNI SETTANTA | TROKADERO BALLET

QUEER E DANZA                                                  ANNI SESSANTA                                                    BALLROOM

1/3/2021

 
Foto
ph Anja Matthes dalla serie The Atlantic, 2019


​ballroom community

Con espressioni quali ball culture, house system, ballroom community ci si riferisce ad una sfaccettatura  della cultura queer, soprattutto americana, caratterizzata da vere e proprie competizioni dette ball. Momenti aggregativi, durante i quali si sfila, si danza, si compete in drag, secondo categorie stabilite per scimmiottare identità di genere e classi sociali. Anche se si parla di queer ball già a partire dal 1869, la prima ball ufficiale risale al 1964.
​

Luoghi fumosi e clandestini, le ball erano i soli posti in cui rifugiarsi ed esprimere sé stessi in sicurezza, sfilando fieri nei propri costumi di fronte ad una giuria. Anche se nei primissimi anni, le ball si componevano perlopiù da bianchi e da regine nere - che si sbiancavano inseguendo i canoni imposti dal magazine Vogue - successivamente si aprirono anche le black ball, espressione di coraggio e di orgoglio tanto omosessuale quanto razziale. 

Dette anche "funzioni", le ball, venivano pubblicizzate attraverso flyer su cui si indicavano il nome della house organizzatrice, il tema da rispettare, l'uso degli accessori, l'abbigliamento, il trucco e le categorie ammesse. Influenzati dalla moda hip hop e dalla musica, le ball possono durare fino a 10 ore, con decine di categorie in un'unica serata. Alcuni trofei sono alti 3,7 metri e il premio finale può superare i mille dollari.

 
​parodia | aderenza stile danza

​La Grand March, in cui si presentano “figli” e capifamiglia, madre o padre che siano, rappresenta la cerimonia d'apertura. Da qui, la competizione, a volte molto poco sportiva, avrà inizio e sarà commentata da un MC. La giuria verificherà il rispetto e l'aderenza alle categorie stabilite.

Il rapporto con la moda è strettissimo
e i costumi o i vestiti servono proprio per calarsi nella parte, trasformando le ball in luoghi in cui l'eleganza, l'opulenza, la cura del dettaglio, la ricerca della perfezione si uniscono per dare vita a una vera competizione in cui le doti interpretative e stilistiche sono essenziali.

​
I partecipanti sono giudicati, infatti, non solo in base all'abilità nel ballo (il voguing già noto in questi anni) ma soprattutto nella cura del vestito e dell'atteggiamento, devono mostrare una appropriata realness. Nonostante alcune sfilate includano il crossdressing, nella maggior parte dei casi lo scopo è quello di accentuare la mascolinità o la femminilità come parodia dell'eterosessualità. 
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​identità e liberazione

Per quanto il clima da ballroom sia la messa in scena di un tema, quello che potrebbe apparire una carnevalata, nasconde in ogni gesto, musica, sguardo e sforbiciata di gambe, un complesso e quanto mai sofferto processo d'identità e liberazione.

​Percorrere la passerella rappresenta un atto rivoluzionario, un imporsi, un esistere anche quando il contesto sociale non vuole vedere. Ma quello delle ballroom non è soltanto un patrimonio culturale, educativo, performativo, ma la sua storia è anche fatta di momenti per rafforzare la memoria collettiva sul tema dell'Hiv. La comunità transgender e queer, infatti, è stata completamente decimata dalla malattia con il bum negli anni Ottanta. A tal proposito, già negli anni Novanta, è nata la House of Latex che durante le ball distribuiva volantini e depliant informativi. La Latex Ball continua tuttora a organizzare ball scegliendo tematiche che sensibilizzino il pubblico verso la lotta e la prevenzione dell'HIV.

In America, negli anni Sessanta, lo scontro razziale raggiunge il suo apice, profetizzando la crisi degli anni Settanta. Essere neri, omosessuali, drag o transgender voleva dire non avere vita facile, e la volontà di superare questo stato di cose, che inglobava minoranze nelle minoranze, portò all'intensificazione dei movimenti per i diritti omosessuali.


Contesto 

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A scene from Kent MacKenzie's 1961 film 'The Exiles,' shot outside a Cooper Do-nuts in Bunker Hill, Los Angeles MILESTONE FILMS

​Negli anni Cinquanta e Sessanta pochissimi stabilimenti accoglievano gay. Quelli che lo facevano, a causa della natura illegale, erano gestiti da gruppi criminali, raramente gay. Questi bar venivano chiusi progressivamente e i loro clienti arrestati e esposti sui giornali. In più la Federal Bureau of Investigation (FBI) e i dipartimenti di polizia degli Stati Uniti tenevano elenchi di omosessuali noti e delle loro relazioni; l'ufficio postale degli teneva traccia degli indirizzi a cui veniva spedito materiale relativo all'omosessualità. In tutte le città si effettuavano "scoperte" per liberare quartieri, parchi e spiagge dai gay. Si vietava l'uso di abiti di genere opposto e le università espellevano i docenti sospettati di essere omosessuali. 

Sebbene questi eventi siano oggi poco ricordati, confermano che le proteste non si limitavano ad una sola città. Infatti, sono i moti di Stonewall ad essere considerati l'impulso del moderno movimento di liberazione gay. Ma, in realtà, una serie di manifestazioni di resistenza civile hanno avuto luogo prima di quella data, già a partire dal 1959. Queste azioni, spesso organizzate da associazioni omofile, denunciavano la discriminazione nel lavoro e negli alloggi pubblici, l'esclusione dall'esercito, le molestie della polizia, il trattamento degli omosessuali nella Cuba rivoluzionaria.

Piccola rivolta, in risposta alle molestie della polizia, è quella avvenuta nel maggio 1959 al Cooper Do-nuts cafe a Los Angeles. Dieci anni prima delle più note rivolte di Stonewall a New York, è considerata oggi, come la prima moderna rivolta LGBT negli Stati Uniti. Anzi, gli avvenimenti del 1969 figurano più come la punta dell'iceberg di un decennio pieno di proteste. Scopriamo quali.


​prima di stonewall

→ 19 settembre 1964 | New York | Per protestare contro il trattamento riservato ai gay da parte dell'esercito americano
→ 2 dicembre 1964 | New York | Per protestare contro il modello di malattia dell'omosessualità
→1 gennaio 1965 | San Francisco | Per protestare contro l'azione della polizia
→ 17 aprile e 18 aprile 1965 | Washington, New York | Per protestare contro Cuba e le politiche degli Stati Uniti sull'omosessualità
→ 25 aprile 1965| Filadelfia | Per protestare contro la politica di esclusione gay dai ristorante
→ 29 maggio 1965 | Washington | A sostegno dei diritti dei gay
→ 4 luglio 1965 | Filadelfia | Picchetto informativo generale
→ 26 settembre 1965 | San Francisco | A sostegno di un sacerdote pro-gay
→ 23 ottobre 1965 | Washington | A sostegno dei diritti dei gay
→ 21 aprile 1966 | New York | Per contestare il divieto dello stato di servire alcolici ai gay
→ 21 maggio 1966 | LA, NY, Filadelfia, San Francisco, Washington | Per protestare contro l'esclusione degli omosessuali dalle forze armate degli Stati Uniti
→ 18 luglio 1966 | San Francisco | Per protestare contro le molestie e il diniego di servizio di un ristorante
→ agosto 1966 | San Francisco | Per protestare contro le continue molestie
→ settembre 1966 | Chicago | Per protestare per essere ignorati dalla stampa
​→ 1 gennaio 1967 | Los angeles | Per protestare contro i raid della polizia nei bar gay
→ 11 febbraio 1967 | Los Angeles | In solidarietà con altri gruppi minoritari della città
→ 17 marzo 1968 | Los Angeles | Per protestare contro le molestie da parte del LAPD
→ 23 aprile 1968 | New York | Per protestare contro l'omosessualità come malattia mentale
→ 9 maggio 1968 | Newtown | Per protestare contro la cancellazione del dibattito sull'omosessualità
→ 30 maggio 1968 | Los Angeles | Raduno generale
→ agosto 1968 | Los Angeles | Per protestare contro un raid della polizia a The Patch, un bar gay
→ aprile 1969 | San Francisco | Per protestare contro il licenziamento di un attivista gay
→ maggio 1969 | San Francisco | Per protestare contro il licenziamento di un dipendente sospettato
→ 28 giugno 1969 | New York | Stonewall

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QUEER E DANZA                                                      ANNI OTTANTA                                                          LEA ANDERSON

1/3/2021

 
Foto
Lea Anderson presenta Tights, Camera, Action diretto da Margaret Williams per Channel 4


INSODDISFAZIONE

Una delle scoperte più brillanti della danza britannica contemporanea, a metà degli anni Ottanta, è stata Lea Anderson. Unica donna dei quattro artisti di questa decade tutta inglese, Anderson, con i colleghi di allora, condivideva l'insoddisfazione per un certo modo di intendere la danza.

Se i
DV8 puntavano a trovare nuovi argomenti da mettere in danza, e Michael Clark cercava di svecchiare le accademie includendo la cultura dei club e quella pop, Anderson incolpava la danza moderna di essere poco brillante nel modo in cui formava i giovani danzatori. Temeva, già allora, che i video pop e gli spettacoli del West End potessero essere il massimo dell'ambizione, e che i giovani danzatori fossero più interessati a quanto avrebbero guadagnato piuttosto che fare ciò che realmente desideravano. “Proprio come l'industria musicale, dirà la coreografa, sembra essere tutto incentrato sul marketing. So che suonerò come una gran dama ma il cuore e l'anima non sono lì."
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​DANZA E PROVOCAZIONE

Oggi Anderson è un'artista indipendente e lavora con la compagnia gallese Ladies & Gentlemen che ha co-fondato, nel 2011, con il compositore Steve Blake. Ma è conosciutissima, fuori e dentro i confini britannici, per le due compagnie formate negli anni Ottanta: The Cholmondeleys, gruppo tutto al femminile, inaugurato nel 1984 e The Featherstonehaughs, fondato quattro anni dopo, nel 1988, ensemble totalmente maschile. Entrambe sono due delle principali compagnie di danza contemporanea che hanno lavorato in Gran Bretagna negli ultimi 25 anni. Creando un linguaggio coreografico distintivo, tanto provocatorio quanto riconoscibile, per le due compagnie Anderson ha coreografato oltre 100 opere originali, promuovendo il suo stile e la propria visione della danza.​


​PREMI E RICONOSCIMENTI

Durante la sua carriera Anderson vince svariati premi. Un certo numero di premi Time Out e Dance Umbrella, il premio Bonnie Bird Choreography. un MBE nel 2002 per i servizi alla danza e nel 2006 riceve un dottorato onorario in arti dal Dartington College of Arts. Crea lavori per la televisione, il video e il cinema. Questi includono due serie di Tights, Camera, Action per Channel 4 TV (1992 e 1994) che ha scritto e presentato, e nel 1997 coreografa il lungometraggio di Todd Haynes, Velvet Goldmine. Nel 2014 Anderson viene nominata Regents Professor presso l'Università della California a Los Angeles dove crea Performed Exhibition of Costume (Quick Change), presentato nel 2015 in collaborazione con il V&A Museum. La carriera come insegnante continua e la vede in cattedra al Central St Martins (UAL) e Trinity Laban. I film di Anderson Flesh and Blood e Cross Channel sono stati designati come testi di set nelle scuole per GCSE e A-level Dance and Performance Studies nel Regno Unito. Attualmente è mentore di artisti di varie discipline tra cui cinema, design, musica, circo e danza.
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Superare i generi
anni 80 e 90
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Foto
Yippeee!!! | Lea Anderson 2006 - 2019, ph Pau Ros

FORMAZIONE ECLETTICA

Classe 1959, Lea Anderson nasce a Londra, dove i suoi genitori gestivano una bancarella. Cresciuta, si forma in arti visive al St. Martins College of Art and Design. Preferendo però concentrarsi sulla danza si scrive al Laban Center dove si laurea, nel 1984, a venticinque anni. Una formazione eclettica che ben spiega il suo talento visivo e la sua prima abitudine nel costruire scritture di danza brevissime. Una delle ragione per la brevità, e la cura dei dettagli, riguardava sicuramente i locali in cui si esibiva (Anderson aveva gestito gruppi rock prima di emergere al Laban): club angusti, pub rudi, persino uno spazio in un tunnel sotto il Tamigi.

Con alcuni ex studenti - Teresa Barker e Gaynor Coward - Lea Anderson, una volta laureatisi nel 1984, co-fonda la compagnia tutta al femminile The Cholmondeleys, un trio esilarante e sorprendentemente originale chiamato come un dipinto elisabettiano della Tate Gallery. 


​The Cholmondeleys

​Con i suoi collaboratori Anderson condivideva una visione del comportamento umano espressa in movimento del tutto diversa da quella di chiunque altro. Il vocabolario cinetico dei Cholmondeleys si nutriva del linguaggio del corpo di tutti i giorni mescolato con immagini, o momenti colti dal cinema, dalle riviste o dalle arti plastiche. Il suo uso inventivo delle maschere celtiche, delle danze spagnole, delle mosse sportive sono un'ulteriore conferma del suo sguardo onnivoro. E la danza, dunque, era imbevuta di qualità "pop", ma piacevolmente priva di prevedibilità o cliché. E il suo senso ritmico, a detta di alcuni critici, era ossessivamente ordinato, quasi rigido. 

I primi pezzi dei Cholmondeley erano deliziosamente aridi, desiderosi, con ironia, di togliere la polvere dalle regole formali della danza. Infatti, in The Cholmondeley Sisters del 1984, Anderson e Barker, sottilmente, beffeggiano gli stereotipi classici concentrandosi su distrazioni (dolci, rossetto, forcine) piuttosto che su pose accademiche. Un anno dopo, con il ritualistico Dragon, nel 1985, mette in scena tecnica e consapevolezza con una sorta di canone in cui ogni nuovo danzatore ripeteva le stesse mosse, feroci e ponderate, eseguite dal primo. Baby, Baby, Baby (1986), uno dei loro balli più popolari, era perfettamente sincronizzato con le musiche di Nina Simone e caratterizzato dalle “dita svolazzanti” a cui Anderson è tanto affezionata. In Marina (1986), mosse vagamente acquatiche si enfatizzavano emotivamente con frammenti di Bizet, Verdi e Rossini, e in No Joy (1987) il linguaggio dei segni e la manipolazione facciale erano usati per dare suggerimenti angoscianti sui livelli di potere e i limiti della comunicazione. 

Man mano che i Cholmondeley si espandevano per includere nuovi membri - la defunta Rossana Sen, Emma Gladstone (un ex membro di Adventures in Motion Pictures di Matthew Bourne) e Alexandra Reynolds (ex metà delle Sisters Bon Bon), cresceva in Anderson l'interesse per la coreografia al maschile. In Clump (1987), una delle prime opere di soli uomini - astuto esame dei meccanismi di gruppo - Anderson mette in scena un gruppo di sei che si pavoneggiano, calpestandosi, al ritmo del motivetto Tweedledum-Tweedledee. Un anno dopo, nel 1988, inaugurerà The Featherstonehaughs, compagnia formata da soli uomini.


​The Featherstonehaughs

Lavorare con entrambi i sessi ha permesso a Anderson di mettersi alla prova su una scala più ambiziosa. Dall'inaspettata epopea Flag (1988), in cui le due compagnie hanno esplorato insieme i cliché e gli schemi del nazionalismo, ha rischiato con spettacoli simili a collage, spesso costruiti attorno a un tema. Le loro esibizioni, dallo stile vivace, spiritoso e ingannevolmente casual, sono una raccolta, apparentemente vaga, di sofisticati giochi basati sulla danza.

​Corteggiatissime per la volontà di esibirsi in spazi e luoghi non teatrali, le due compagnie lavorano in festival, tv, film, video, e concedono al pubblico un'esperienza visiva intrigante che unisce musiche originali a collaborazioni con scenografi, costumisti e lighting designer. 


Per questo, e molto altro, entrambe le compagnie sono state enormemente influenti per lo sviluppo della danza nel Regno Unito. Con entrambe le compagnie crea Birthday nel 1992 - miscela frizzante di divertimento e malinconica anarchia - e Precious nel 1993, spettacolo basato su aspetti dell'alchimia che include alcune delle coreografie più riuscite e libere di Anderson. 

Inoltre, la sua capacità di prendere la cultura pop e il kitsch, di pizzicarli, torcerli e sovvertirli ai propri scopi, unita all'applicazione delle tecniche di montaggio cinematografico alla danza - al fine di cambiare il focus sul palcoscenico - e alla sua inclinazione a sbeffeggiare i modelli sociali, conducono Anderson a produrre, in questi anni, le sue opere migliori. Questi sono gli anni delle prime commissioni da parte del mondo della danza e del teatro, ma anche il periodo di progetti innovativi e su larga scala.

Nel 1989 il governo francese la invita a Parigi per coreografare la sezione britannica di una parata per le celebrazioni del bicentenario della Rivoluzione francese. Due anni dopo, nel 1991, mette in scena a Leicester l'Opéra sportif, evento teatrale all'aperto dedicato all'atletica leggera con oltre cento artisti.
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​FRA MASCOLINITà E FEMMINILITà

​Dal 1988, quindi, fino al 2011 la coreografa si muoverà sul doppio binario delle due compagnie.

​Flesh and Blood (1989, versione rivista nel 1997) porta le sole Cholmondeley in uno stato più introspettivo, attraverso un pezzo che riflette sull'ossessione e sul fanatismo alla Giovanna d'Arco. Cold Sweat (1990) concede al pubblico una diversità di climi e il modo in cui, il mix di sensazioni, influenzi il movimento e l'umore. Walky Talky (1992), ambientato dentro e intorno a un letto enorme, impiega il testo parlato e una dolce sensualità per aiutare a portare l'intimità fraterna dei Chums in primo piano.
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Ispiratasi ai road movie, Anderson in Metacholica (1994) porta sul palco sette donne motocicliste in cerca di fuga. Con Car (1995) invece, la compagnia si libera dal confinamento dei teatri e si mette in viaggio, girando in spazi pubblici della Gran Bretagna, con tre spettacoli di 15 minuti ambientati dentro, sopra e intorno a un'elegante Saab 9000. Esaminando il ruolo dell'automobile come icona, le Cholmondeleys sono apparse come Catwoman, Jackie Kennedys il 22 novembre 1963 e dadaiste vestite con abiti al contrario.

I Featherstonehaughs, dal canto loro, hanno sviluppato un'identità collettiva ben distinta, attraverso un immaginario visivo che spazia dai film di cowboy e gangster ai tableaux religiosi. Dalla boxe allo spettacolo mainstream. Sia The Show (1990), Big Feature (1991) e The Featherstonehaughs Go Las Vegas (1995) consistevano in brevi pezzi serrati, messi insieme per una banda coinvolgente di ragazzi, privi dell'atteggiamento da macho. 

​Immacolata Concezione (1992), ambientato all'aperto, cerca di fondere gli effetti del film noir con gli affreschi rinascimentali. The Bends (1994-1995), in origine messo in scena come parte di uno spettacolo notturno in un club di Londra, si ispira ai film Das Boot e Performance. Per The Featherstonehaughs Draw on the Sketch Books of Egon Schiele del 1998, ha unito la sua estetica fastidiosa e seducente a quella del pittore viennese, educato e morboso, con risultati sorprendenti.
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​CRITICHE

Foto
Dancing On Your Grave, The Cholmondeleys e The Featherstonehaughs, 2008
Anderson ha deluso alcuni critici britannici, specialmente quelli che aderiscono a un credo più tradizionale. Le incolpano di non essersi evoluta molto se non al di là del piccolo talento scherzoso degli esordi. Che non si spinge oltre l'invenzione di vignette assurde, rimanendo bloccata in solchi coreografici, per di più scegliendo danzatori, come lei, incapaci di virtuosismo. Certo, alcuni dei suoi lavori possono sembrare più intelligenti che ispirati, e come succede a molti suoi colleghi,  ha avuto una stasi coreografica generata, forse, dall'eccessiva routine. 

Eppure Anderson è tutt'altro che "esaurita" e a quasi quarant'anni di carriera continua a presenziare nei cartelloni delle più grandi istituzioni.  Alcune citazioni a partire dagli ultimi anni⤵
2016 | Hand in Glove – a Performed Exhibition of Costume and Dance, in partnership con il V&A Museum
2017 | Huaca, commissione British Council per l'Elenco Nacional Folclorico del Peru a Lima
2018 | Fat Blokes, per Scottee Provarlo al Bristol Museum and Art Gallery | Los Amores de Marte y Venus, commissione British Council per Danza Contemporanea de Cuba
2019 | Laberinto, commissione Compania Danza PUCP a Lima | La guida degli alieni alla danza andata male, commissione compagnia Maiden Voyage, Belfast. Nel 2019 Anderson è stata artista in residenza all'Horniman Museum di Londra e creative fellow al The Bill Douglas Cinema Museum dell'Università di Exeter 2019 -2020.
Durante il lockdown crea Elvis Legs (Quarantine Mix), un lavoro di danza d'insieme a distanza, finanziato tramite Kickstarter e girato su Zoom.


​COREOGRAFIE

​1984 The Cholmondeley sisters | Ascension | Health and effiency
1985 Dragon | Baby baby baby | La Paloma | Crouching | Tales from arabian nights | Softas your face | Chasing flies is best left to crows | The panda lady | Knifemen of barcelona | Kolo | Pole dance | Heel in the earth 
1986-1988 No joy | Marina | Fishwreck Pastorale | The big dance number | Signals | Carriage of arms | Renoir, Mon tricot | Parfume de la nuit | Venus in mourning | The futurists | Clump | Slump 
1989 Flag | Flesh and blood (1997, 2010) | The Show | Just So | The Earl O'Murrey
1990 Factor 6 | Marseillaise | Cold sweat | Le Jeu interior de tennis
1991 On | Big feature | Opera Sportif
1992 Walky talky | Immaculate conception | Birthday | Perfect moment | khovanschina
1993 Precious | Dirt
1994 Metalcholica | Cabaret | The Bends
1995 The Featherstonehaughs go Las Vegas | Car
1996 Mask of Orpheus | An Audience with the Victims Death | Offal Dance for Scott Walkers Meltdown
1997 The Featherstonehaughs draw on the sketchbooks of Egon Schiele (rifatta nel 2010)
1998 Out on the Windy Beach | Stagazer
1999 Smithereens
2000 Offal dance 
2001 3
2002 1 & 1/2 | Performance Perfect
2003 Double take (vers. lunga 2004)
2005 Bridge
2006 Flag 2006 | Yippee!!
2007 Toothpaste Kisses
2008 Dancing on your grave | Russian roulette
2010 Edits
2014 Ladies & Gentlemen


FONTI
traduzioni di Davide Monetto

 www.leaanderson.com
 www.thecholmondeleys.org
 Bremser, Sanders, Fifty contemporary choreographers, Routledge 2011
 Lea Anderson - Breaking the Boundaries of High Art by Sheri Dodds Archived 2007-11-15 at the Wayback Machine Dancing Times, Ltd.. Retrieved 2007-12-10
 The London Gazette (Supplement), 15 June 2002
 Dance without the boring bits, Keith Watson, The Guardian 11 September 1999
 Lea Anderson Q&A with Tanja Mangalanayagam
 Lea Anderson: Ladies and Gentlemen review – a surreal music-hall gem, Sanjoy Roy, The Guardian, 2015
 www.trinitylaban.ac.uk/alumni/alumni-profiles/lea-anderson
 www.artscouncil.org.uk/rfo/the-cholmondeleys-and-the-featherstonehaughs


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