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RELAZIONE E TEATRO                                              TEATRO SOCIALE                                                    TIPOLOGIE

9/19/2016

 
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POLVERE | Barbara Altissimo, 2012


​DECONTESTUALIZZARE

Il teatro sociale può avvenire in diversi luoghi: dai penitenziari ai campi profughi, dagli ospedali alle scuole, dagli orfanotrofi agli ospizi. I partecipanti sono gli utenti locali, disabili, detenuti e molti altri, spesso provenienti da categorie vulnerabili, svantaggiate e marginalizzate. E svolgendosi in luoghi e situazioni non tipici per il teatro, trasforma in performer chi, in realtà, non lo è. Invece i professionisti, oltre ad essere performer ma non necessariamente artisti, svolgono anche il ruolo di “facilitatori”, ovvero aiutare gli altri nella costruzione della performance.

Usare il teatro nei diversi contesti di cui sopra, non deve intendersi come una mera decontestualizzazione del teatro, piuttosto come un processo di incontro e competizione performativo. Insomma, il teatro sociale deve tendere a svelare il performativo già esistente in quell'ambiente, rendendosi complementare, mettendolo a repentaglio, sfidandolo o elevandolo. 


QUATTRO TIPOLOGIE

​E per fare questo, il teatro sociale attinge alle teorie e ai saperi e alle consuetudini che si riferiscono ai luoghi che ospitano il progetto. Così, ad esempio, il teatro nelle scuole ha usato le teorie educative per riflettere sul proprio operato; il teatro per lo sviluppo e l’integrazione culturale ha usato le teorie dello sviluppo sociale per guidare le proprie analisi; il teatro nelle carceri ha usato differenti modelli criminologici o della teoria della riabilitazione per spiegare le proprie pratiche.

Questi tipi di teatro sociale – teatri in spazi/tempi di crisi – possono essere raggruppati in quattro categorie che hanno una relazione logica e sequenziale tra di loro: 
Teatro per la cura, Teatro per l’azione civile, Teatro per la comunità, Teatro per trasformare l’esperienza in arte.


​RIABILITARE

Ad esempio, creare un progetto teatrale in carcere vuol dire lavorare con persone già caratterizzate come “criminali” che sono obbligate ad indossare costumi e a vivere seguendo dei copioni molto rigidi. Vuol dire lavorare con gruppi che vedono le proprie storie drammatizzate per loro dai media e altri che abusano del termine “tragedia” per descrivere esperienze quotidiane. Relazionarsi con persone che sono state partecipi volontari o involontari di violenze. E questo background deve, necessariamente, essere considerato e nel progetto e nel processo di teatralizzazione. E questo approccio d'insieme deve riguardare qualsiasi luogo in cui il teatro sociale avviene.  Insomma macro e micro storia si uniscono e le scienze umane si fanno ancelle dell'arte per ridare senso e consapevolezza all'individuo.
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gb
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APPROFONDIMENTI
tEATRO SOCIALE

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TEATRO SOCIALE CARATTERISTICHE
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RELAZIONE E TEATRO                                              TEATRO SOCIALE                                              TECNICHE

9/19/2016

 


PRIMO NOVECENTO

​L’incontro con il pubblico presuppone da sempre il lavoro preparatorio dei creatori dello spettacolo. Nel corso dell’itinerario creativo di avvicinamento allo spettacolo - e anche prima, soprattutto nell’educazione, preparazione e training degli attori, e nel processo della scrittura drammaturgica vera e propria - vengono utilizzate diverse tecniche. Queste tecniche, attoriali e di scrittura, si sono moltiplicate, affinate, approfondite, in quello che è stato anche un tentativo di dare scientificità al lavoro teatrale.

Il percorso è iniziato ai primi del Novecento, con il padre della regia contemporanea Konstantin Stanislavskij. Poi è proseguito con le ricerche di Vsevolod Mejerchol’d (la biomeccanica), Etienne Decroux (il mimo), Ingmar Lindth (l'improvvisazione), Jerzy Grotowski (il training del Teatr Laboratorium e il parateatro), gli esercizi del Living Theatre, dell’Odin Teatret o di Tadashi Suzuki, solo per citare le esperienze più note. 
Ciascun creatore ha messo a punto una gamma di esercizi, giochi, metodi, training, pratiche, discipline, percorsi, situazioni (ma anche sperimentazioni e ricerche). Queste tecniche (cui è difficile dare definizioni precise, visto che ciascun creatore affina le proprie, facendole evolvere nel corso della propria carriera teatrale) operano a diversi livelli. 


​TECNICHE DELL'IO

In primo luogo, si sono sviluppate quelle che potremmo definire «Tecniche dell’Io», che lavorano tra l’altro su: 
 
​
 il corpo (il gesto, la danza); 
 la voce (la dizione, il canto); 
 l’attenzione e l’energia (la «presenza scenica»); 
 il rapporto con gli oggetti; 
 la percezione del tempo e dello spazio; 
 la memoria e l’identità personale
​ (le emozioni e i ricordi, il personaggio, la maschera).


IL RAPPORTO IO - TU
​

Un secondo gruppo di tecniche riguarda l’incontro e la relazione interpersonale, il rapporto Io-Tu, con pratiche che per esempio lavorano su: 

l’incontro e la scoperta dell’Altro 
le varie forme di dialogo e di interazione tra più individui, sia a livello fisico-corporeo - come la Contact Improvisation - sia a livello spaziale e prossemico, sia a livello verbale. 


​LA CREAZIONE DEL 'NOI'

Un terzo gruppo di tecniche lavora sulle dinamiche del gruppo e sui meccanismi di aggregazione, fino a costruire una comunità (il rapporto Io-Molti e la creazione di un Noi), per esempio con il lavoro su: 

 il ruolo (ovvero l’insieme dello norme e delle aspettative che un sistema sociale tende a prescrivere all’individuo); 
 l’identità collettiva (il coro; il rito); 
 la creazione di un gruppo-compagnia
​
con la propria identità e il proprio linguaggio (la comunità). 


Molte di queste tecniche ed esercizi lavorano in parallelo sul rapporto realtà-finzione, anche nella accezione del rapporto tra persona (reale) e personaggio (fittizio). ​

gb 
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​approfondimenti
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RELAZIONE E TEATRO                                              TEATRO SOCIALE                                                    STORIA

9/19/2016

 
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POLVERE_Mundi | Baraba Altissimo, 2012


​attivare il pubblico

​Dopo l’esplosione del teatro politico degli anni Venti e Trenta - i cosiddetti «agit prop» - anche i movimenti di liberazione degli anni Sessanta hanno utilizzato il teatro come strumento di consapevolezza, espressione e propaganda: pensiamo alla compagnia Teatro Campesino, che ha dato voce e corpo alle rivendicazioni degli immigrati messicani in California; al Bread & Puppet, con gli spettacoli-sfilata contro la guerra del Vietnam; al Playhouse of the Ridiculous e a tutti i gruppi che hanno dato visibilità ai movimenti di liberazione sessuale, soprattutto omosessuale, degli anni Sessanta. In questo contesto, all'inizio degli anni Settanta il brasiliano Augusto Boal, rilanciando la Pedagogia degli Oppressi (1970) di Paulo Freire, ha sviluppato e teorizzato il Teatro dell’Oppresso. Un metodo che usa il teatro come linguaggio, come mezzo di conoscenza e di trasformazione della realtà interiore, relazionale e sociale, rendendo attivo il pubblico.


​pedagogia e teatro

​Affine a questa è l’animazione teatrale, che si sviluppa tra la fine degli anni Sessanta e i primi anni Settanta, in particolare nel lavoro con bambini e ragazzi, con funzione pedagogica e di socializzazione, sulla scia del Programma per un teatro proletario dei bambini scritto tra il 1924 e il 1928 da Walter Benjamin e della "scuola attiva" teorizzata da Célestin Freinet. Grazie a personalità come Remo Rostagno, Mafra Gagliardi, Franco Passatore, si passa in quel periodo da un «teatro per ragazzi» a un «teatro con i ragazzi», o meglio «dei ragazzi». Il teatro diventa strumento pedagogico, anticipando il cosiddetto edutainment, l'"educare divertendo", sviluppandosi notevolmente, soprattutto negli ultimi anni.


​COMPRENDERE L'ESISTENZA

La tradizione teatrale si fonda su una serie di concetti chiave che hanno accompagnato l’intera storia della cultura: personaggio, parti e ruoli, maschere, attore-spettatore, tragedia-commedia, coro. Concetti questi che, ricorrendo spesso anche fuori dal contesto teatrale, possono diventare metafore utili a comprendere altri fenomeni dell’esistenza. Il Teatro e le sue metodologie, quindi, possono essere utilizzate come strumento d’analisi, per meglio comprendere le relazioni tra esseri umani e il loro rapporto con la realtà. «Tutto il mondo è un teatro e tutti gli uomini e le donne non sono che attori: essi hanno le loro uscite e le loro entrate; e una stessa persona, nella sua vita, rappresenta diverse parti», scriveva Shakespeare in Come vi piace.


TEATRO ESTETICO

Preso nel suo insieme, il teatro sociale si affianca, o talvolta sostituisce, il “teatro estetico” che include i teatri d’arte, sperimentali, accademici e commerciali. Fino agli anni Settanta del secolo scorso, era il teatro estetico ad essere dominante. In questi teatri, venivano speso presentate e dibattute questioni di rilevanza sociale; venivano sperimentati nuove modalità di approccio a realtà sociali ed individuali; venivano proposte al pubblico nuove forme espressive. Inoltre, quel pubblico era eterogeneo, formato da persone provenienti da diverse classi sociali, con diverse religioni, usi e ideali. Persino dopo l’avvento del cinema e nei primi decenni della televisione (ma prima di internet), il teatro continuava ad essere uno dei maggiori forum del dibattito pubblico.  


​TEATRO SOCIALE

​Tuttavia, durante gli anni Sessanta, il teatro estetico cominciò perdere il suo predominio. Questo effetto non era solo riscontrabile nel teatro commerciale, che mirava ad un pubblico ristretto, benestante e alla ricerca di intrattenimento. Ma anche l’avanguardia cominciò a perdere il suo potere attrattivo e al loro posto, varie tecniche e approcci furono elaborati, approfonditi e portati ad alti livelli di efficacia. E il fallimento della rivoluzione proposta dagli anni Sessanta fu seguita dalla comparsa delle “politiche identitarie”, una frantumazione radicale del “pubblico” come entità singola in numerosi gruppi che raccolgono individui di simile ideologia, religione, genere, orientamento sessuale, razza, nazionalità, etnia, etc. Il teatro smise, così, di esistere come singola entità e al suo posto emersero molti tipi differenti di teatro, tra cui il teatro sociale.


​LAVORARE SU Sè STESSI

​Ma non è solo prerogativa della seconda metà del Novecento lo sviluppo di azioni para teatrali potremmo dire. Infatti, a partire dagli inizi del secolo, gli scambi tra il teatro e le psicoterapie - soprattutto le terapie di gruppo - sono stati costanti e fecondi. Fondamentale l'invenzione della psicoanalisi di Sigmund Freud - che per altro fonda  la sua teoria sul mito teatrale di Edipo - e, la contemporanea, ricerca di Stanislavskij, che puntava al «lavoro dell’attore su sé stesso».

L'uomo si fa complesso, si da importanza ai “moti dell'animo” e le affinità tra il concetto psicoanalitico di «ritorno del rimosso» e quello stanislavskiano di «riviviscenza» sono evidenti. E non deve sorprendere che la psicoterapia -  in particolare la terapia di gruppo  -  si sia rapidamente appropriata di terminologie e tecniche teatrali, per poi adattarle ai propri ambiti di studio. Tanto che all’inizio degli anni Venti, Jacob Levi Moreno, fondatore a Vienna nel 1921 dello Stegreiftheater, teatro di improvvisazione, delinea la tecnica dello psicodramma, con l’obiettivo di favorire la spontaneità degli individui che partecipavano ai suoi laboratori.

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TEATRO SOCIALE

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TEATRO SOCIALE CARATTERISTICHE
TEATRO SOCIALE | LE TECNICHE
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9/19/2016

 


​OSSERVARE


​Il teatro è sempre stato un’arte sociale, a differenza, per esempio, della pittura e della scultura. Un quadro o una scultura esistono indipendentemente da chi li guarda in quanto oggetti e opere. Al contrario, uno spettacolo senza pubblico non può esistere, perdendo di senso. A questo proposito è Claudio Meldolesi - in Il lavoro del dramaturg. Nel teatro dei testi con le ruote - che conferma che «l’azione teatrale proviene dalla mente […] ma con modalità collettive anziché individualizzatrici, controllabili anziché dominatrici, coinvolgenti anziché introverse, portatrici di arricchimento affettivo e artistico». 
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​«Potremmo avanzare l’ipotesi, continua Marco De Marinis, ne Il teatro dell’altro. Interculturalismo e transculturalismo nella scena contemporanea che, all’origine tanto dell’antropologia quanto del teatro moderno, ci siano un Io e un Altro e la relazione degli sguardi che li lega. A teatro (…) lo spettatore rappresenta l’osservante primario, pur essendo nello stesso tempo l’osservato: anche l’attore infatti guarda lo spettatore, e lo guarda con quello stesso miscuglio di curiosità, diffidenza e sorpresa che è intrinsecamente alla base di ogni relazione con l’altro e della fascinazione che la sostanzia.»
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​azioni

Il teatro sociale mette in azione e in rel-azione tre comunità:
 
quella di chi crea e realizza lo spettacolo (che coinvolge una pluralità di soggetti «creatori»); 
quella di chi assiste allo spettacolo (il pubblico), che si fonde in una comunità più ampia con gli operaratori; 
quella della società che ospita lo spettacolo, il territorio nel suo complesso.


Non trovando il suo punto di forza nell’intrattenimento, nel divertimento o nell’evasione, e non esaurendosi nell’evento spettacolare, il Teatro sociale si rivolge prima di tutto a chi lo pratica.  Ed il Gruppo che si verrà a creare avrà come obbiettivi:

il superamento della rigidità e delle inibizioni; 
la sensibilizzazione alla consapevolezza di sé stessi e della propria capacità di azione; 
la semplificazione delle relazioni interpersonali e di gruppo; 
lo sviluppo delle capacità espressive nonché della creatività individuale e collettiva (fisico-gestuale o sonoro-verbale); 

l’integrazione del singolo nel gruppo, e del gruppo nel corpo sociale.
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9/19/2016

 


​PSICODRAMMA

Lo Psicodramma è un metodo psicoterapeutico che appartiene all'ambito delle terapie di gruppo, ideato da Jacob Levi Moreno nel 1921. Nello psicodramma, il soggetto si trova a ripetere in forma teatrale (e dunque a rivivere) un avvenimento del passato particolarmente traumatico, interpretando (attraverso l’improvvisazione) possibili varianti, per prepararsi ad affrontare situazioni analoghe in futuro. Un uditorio fa da eco al protagonista, manifestando le proprie emozioni di fronte alle vicende rappresentate. Moreno riprende, insomma, il concetto di acting out di Freud, Proponendo un'azione che inconsciamente diminuisce le tensioni interne, scaricando impulsi tenuti a freno e contenuti rimossi. 


In Europa lo psicodramma si è evoluto grazie ad un gruppo di psicoanalisti francesi (D. Anzieu e successivamente P.e G. Lemoine e altri), che lo hanno arricchito della teoria e delle tecniche psicoanalitiche, influenzate da Lacan, e delle elaborazioni, alla versione classica, di Gretel Leutz e Anne Ancelin Schutzenberger. Lo psicodramma psicoanalitico in Francia è utilizzato sia in setting individuale (G.Bayle, I.Salem, Ph Jeammet, J.J.Baranes e altri), sia in modalità di gruppo (i già citati D.Anzieu, Lemoine, e S.Lebovici, R.Kaes e altri).

​ Psicodramma Psicoanalitico

​In Italia, attualmente esistono vari tipi di Psicodramma, con differenti regole e modalità esecutive-interpretative. Nello Psicodramma Psicoanalitico o Analitico (Luisa Mele, Elena Benedetta Croce e altri) prevale la dimensione verbale e interpretativa e l'azione scenica o corporea è limitata rispetto alla parola. Anche psicoanalisti come Musatti e Fornari si sono cimentati in un setting di psicodramma formato da un gruppo di psicologi al servizio di un solo paziente. Lo psicodramma classico, o "moreniano" è stato introdotto a Milano e nel nord Italia da Giovanni Boria e a Torino dal suo allievo Marco Greco. A Roma, Ottavio Rosati, oltre a curare la traduzione italiana dei tre volumi dell'opera base di Moreno "Psychodrama" e di testi di Leutz, Anzieu, Yablonsky, ha introdotto la tecnica di Moreno nel mondo del teatro realizzando col Teatro Stabile di Roma e di Torino il primo psicodramma e il primo sociodramma tenuti su un palcoscenico italiano.

Nello psicodramma a orientamento dinamico l'acting out teatrale e l'interazione scenica e fisica nel gruppo mantengono l'importanza stabilita da J. L. Moreno anche se basati su una attenta lettura analitica e dinamica dei fenomeni di gruppo. Un primato storico italiano nella storia dello psicodramma è la realizzazione del programma televisivo di O. Rosati Da Storia nasce Storia che mette in pratica l'invito moreniano che negli anni Cinquanta spingeva per far dialogare le tecniche attive di gruppo con i mass media di radio, cinema e televisione.

Per Psicodramma Analitico 
si può intendere quello di derivazione Junghiana ma anche quello psicoanalitico, Freudiano, chiamato analitico per brevità e per uso corrente.
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Playback Theatre E Gestalt Therapy
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​Il Playback Theatre è una forma di improvvisazione teatrale nata intorno alla metà degli anni Settanta negli USA e poi diffusa anche in Europa, in cui il soggetto narra un momento della propria storia personale, sceglie nel gruppo gli attori destinati a impersonare i vari personaggi e vede la sua storia ricreata in forma teatrale. 
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La Gestalt Therapy, messa a punto da Fritz Perls (che in gioventù, a Berlino, era stato anche attore in spettacoli diretti da Max Reinhardt), utilizza diverse tecniche teatrali, con particolare attenzione alla comunicazione non verbale. Una delle tecniche utilizzate per esplorare i rapporto dell’individuo con sé stesso e con gli altri è quella della sedia vuota. Il soggetto si rivolge a una sedia vuota, come se vi fosse seduta una persona e può anche ricreare conversazioni tra due o più persone per lui significative.  

gb 
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9/19/2016

 


RIATTIVARE
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Le pratiche di teatro sociale e di comunità hanno l’obiettivo di "animare" - o meglio di riattivare, parafrasando Claudio Meldolesi - in situazioni di difficoltà e disagio, e in generale di intervenire in una condizione di rigidità e chiusura individuale e/o collettiva. Tali chiusure che possono provenire dalla difficoltà nel rapporto con sé stessi, con gli altri o l'ambiente esterno, contribuiscono, secondo il paradigma di C. R. Rogers, a irrigidire la struttura psichica e le relazioni interpersonali. Se l’adattamento del sé all'ambiente non simbolizza in maniera corretta l’esperienza (soprattutto le esperienze stressanti e dolorose), l’individuo si sente minacciato e tende a irrigidirsi caratterialmente. Un fenomeno analogo accade con i gruppi e le collettività che si sentono minacciate. E l'obiettivo delle «animazioni» consiste, proprio, nell'ammorbidire queste rigidità, cercando di appianare il più possibile la distanza tra attore e spettatore, tra persona e personaggio. 
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Il compito di «riattivare» viene assunto dalla figura dell’operatore che recupera molte delle funzioni del regista e del drammaturgo, ampliandole. Ed il riconoscimento del ruolo degli operatori è un passaggio cruciale: obbliga tutte le parti coinvolte a «mettersi alla prova» nel rapporto reciproco, ridefinendo costantemente aspettative, obiettivi e atteggiamento. Alle competenze teatrali, l’operatore può (o dovrebbe) accostare quelle dello psicoterapeuta, del fisioterapista, del sociologo e dell’antropologo, oltre che quelle dell’educatore. A seconda dei casi, l’operatore lavora da solo, in coppia, o fa parte di un gruppo più articolato (che può coincidere con una compagnia o gruppo teatrale).


​GRUPPO E OPERATORE

​Il percorso di lavoro coinvolge inizialmente due poli, e in genere due gruppi: i destinatari dell’intervento (e dunque in genere persone che vivono una situazione di disagio) e gli operatori che hanno il compito di riattivarli. Il percorso comune degli operatori e del gruppo è l’incontro tra due differenze: l’alterità degli operatori, ovvero dei teatranti professionisti; l’alterità dei componenti del gruppo in cui intervengono i mediatori. 
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​Il punto fondamentale di queste esperienze non è la specificità del gruppo con cui si lavora, come afferma Marc Klein, ne I teatri dell’altro, ma l’incontro di due fragilità, la nostra e quella delle persone con cui si entra in contatto.

Il teatro sociale comprende l’apprendimento delle convenzioni e dei comportamenti degli spazi e delle comunità in cui un progetto si sviluppa. Ad esempio, gli operatori teatrali svolgono una ricerca sulle politiche criminologiche e di riabilitazione dei detenuti prima di lavorare in un penitenziario. L’artista approfondisce i bisogni dei giovani disabili prima di cominciare un progetto. Lo scrittore indaga sull’AIDS/HIV per creare la piéce educativa per i suoi studenti partecipanti. Condurre laboratori per studenti con disabilità fisiche necessita una comprensione complessa dei bisogni del gruppo e chiarezza riguardo alle condizioni necessarie dei progetti teatrali. E questo processo deve sfociare in una performance, considerata come l’interazione tra due distinti campi e ottenerla non palesa un facile equilibrio, ma è il prodotto di un flusso continuamente rinegoziato tra i differenti campi.

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9/19/2016

 


FRA ARTE E SOCIALE


Le esperienze di alcuni artisti italiani che operano nell’ambito della ricerca teatrale e che hanno scelto di lavorare con cittadini o con persone in particolari condizioni di disagio, affrontando le differenze - termine essenziale per il teatro in generale, ma ancor più per quello sociale - hanno creato contagi e sinergie, sfociati in felici osmosi tra teatro d’arte e teatro sociale. Dando vita, così, ad un orizzonte ricco di incontri tra arte, teatro e socialità.
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Vicino al teatro di ricerca, sia nello sviluppo sia nelle diversificazioni metodologico/creative, il teatro sociale partecipa ai processi di rinnovamento dei linguaggi e delle tecniche. E negli ultimi anni, la pubblicazione di saggi di metodologia teatrale, la nascita di numerose compagnie sul territorio nazionale, la complementarietà diffusa del fare/insegnare teatro, accanto a un significativo movimento delle scienze sociali, hanno contribuito all'espansione dell’esperienza teatrale fuori dai teatri.

​Questo ha favorito il progressivo affermarsi non solo di nuovi ambiti di intervento – quali la cooperazione internazionale, la promozione della salute e dell’ambiente, lo sviluppo di comunità territoriali, il benessere organizzativo, interventi con anziani e donne - ma di nuove forme organizzative e giuridiche, di nuove metodologie di intervento. Pianificando – per la prima volta in Europa – percorsi riconosciuti anche a livello universitario di formazione degli operatori di teatro sociale. Quest'ultimo ha ottenuto un prestigioso riconoscimento internazionale dall’Unione Europea con l’assegnazione del primo premio del bando Cultura 2011, assegnato ad un progetto italiano. 


​RI_MAPPARE IL TEATRO

Per quanto riguarda la situazione italiana, l'ultima mappatura del teatro sociale risale a circa dieci anni fa. Il primo Censimento - realizzato da ETI (Ente Teatrale Italiano), dalla rivista Catarsi-Teatri delle diversità, dall'Università di Urbino, da ENEA, e dalla Cooperativa teatrale Diverse abilità - non può essere esaustivO dei cambiamenti che si sono susseguiti proprio in questa decade. 
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Risulta urgente una nuova indagine - come si augura l'Associazione Ateatro - non solo per la conoscenza in sé del fenomeno e per porre a confronto realtà anche distanti (geograficamente, e per poetiche e percorsi formativi), ma anche per agevolare la nascita di reti tra operatori (come si è verificato di recente per il Coordinamento Nazionale Teatro in Carcere) o Protocolli d’Intesa (come già accaduto per il Teatro in Carcere con il Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria e l’Istituto Superiore di Studi Penitenziari), sinergie tra professionisti, gruppi ed esperienze.


Una nuova mappatura dovrebbe, infine, servire a informare e coinvolgere enti pubblici nazionali e locali, promuovere una maggiore attenzione nei confronti delle esigenze degli operatori, dei cittadini e delle comunità coinvolte poiché la questione della trasversalità della cultura nel costruire innovazione sociale è una delle linee guida più urgenti per i prossimi anni in Italia, e come appare anche dalle stesse nuove indicazioni della progettazione europea. 

gb 
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    Autore

    Giovanni Bertuccio

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Art is Present 
Magazine d'Arte e Cultura
​Teatro e Danza. Queer

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