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QUEER E ARTE                                                        SECONDO NOVECENTO                                              VIENNA | CORPO RITO AKTION

1/3/2022

 
Foto
Günter Brus, Peter Weibel, Otto Muehl e Oswald Wiener | Kunst und Revolution, 1968


​REAGIRE AL MONDO

​Nel secondo Novecento, il corpo acquista sempre più potere all'interno del sistema dell'arte, divenendo mezzo - di denuncia - e fine insieme, con la comprensione di aspetti che la ragione, nel corso dei secoli, ha trattato come immonde, non appartenenti, cioè, al mondo che razionalmente aveva creato. Non si guarda più al mondo ma, adesso, si reagisce al suo contatto.

L'arte ha avuto a lungo per emblema l'occhio e il suo potere, dopo le guerre non è più la vista, il più intellettuale dei sensi, e appagarla non è nelle preoccupazioni degli artisti. Sarebbe la nausea a renderli lucidi e nella loro arte importante sarà il disapprendimento di quel disgusto pazientemente inculcato.

Se la lontananza dalla società era la caratteristica principale dell'Art brut, l'arte del corpo si proietta totalmente verso l'esterno. Il suo bersaglio diviene la società con i suoi finti valori, falsi profeti e infiniti tabù, facendo dell'arte il mezzo privilegiato per un ritorno all'ordine.


ARTE COME FETICCIO  

​Nell'arte del dopo guerra, il concetto di riti di passaggio formulato da Gennep, Lévi-Strauss e Turner è stato il punto di partenza di elaborazioni teoriche riguardanti la cultura e l'arte. Per riti di passaggio in etnologia si intendono gli adempimenti rituali con i quali si tenta di controllare e sostenere fasi di cambiamento rilevanti nell'ambito individuale e collettivo. Si parla di una fase di separazione, di una fase intermedia e infine di una fase di integrazione nella quale viene raggiunta un'identità nuova. E così nel processo creativo, all'inizio di un'opera artistica c'è spesso la dimostrazione, la trasvalutazione radicale dei valori, e, di conseguenza, un gesto grazie al quale si apre una nuova via.

Nel corso degli anni Sessanta le posizioni degli Aktionisten presentano strutture simili. Nei primi anni gli artisti si liberano di un concetto di arte tradizionale sentito come vuoto, e in una fase intermedia sperimentano la costruzione di un vocabolario performativo. Alla superficie figurativa gli Aktionisten muovevano la critica di essere un feticcio artistico a fondamento di una cultura della rappresentazione rigorosamente canonizzata.


SPERIMENTAZIONE

​E nel caso dei protagonisti viennesi questa dinamica prese avvio con la critica all'informale e al tachisme europei, e nel caso della scuola di New York, con un'estrema prosecuzione dell'action painting di Pollock.

Analogamente al gruppo giapponese Gutai,
anche ai Wiener Aktionisten riesce di ampliare, in modi espressivo-strutturali e rapportati al corpo, l'astrazione gestuale di Pollock (che già andava al di là della superficie figurativa), inserendola in uno spazio performativo, modificando il concetto di arte.

Questo mutamento di paradigma, dall'immagine all'azione corporea, tra il 1963 e il 1967 osserva una fase sperimentale di sviluppo di testi-immagine e forme d'azione individuale. Soprattutto in questo periodo, lo “sguardo chirurgico” dell'obbiettivo fotografico - come osservò Walter Benjamin -  fu impiegato come mezzo di controllo nello sviluppo delle strutture dei differenti linguaggi artistici. La cosiddetta “fotografia inscenata del Wiener Aktionismus” condusse ad affascinanti invenzioni figurative che ancora oggi influenzano le icone del dialogo tra arte figurativa, performance e fotografia.


​AGITAZIONE

​​Attorno al 1966, superata la fase sperimentale, gli artisti erano pronti per un ulteriore coinvolgimento pubblico e dopo la partecipazione al Destruction in Art Festival di Londra, tra il 1967 e i primi anni Settanta, aprirono la fase agitatoria, inserendosi come parte radicale all'interno del movimento del Sessantotto.

Muovendo da questa rivolta, al principio degli anni Settanta gli Aktionisten danno forma definitiva a posizioni del tutto originali. In questa fase, conclusiva e di integrazione, attorno al 1970, gli artisti raggiungono posizioni pienamente mature e un concetto di arte intensamente ampliato con fondamento performativo.

A partire da Fuoco Fatuo, Gunter Brus si muove in uno spazio soggettivo le cui forme dinamiche sono improntate al dialogo testo-immagine. Nelle cosiddette Bilddichtungen (Poesie-immagini), progetta ambientazioni drammatiche all'interno di un fantasmagorico spazio concettuale individuale, in cui la sua fantasia si effonde nel linguaggio e nell'immagine con illimitata libertà. Hermann Nitsch amplia in passi concentrici la sua opera d'arte totale costituita dal Teatro di Orge e Misteri in una, come egli la definisce, Festa esistenziale della durata di sei giorni. E Otto Muehl, il “mago della risata tragica”, inizia con un'opera figurativa, edonisticamente straripante, la cui involontaria libertà formale può essere rieseguita soprattutto sullo sfondo della già citata società alternativa della Aktions-Analystische Kommune (Comunità di analisi dell'azione) da lui elaborata.


​
Fonti
1 H. Klocker, Wiener Aktionismus, Wien, 1960-1971, in Genio e follia, 2009
2 Cfr. D. Riout, in Ai confini con il teatro, 2002

gb



Approfondimenti
QUEER E ARTE

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QUEER E ARTE | SECONDO NOVECENTO | GÜNTER BRUS
QUEER E ARTE | SECONDO NOVECENTO | HERMANN NITSCH
QUEER E ARTE | PRIMO NOVECENTO | IL BRUTTO E LE AVANGUARDIE
QUEER E ARTE | PRIMO NOVECENTO | ART CHEZ LES FOUS

CORPO E TEATRO                                            METODI

3/7/2017

 


I due elementi dell'attore sono il corpo e la voce. Entrambi devono possedere flessibilità e manifestarsi in palcoscenico in uno stato di calma piuttosto che di tensione. Per ottenere ciò il corpo e la voce devono essere fisicamente allenati.
​
Trevor Griffiths

​


​Kostantin Sergeevic Stanislavskij

Diversi sono i metodi di insegnamento della recitazione teorizzati nel corso del Novecento, su cui ancora oggi si basa la didattica teatrale; tra questi fondamentale è stata l'opera di Kostantin Sergeevic Stanislavskij. Il metodo Stanislavskij (adottato nell'Actors Studio di New York) ricerca un'aderenza completa tra il mondo interiore dell'attore e le esigenze del personaggio. Per raggiungere lo scopo, Stanislavkij individua due processi che si pongono alla base dell'interpretazione:

la personificazione, ovvero il rilassamento muscolare come base per lo sviluppo dell'espressività fisica, dell'impostazione della voce e del movimento scenico.
​
La reviviscenza, raggiunta attraverso l’immaginazione conduce all'identità più completa tra vita reale e vita del personaggio. A questo proposito, Stanislavskij sottolinea che una profonda reviviscenza può essere deformata se l'attore non ha un fisico allenato per trasmettere con intensità ciò che sente.


​Antonin Artaud

​Nella prima metà del Novecento, Antonin Artaud ha proposto il cosiddetto "teatro dell'io", partendo dalla constatazione che la parola era ormai stata logorata nei secoli. Secondo Artaud il teatro è espressione integrale, orientata all'utilizzo della parola, del corpo, dell'immagine e della musica all'interno di una sintesi unitaria. La riflessione artaudiana si basa sul principio della vita cioè di un principio vitale dirompente che ricorda il "dionisiaco" di Nietzsche e che deve essere lasciato libero di esprimersi privo di limiti. 
​
​
«Ciò che il teatro può ancora strappare alla parola, dice Artaud, sono le sue possibilità di espansione oltre le singole parole, nello spazio; ed è a questo punto che interviene il linguaggio visivo dei movimenti e dei gesti».


​Jerzy Grotowski

Nella sua riformulazione della teoria del teatro, e quindi del suo insegnamento, il polacco Jerzy Grotowski mira direttamente alla ricerca dell‘essenziale. Ovvero il rapporto diretto con il pubblico, l'unico elemento necessario e sufficiente per l'esistenza del teatro. Sulle semplici regole che pone alla base della sua teoria, si basa tutta la didattica mondiale:

​Non bisogna pensare durante gli esercizi, ma elaborare solo il primo impulso che emerge, anche se questo vorrà dire svolgere l'esercizio diversamente dagli altri.

Il corpo deve lavorare sempre per primo, solo dopo viene la voce.

Non solo la mente, tutto il corpo deve essere partecipe dell'azione teatrale.

gb 


​
​APPROFONDIMENTI
CORPO E TEATRO


CORPO E TEATRO | ATTORE
CORPO E TEATRO | FRA 800 E 900
CORPO E TEATRO | PRIMA META' DEL 900
CORPO E TEATRO | SECONDA META' DEL 900

CORPO E ARTE                                                        SECONDA META' DEL NOVECENTO

3/7/2017

 


​IL SEGNO PRECEDE IL SIGNIFICATO

Dopo l’ampio sviluppo dell’Informale, tra il 1945 e la fine degli anni Cinquanta del Novecento in Europa e negli U.S.A., il mondo dell'arte si alimenta di nuove modalità di ricerca artistica, che già in atto, tendevano verso un nuovo modo di intendere l'arte e l'artista.

Pensiamo alla “scrittura automatica”, che nata nell’alveo surrealista - da Andrè Masson che forse è il primo artista a ricorrere ad una pittura gestuale; A Jackson Pollock, che tra il 1946 fino alla morte nel 1956, praticava il "dripping", spandendo direttamente i colori nelle tele disposte nel pavimento per “essere dentro il quadro”.

​Ad artisti americani come Wilhelm De Kooning, Franz Kline, Sam Francis che praticavano l’Action Painting o l'Espressionismo astratto, in cui il coinvolgimento nello spazio fisico del dipinto attraverso il gesto corporeo si pone come antefatto importante, così come l'opera di Georges Mathieu, l’artista che teorizzò che “il segno precede il significato”, e delle quali opere si è parlato di Tachism, a conferma del legame strettissimo fra corpo dell'artista e mezzo.


​NEODADAISMO

Esponente del Neodadaismo, fondatore nel 1960 assieme allo scultore Jean Tinguely e al critico Pierre Restany del Nouvelle Réalisme, Ives Klein inizia la sua ricerca nel 1946 e i suoi dipinti monocromi blu sono di poco precedenti il 1957. Klein conduce la pittura a dimensioni immateriali eliminando ogni vincolo legato alla forma, seguendo una forte componente mistica, gettando molteplici spunti per le generazioni successive, ponendosi come un notevole anticipatore del Concettualismo e della Body Art.
​
Ricordiamo Piero Manzoni che dopo aver visto i Monocromi blu di Klein esposti a Milano alla Galleria Apollinaire, elabora gli Achromes, grandi superfici bianche di colla e caolino, e va oltre. In due performances, Sculture viventi e Basi magiche, esalta il corpo dello spettatore ad opera d'arte. In
Sculture viventi, alla Galleria La Tartaruga di Roma nel 1961, Manzoni compone delle sculture viventi: modelle e persone autografate dall’artista e accompagnate da un attestato di autenticità. Su ogni documento l’artista  metteva un timbro: se rosso, la persona era per intero un’opera d’arte e sarebbe rimasta sempre tale; se giallo tale ‘status’ era limitato a certe parti del corpo; se verde era vincolato a particolari attività come dormire o correre; se porpora, quando l’artisticità del corpo era stata comperata. La seconda performance, sempre del ’61, elevava lo spettatore a opera d’arte finché permaneva sopra la Base magica, cioè un piedistallo di legno.


​Nouvelle Réalisme

Anche il New Dada newyorkese, che presenta una maggiore continuità con la Body Art, si cartterizza, per la sua devozione agli Happenings - azioni estemporanee, spesso gestuali, accompagnate da azioni teatrali di tipo mimico, pittorico o musicale - per un uso nuovo del corpo. Alan Kaprow, il creatore dello Happening e dell’Environment, allievo di John Cage, mirava a creare un’opera d’arte che unisse l’arte alla vita, e che tenesse conto degli avvenimenti più ‘normali’ nella loro valenza estetica. Collaborando con Cage e coinvolgendo artisti come Robert Rauschenberg, John Dine, Claes Oldenburg, Robert Morris e il coreografo Merce Cunningham, contribuirono, forse incosapevolmente, a modificare, ognuno nella loro disciplina, il corpo: padronanza e consapevolezza, uso, idealizzazione, dipendenza da sè stesso e consequente mercificazione, per una maggiore aderenza, dal corpo, alla vita. La vita diventava la prima opera d'arte e il corpo, il tramite attraverso cui esperire la vita.

Joseph Beuys, parallelalmente, lascia le ‘opere povere’ e si offre agli happenings. Costruiti sulla “Selbstdarstellung” (rappresentazione di sé), Beuys alimenta la sua arte e si avvicina, negli anni Settanta, al linguaggio muto della Body Art, imbevendolo della lotta contro la mercificazione dell’arte e contro un’impostazione eccessivamente marxistica o capitalistica della società, attraverso la difesa dei valori “spirituali” - geistlich - con una forte carica teatrale. Nelle sue performance, Beuys mette in gioco il suo corpo e i suoi attributi per farne un simbolo universale. E lui, il suo corpo, sacerdote laico, a persuadere il pubblico su temi etico-estetici e politico-spirituali, nella speranza che un corpo nuovo, più consapevole, conduca ad un mondo non nuovo, ma migliore.


​WIENER AKTIONISMUS

​In questo senso il Wiener Aktionismus sposa perfettamente l'idea che il corpo può essere il tramite per una comunicazione più efficace, diretta, viscerale. Caratterizzato da aspetti rituali piuttosto violenti, spesso scioccanti, l'Azinismo Viennese supera i limiti corporei stabiliti nelle nostre società: limite della ‘decenza’ e del buon gusto, dal sesso alla nutrizione. Dai rapporti intimi, alle secrezioni corporee. 

Legato ai misteri pagani, con il richiamo al sacrificio esercitato sugli animali, ma anche alla passione cristiana, con performance legate a crocifissioni e squartamenti di animali è Hermann Nitsch  che si accosta all’idea di un’”opera d’arte totale” che vorrebbe avere finalità catartiche e liberatorie e darà poi luogo al Das Orgien Misterium Theater (1973) (Teatro delle Orge e dei Misteri), dove giovani partecipanti (e talora spettatori) si imbrattano il corpo ignudo con le interiora sanguinanti strappate soprattutto ad agnelli, uccisi in una sorta di messa nera parossistica, sia in gallerie d’arte che all’aperto, in spazi pubblici. Alcune tele di Nitsch sono costituite dal sangue animale rappreso, colato nella superficie del ‘dipinto’. In questo caso il corpo è al centro dell’opera e, sia pure nell’effimera sequenza degli accadimenti, sostituisce la tela dipinta con l’esplicita assunzione di dipingere con i colori del sangue, poiché “il corpo poteva guarire attraverso un rituale pagano-cristiano”.

Günter Brus (Ardning, 1938) tematizza la repressione delle pulsioni umane, con chiaro riferimento alla sessualità. In una delle azioni Brus si era fasciato come una mummia per interrompere la normale comunicazione tra corpo e ambiente. Otto Mühl (Grodnau 1925) è più vicino a Nitsch nel dar vita invece a happennigs di gruppo, dove è grande il coinvolgimento emozionale, mescolando corpi umani viventi, con oggetti e materiali diversi imprimendo all'azione una forte carica vitalistica, con una chiara finalità catartica.


​VITO ACCONCI

Vito Acconci (New York 1940) è di tutt’altra gravitazione culturale e si diparte dalla poesia, con qualche merito nell’Arte ambientale, si veda l’installazione Seedbed (Letto di seme), 1972, alla Sonnabend Gallery di New York, che prevedeva una rampa di legno integrata al pavimento, mentre sotto la rampa Acconci rimase nascosto, masturbandosi ai ritmi dei passi dei visitatori, descrivendo attraverso un microfono le proprie fantasie sui corpi sconosciuti, come ad esempio: “[…] Adesso sei alla mia destra […] ti allontani ma spingo il mio corpo contro il tuo […] nell’angolo abbassi la testa su di me […] spingo lo sguardo tra i tuoi cappelli […] adesso lo sto facendo con te […]”.

L’interesse di Acconci verte sulla consapevolezza cognitiva e mentale circa le zone ‘estetiche’ del corpo: la faccia e la sua mimica, la sessualità e la dimensione auditiva, cercando di dar loro la massima espressione corporea. Nella sua ricerca Acconci è interessato a esplorare i confini tra corpo e ambiente circostante: il corpo è un ‘luogo’ che può penetrare o essere penetrato, in cui operano, per mezzo di convenzioni comunicative e valori i limiti fisici e sociali entro i quali ciascuno delinea la propria autonomia. 
 
​


​Gilbert & George 

​Al polo opposto rispetto a queste esperienze estreme, con tratti di dandismo e di estetismo che fanno parte della tradizione inglese, Gilbert & George (Gilbert Proesch, San Martino 1943; George Passmore 1942), sempre con uno stile impeccabile nell’abbigliamento e nel comportamento, con humor inimitabile e una notevole carica d’ironia, come è stato detto, identificano la vita con l’arte (e non viceversa), proponendo la loro esistenza come fossero delle “sculture viventi”, al punto che ogni vicenda quotidiana diventa Living Sculpture.

La prima performance che ci sia nota è del 1969 e s’intitola Our new Sculture (1969) in cui ben vestiti, con la faccia dipinta d’oro, Gilbert & George si muovono su un tavolo come fossero due automi, al suono di una vecchia canzone inglese, con effetti esilaranti. In una ulteriore performance, intitolata The singing Sculture (La scultura canterina) del 1970, cantano loro stessi. Spesso pubblicano la rielaborazione delle loro fotografie, come in Street, o addirittura ricompongono con rielaborazioni fotografiche a colori le loro riprese di performances, in grandi composizioni di una notevole ricchezza immaginativa, con gusto inappuntabile, come le abbiamo viste esposte al Padiglione della Gran Bretagna per la Biennale di Venezia del 2005.

gb 
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