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I due elementi dell'attore sono il corpo e la voce. Entrambi devono possedere flessibilità e manifestarsi in palcoscenico in uno stato di calma piuttosto che di tensione. Per ottenere ciò il corpo e la voce devono essere fisicamente allenati.
Trevor Griffiths
Kostantin Sergeevic Stanislavskij
la personificazione, ovvero il rilassamento muscolare come base per lo sviluppo dell'espressività fisica, dell'impostazione della voce e del movimento scenico.
La reviviscenza, raggiunta attraverso l’immaginazione conduce all'identità più completa tra vita reale e vita del personaggio. A questo proposito, Stanislavskij sottolinea che una profonda reviviscenza può essere deformata se l'attore non ha un fisico allenato per trasmettere con intensità ciò che sente.
Antonin Artaud
«Ciò che il teatro può ancora strappare alla parola, dice Artaud, sono le sue possibilità di espansione oltre le singole parole, nello spazio; ed è a questo punto che interviene il linguaggio visivo dei movimenti e dei gesti».
Jerzy Grotowski
Non bisogna pensare durante gli esercizi, ma elaborare solo il primo impulso che emerge, anche se questo vorrà dire svolgere l'esercizio diversamente dagli altri.
Il corpo deve lavorare sempre per primo, solo dopo viene la voce.
Non solo la mente, tutto il corpo deve essere partecipe dell'azione teatrale.
gb
APPROFONDIMENTI
CORPO E TEATRO
IL SEGNO PRECEDE IL SIGNIFICATO
Pensiamo alla “scrittura automatica”, che nata nell’alveo surrealista - da Andrè Masson che forse è il primo artista a ricorrere ad una pittura gestuale; A Jackson Pollock, che tra il 1946 fino alla morte nel 1956, praticava il "dripping", spandendo direttamente i colori nelle tele disposte nel pavimento per “essere dentro il quadro”.
Ad artisti americani come Wilhelm De Kooning, Franz Kline, Sam Francis che praticavano l’Action Painting o l'Espressionismo astratto, in cui il coinvolgimento nello spazio fisico del dipinto attraverso il gesto corporeo si pone come antefatto importante, così come l'opera di Georges Mathieu, l’artista che teorizzò che “il segno precede il significato”, e delle quali opere si è parlato di Tachism, a conferma del legame strettissimo fra corpo dell'artista e mezzo.
NEODADAISMO
Ricordiamo Piero Manzoni che dopo aver visto i Monocromi blu di Klein esposti a Milano alla Galleria Apollinaire, elabora gli Achromes, grandi superfici bianche di colla e caolino, e va oltre. In due performances, Sculture viventi e Basi magiche, esalta il corpo dello spettatore ad opera d'arte. In Sculture viventi, alla Galleria La Tartaruga di Roma nel 1961, Manzoni compone delle sculture viventi: modelle e persone autografate dall’artista e accompagnate da un attestato di autenticità. Su ogni documento l’artista metteva un timbro: se rosso, la persona era per intero un’opera d’arte e sarebbe rimasta sempre tale; se giallo tale ‘status’ era limitato a certe parti del corpo; se verde era vincolato a particolari attività come dormire o correre; se porpora, quando l’artisticità del corpo era stata comperata. La seconda performance, sempre del ’61, elevava lo spettatore a opera d’arte finché permaneva sopra la Base magica, cioè un piedistallo di legno.
Nouvelle Réalisme
Joseph Beuys, parallelalmente, lascia le ‘opere povere’ e si offre agli happenings. Costruiti sulla “Selbstdarstellung” (rappresentazione di sé), Beuys alimenta la sua arte e si avvicina, negli anni Settanta, al linguaggio muto della Body Art, imbevendolo della lotta contro la mercificazione dell’arte e contro un’impostazione eccessivamente marxistica o capitalistica della società, attraverso la difesa dei valori “spirituali” - geistlich - con una forte carica teatrale. Nelle sue performance, Beuys mette in gioco il suo corpo e i suoi attributi per farne un simbolo universale. E lui, il suo corpo, sacerdote laico, a persuadere il pubblico su temi etico-estetici e politico-spirituali, nella speranza che un corpo nuovo, più consapevole, conduca ad un mondo non nuovo, ma migliore.
WIENER AKTIONISMUS
Legato ai misteri pagani, con il richiamo al sacrificio esercitato sugli animali, ma anche alla passione cristiana, con performance legate a crocifissioni e squartamenti di animali è Hermann Nitsch che si accosta all’idea di un’”opera d’arte totale” che vorrebbe avere finalità catartiche e liberatorie e darà poi luogo al Das Orgien Misterium Theater (1973) (Teatro delle Orge e dei Misteri), dove giovani partecipanti (e talora spettatori) si imbrattano il corpo ignudo con le interiora sanguinanti strappate soprattutto ad agnelli, uccisi in una sorta di messa nera parossistica, sia in gallerie d’arte che all’aperto, in spazi pubblici. Alcune tele di Nitsch sono costituite dal sangue animale rappreso, colato nella superficie del ‘dipinto’. In questo caso il corpo è al centro dell’opera e, sia pure nell’effimera sequenza degli accadimenti, sostituisce la tela dipinta con l’esplicita assunzione di dipingere con i colori del sangue, poiché “il corpo poteva guarire attraverso un rituale pagano-cristiano”.
Günter Brus (Ardning, 1938) tematizza la repressione delle pulsioni umane, con chiaro riferimento alla sessualità. In una delle azioni Brus si era fasciato come una mummia per interrompere la normale comunicazione tra corpo e ambiente. Otto Mühl (Grodnau 1925) è più vicino a Nitsch nel dar vita invece a happennigs di gruppo, dove è grande il coinvolgimento emozionale, mescolando corpi umani viventi, con oggetti e materiali diversi imprimendo all'azione una forte carica vitalistica, con una chiara finalità catartica.
VITO ACCONCI
L’interesse di Acconci verte sulla consapevolezza cognitiva e mentale circa le zone ‘estetiche’ del corpo: la faccia e la sua mimica, la sessualità e la dimensione auditiva, cercando di dar loro la massima espressione corporea. Nella sua ricerca Acconci è interessato a esplorare i confini tra corpo e ambiente circostante: il corpo è un ‘luogo’ che può penetrare o essere penetrato, in cui operano, per mezzo di convenzioni comunicative e valori i limiti fisici e sociali entro i quali ciascuno delinea la propria autonomia.
Gilbert & George
La prima performance che ci sia nota è del 1969 e s’intitola Our new Sculture (1969) in cui ben vestiti, con la faccia dipinta d’oro, Gilbert & George si muovono su un tavolo come fossero due automi, al suono di una vecchia canzone inglese, con effetti esilaranti. In una ulteriore performance, intitolata The singing Sculture (La scultura canterina) del 1970, cantano loro stessi. Spesso pubblicano la rielaborazione delle loro fotografie, come in Street, o addirittura ricompongono con rielaborazioni fotografiche a colori le loro riprese di performances, in grandi composizioni di una notevole ricchezza immaginativa, con gusto inappuntabile, come le abbiamo viste esposte al Padiglione della Gran Bretagna per la Biennale di Venezia del 2005.
gb
APPROFONDIMENTI
CORPO E ARTE
Autore
Giovanni Bertuccio
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