Hofesh Shechter
Il coreografo posseduto dal Daimon
Coreografo, danzatore e compositore Hofesh Shechter è riconosciuto come uno degli artisti più interessanti nel mondo della danza di oggi.
"Tutto ciò che ho vissuto ha lasciato un segno nel mio lavoro, e gran parte di quell'esperienza ha riguardato il conflitto, la lotta per dare un senso alle cose". Intervista, Guardian, 2009
"La mia più grande paura è coreografare senza sentire le ragioni di quello faccio - di essere con il pilota automatico. Preferirei andare a vendere hamburger da McDonald's".
Nominato come una delle 100 persone più influenti del teatro da The Stage, Shechter ha messo in scena opere per compagnie in tutto il mondo, tra cui l'Alvin Ailey American Dance Theatre, il Royal Ballet e il Paris Opera Ballet. Per Scottish Dance Theatre e CandoCo, La Scala di Milano. Artista associato al Sadler's Wells, si è fatto conoscere dagli adolescenti grazie alla coreografia Maxxie’s Dance per il teendrama Skins nel 2008.
Per il mondo dell’opera ha realizzato, al The Royal Court Theatre, Motortown (2006), The Arsonists (2007) e al National Theatre, Saint Joan (2007). Two Boys (2013), al Metropolitan Opera di New York. Per Broadway coreografa la nuova versione di Fiddler On The Roof (2015) e nel 2018 Shechter viene insignito dell'OBE onorario in occasione del Queen's Birthday Honours. Nel 2020, Clowns. Il film vince al CHOREOSCOPE – The International Dance Film Festival di Barcellona; nel 2021 Hofesh Shechter conquista il premio Fedora – VAN CLEEF & ARPELS con LIGHT:Bach Dances, in collaborazione con la Royal Danish Opera e co-diretto da John Fulljames.
"Tutto ciò che ho vissuto ha lasciato un segno nel mio lavoro, e gran parte di quell'esperienza ha riguardato il conflitto, la lotta per dare un senso alle cose". Intervista, Guardian, 2009
"La mia più grande paura è coreografare senza sentire le ragioni di quello faccio - di essere con il pilota automatico. Preferirei andare a vendere hamburger da McDonald's".
Nominato come una delle 100 persone più influenti del teatro da The Stage, Shechter ha messo in scena opere per compagnie in tutto il mondo, tra cui l'Alvin Ailey American Dance Theatre, il Royal Ballet e il Paris Opera Ballet. Per Scottish Dance Theatre e CandoCo, La Scala di Milano. Artista associato al Sadler's Wells, si è fatto conoscere dagli adolescenti grazie alla coreografia Maxxie’s Dance per il teendrama Skins nel 2008.
Per il mondo dell’opera ha realizzato, al The Royal Court Theatre, Motortown (2006), The Arsonists (2007) e al National Theatre, Saint Joan (2007). Two Boys (2013), al Metropolitan Opera di New York. Per Broadway coreografa la nuova versione di Fiddler On The Roof (2015) e nel 2018 Shechter viene insignito dell'OBE onorario in occasione del Queen's Birthday Honours. Nel 2020, Clowns. Il film vince al CHOREOSCOPE – The International Dance Film Festival di Barcellona; nel 2021 Hofesh Shechter conquista il premio Fedora – VAN CLEEF & ARPELS con LIGHT:Bach Dances, in collaborazione con la Royal Danish Opera e co-diretto da John Fulljames.
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Vita ed esperienze
Nato a Gerusalemme, nel 1975, a 6 anni Shechter inizia a studiare pianoforte. All'età di 12 anni, coltiva l'interesse per la danza popolare scoprendo "l'assoluta forza del movimento, la sensazione che ci fosse qualcosa al di là delle parole". A 15 anni, sostiene con successo l'audizione per l'Accademia di musica e danza di Gerusalemme come pianista, ma subito passa alla danza, prendendo lezioni formali di danza classica e moderna.
"Avevo iniziato a ballare la danza popolare nella mia scuola". "Tutti dovevano farlo. Poi un giorno ho incontrato il gruppo di danza giovanile dell'Accademia di Gerusalemme e – wow, erano tutte ragazze! Sono andato a trovarle ed è stato davvero bello, come Fame. All'età di 15 anni e mezzo, sapevo che dovevo andarci”.
Tre anni dopo, per il suo diciottesimo compleanno, Shechter viene arruolato nelle forze di difesa israeliane. A metà dei tre anni obbligatori si trasferisce a Tel Aviv dopo essere stato accettato come junior alla Batsheva Dance Company. Per completare il servizio militare, Shechter lavorerà in ufficio la sera e danzerà di giorno. Parlando di questa esperienza affermerà "In qualche modo è stato uno shock. Israele è come l'America, una democrazia, ognuno può fare e dire quello che vuole. Poi all'improvviso non hai scelta, è completamente antidemocratico, la tua esperienza quotidiana è una bugia".
Ottenuto il diploma Shechter entra a far parte della compagnia principale e danza in opere di Ohad Naharin e Wim Vandekeybus, continuando a studiare percussioni.
“Assorbivo composizioni, idee, emozioni, energie”, ma "In qualche modo sembrava tutto troppo comodo". “Era un posto rispettabile dove stare, un buon stipendio. Improvvisamente ho pensato, aspetta, ho scelto questo? Che fine ha fatto la musica nella mia vita?"
L'amore per la musica, tre anni dopo, gli farà lasciare la compagnia per suonare la batteria nel gruppo rock The Human Beings e studiare batteria e percussioni a Parigi. "La musica per me era un hobby, davvero. Suonavo il pianoforte da quando ero bambino e avevo passato un paio d'anni ad appassionarmi alle percussioni, ma sapevo che a un certo punto avrei fatto sul serio con la danza". Nel 2002, da Parigi passa a Londra e inizia a lavorare come ballerino per il collega espatriato Jasmin Vardimon, al cui marchio di teatrodanza si adatta bene. Dopo un anno, "nel 2003 avevo un mese di pausa e l'ho usato per creare una coreografia per un concorso in Finlandia. Dopodiché", dice, "ho deciso di mollare tutto e dedicare un anno della mia vita per provare a vedere se potevo essere un coreografo." Non ha mai dovuto rimpiangere questa decisione.
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Dance. I can
“Una vita di creazione è quella che voglio”.
“La coreografia è un modo e funziona. C'è qualcosa nel misterioso potere della danza e del movimento che amo. Ma penso che alla fine non scegli nulla nella tua vita, è solo come accadrà. Non lo dico in senso spirituale, è chimico".
Il suo primo pezzo, "Fragments" (2003), ritratto potente ma divertente di una relazione, creato in una sala vuota di una chiesa, lo conduce alla nomina, come artista associato, a The Place, terreno fertile per la nuova danza londinese. Un anno dopo, il suo enigmatico sestetto Cult, pezzo carico e incisivo per sette uomini, vince il premio del pubblico al The Place Prize 2004 e l'Audience Choice Award. Poco dopo, entusiasma i critici britannici con "Uprising" (2006), seguito l'anno successivo con l'ancor più acclamato "In Your Rooms" che segna la svolta nella sua carriera. Con quest'opera, una riflessione sul modo in cui i confini tra stato e famiglia si riversano l'uno nell'altro, Shechter passa velocemente - in sei mesi - da The Place (300 posti), al Queen Elizabeth Hall (900 posti) e Sadler's Wells (1500 posti) con un cartellone a doppio programma che prevede anche la messa in scena di Uprising.
“Improvvisamente c'è stata una nuova voce importante” ha scritto Alistair Spalding, il direttore di Sadler's Wells, dove Shechter è artista associato dal 2007. “Penso che non sia solo la coreografia, è il suo dominio sul palco. Lavora più come un regista in un certo senso, dicendoti cosa dovresti guardare e quando. Compone la musica. È brillante nella struttura. E il suo stile coreografico è molto organico e in qualche modo non sembra troppo lontano dal modo in cui potremmo muoverci se ne avessimo la possibilità".
Nel 2008 fonda la Hofesh Shetcher Company e subito si impone all'attenzione mondiale per la volontà di voler stravolgere i sensi del pubblico. Attraverso una scrittura sonora che spazia dalla classica all'elettronica, i disorientanti cambi di scena, un affilatissimo utilizzo delle luci, le coreografie di gruppo dai ritmi forsennati e martellanti, Shechter costruisce la sua estetica onirica e visionaria per invogliare riflessioni antropologiche, psicologiche e politiche.
Il mio lavoro [...] muove e fa scorrere la sua attenzione tra momenti tribali che riempiono il palco e scene private intime; editing tra l'emozione e il carattere dell'individuo in contrappunto al gruppo. Quanto è piccolo l'individuo. Quanto può essere influente l'individuo. La tensione della nostra esistenza sociale risiede nel tratto tra gli ordini sociali esistenti e il desiderio di libertà dell'individuo. Voglio che le persone sperimentino il mio lavoro in ampi spazi, perché vedo il potere dell'esperienza comune di connettere, amplificare i sensi, focalizzare l'apprendimento su noi stessi e ispirarci a vicenda.
“La coreografia è un modo e funziona. C'è qualcosa nel misterioso potere della danza e del movimento che amo. Ma penso che alla fine non scegli nulla nella tua vita, è solo come accadrà. Non lo dico in senso spirituale, è chimico".
Il suo primo pezzo, "Fragments" (2003), ritratto potente ma divertente di una relazione, creato in una sala vuota di una chiesa, lo conduce alla nomina, come artista associato, a The Place, terreno fertile per la nuova danza londinese. Un anno dopo, il suo enigmatico sestetto Cult, pezzo carico e incisivo per sette uomini, vince il premio del pubblico al The Place Prize 2004 e l'Audience Choice Award. Poco dopo, entusiasma i critici britannici con "Uprising" (2006), seguito l'anno successivo con l'ancor più acclamato "In Your Rooms" che segna la svolta nella sua carriera. Con quest'opera, una riflessione sul modo in cui i confini tra stato e famiglia si riversano l'uno nell'altro, Shechter passa velocemente - in sei mesi - da The Place (300 posti), al Queen Elizabeth Hall (900 posti) e Sadler's Wells (1500 posti) con un cartellone a doppio programma che prevede anche la messa in scena di Uprising.
“Improvvisamente c'è stata una nuova voce importante” ha scritto Alistair Spalding, il direttore di Sadler's Wells, dove Shechter è artista associato dal 2007. “Penso che non sia solo la coreografia, è il suo dominio sul palco. Lavora più come un regista in un certo senso, dicendoti cosa dovresti guardare e quando. Compone la musica. È brillante nella struttura. E il suo stile coreografico è molto organico e in qualche modo non sembra troppo lontano dal modo in cui potremmo muoverci se ne avessimo la possibilità".
Nel 2008 fonda la Hofesh Shetcher Company e subito si impone all'attenzione mondiale per la volontà di voler stravolgere i sensi del pubblico. Attraverso una scrittura sonora che spazia dalla classica all'elettronica, i disorientanti cambi di scena, un affilatissimo utilizzo delle luci, le coreografie di gruppo dai ritmi forsennati e martellanti, Shechter costruisce la sua estetica onirica e visionaria per invogliare riflessioni antropologiche, psicologiche e politiche.
Il mio lavoro [...] muove e fa scorrere la sua attenzione tra momenti tribali che riempiono il palco e scene private intime; editing tra l'emozione e il carattere dell'individuo in contrappunto al gruppo. Quanto è piccolo l'individuo. Quanto può essere influente l'individuo. La tensione della nostra esistenza sociale risiede nel tratto tra gli ordini sociali esistenti e il desiderio di libertà dell'individuo. Voglio che le persone sperimentino il mio lavoro in ampi spazi, perché vedo il potere dell'esperienza comune di connettere, amplificare i sensi, focalizzare l'apprendimento su noi stessi e ispirarci a vicenda.
Non è acqua, è solo stile
"Se vedessi il mio lavoro, penserei che siamo sicuramente [tutti condannati]. Ma stiamo andando giù con un sorriso." New Statesman, 2009
"[I miei lavori] sono spesso visti come il riflesso del mio background in Israele, ma mostrano anche qualcosa che potresti vedere all'Arsenal il sabato pomeriggio".
Metro, 2008
"Una delle prime cose che Hofesh mi ha detto è stata che fondamentalmente la danza contemporanea era noiosa", ha dichiarato Luke Jennings, il critico di danza per The Observer, in un'intervista telefonica. Pieno di contraddizioni, Shechter crea eccitanti sequenze d'insieme, straordinarie messe in scena di brutalità e cameratismo per regalare al pubblico un'esperienza unica. Lee Curran, il lighting designer con il quale collabora, è l'elemento chiave per creare modelli e atmosfere di set - in gran parte spogli - in cui il nervosismo da guerriglia urbana di Shechter immagina manovre poco ortodosse che possono disorientare le aspettative convenzionali. Fortunatamente non c'è niente di compiacente nella danza del coreografo.
I danzatori sono presentati non come singoli individui ma piuttosto come esseri intrappolati nelle correnti trasversali delle proprie pulsioni animali. E la danza, spinta da ritmi irregolari, crea una sorta di caos controllato. C'è molta tribalità in queste dinamiche feroci, e il movimento viene alimentato per mezzo di azioni dall'energia grezza, facendo del suo stile qualcosa di “semplice” e schietto. E sebbene Shechter non vada per narrazioni, a volte aggiunge la propria voce fuori campo, mettendosi in gioco per primo, condividendo la propria emotività: “Mia madre mi ha lasciato quando avevo 2 anni. È come avere un secchio con un buco. Non importa cosa ci versi, è sempre vuoto." (The Art of Not Looking Back, 2009).
Il suo, dunque, è uno stile personalissimo e per questo ha concesso alla danza di rinnovarsi. E questo accade solo quando un coreografo è anche un artista. E per essere tali, vale ripeterlo, bisogna essere umani, troppo umani. Bisogna aver sofferto e trasformato il dolore. Solo in questo caso, l'Arte si fa mezzo necessario attraverso cui incanalare le energie, comprenderle e trasformarle. E la comunicazione che ne consegue, quasi dettata dal demone che possiede l'artista, non si limiterà alla trasmissione di un'idea (come siamo abituati nella nostra inumana e formale Italia) ma condividerà con il pubblico un patrimonio universale. Non sarà mai solo un esibizione ma un vero e proprio rito collettivo.
"[I miei lavori] sono spesso visti come il riflesso del mio background in Israele, ma mostrano anche qualcosa che potresti vedere all'Arsenal il sabato pomeriggio".
Metro, 2008
"Una delle prime cose che Hofesh mi ha detto è stata che fondamentalmente la danza contemporanea era noiosa", ha dichiarato Luke Jennings, il critico di danza per The Observer, in un'intervista telefonica. Pieno di contraddizioni, Shechter crea eccitanti sequenze d'insieme, straordinarie messe in scena di brutalità e cameratismo per regalare al pubblico un'esperienza unica. Lee Curran, il lighting designer con il quale collabora, è l'elemento chiave per creare modelli e atmosfere di set - in gran parte spogli - in cui il nervosismo da guerriglia urbana di Shechter immagina manovre poco ortodosse che possono disorientare le aspettative convenzionali. Fortunatamente non c'è niente di compiacente nella danza del coreografo.
I danzatori sono presentati non come singoli individui ma piuttosto come esseri intrappolati nelle correnti trasversali delle proprie pulsioni animali. E la danza, spinta da ritmi irregolari, crea una sorta di caos controllato. C'è molta tribalità in queste dinamiche feroci, e il movimento viene alimentato per mezzo di azioni dall'energia grezza, facendo del suo stile qualcosa di “semplice” e schietto. E sebbene Shechter non vada per narrazioni, a volte aggiunge la propria voce fuori campo, mettendosi in gioco per primo, condividendo la propria emotività: “Mia madre mi ha lasciato quando avevo 2 anni. È come avere un secchio con un buco. Non importa cosa ci versi, è sempre vuoto." (The Art of Not Looking Back, 2009).
Il suo, dunque, è uno stile personalissimo e per questo ha concesso alla danza di rinnovarsi. E questo accade solo quando un coreografo è anche un artista. E per essere tali, vale ripeterlo, bisogna essere umani, troppo umani. Bisogna aver sofferto e trasformato il dolore. Solo in questo caso, l'Arte si fa mezzo necessario attraverso cui incanalare le energie, comprenderle e trasformarle. E la comunicazione che ne consegue, quasi dettata dal demone che possiede l'artista, non si limiterà alla trasmissione di un'idea (come siamo abituati nella nostra inumana e formale Italia) ma condividerà con il pubblico un patrimonio universale. Non sarà mai solo un esibizione ma un vero e proprio rito collettivo.
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Suggestioni sonore
Shechter compone le tracce sonore di tutte le sue opere. "A volte uso frammenti di Bach, due o tre minuti qua o là, ma la musica è una parte così grande della mia coreografia che non credo che potrei creare un intero pezzo con la partitura di qualcun altro".
Colonne sonore cinematografiche, epiche e multistrato. Percussive e cadenzate come i ditirambi antichi, spesso vengono suonate dal vivo per infondere più vitalità, pericolo e nervosismo alla performance. “La musica è una parte essenziale del mio lavoro; è il suo cuore pulsante, il suo carburante. Crea spazio e atmosfera.” "Le mie partiture sono molto piene; ma, detto questo, ci deve essere un posto nella mia musica per far respirare la danza. Ci deve essere coesistenza".
L'importanza che Shechter attribuisce all'impatto della sua musica è chiara nella sua opera più famosa, In Your Rooms. Spettacolo unico e pluripremiato, è stato un progetto che ha visto la compagnia spostarsi da The Place (300 posti) alla Queen Elizabeth Hall (900 posti) al Sadler's Wells (1500 posti), nel giro di pochi mesi, aumentando ad ogni tappa il numero dei danzatori.
Per quanto riguarda la musica, ciò che all'inizio era una semplice registrazione, passò ad essere eseguita dal vivo alla Queen Elizabeth Hall, per poi evolversi in un'intera band, su piattaforma, che si esibiva librandosi al di sopra dei danzatori al Sadler's Wells. Un esperimento in scala innovativo e ambizioso, che ha riscosso un successo, di pubblico e critica, tale da essere ospitato alla Roundhouse di Londra con 17 ballerini e 20 musicisti.
Colonne sonore cinematografiche, epiche e multistrato. Percussive e cadenzate come i ditirambi antichi, spesso vengono suonate dal vivo per infondere più vitalità, pericolo e nervosismo alla performance. “La musica è una parte essenziale del mio lavoro; è il suo cuore pulsante, il suo carburante. Crea spazio e atmosfera.” "Le mie partiture sono molto piene; ma, detto questo, ci deve essere un posto nella mia musica per far respirare la danza. Ci deve essere coesistenza".
L'importanza che Shechter attribuisce all'impatto della sua musica è chiara nella sua opera più famosa, In Your Rooms. Spettacolo unico e pluripremiato, è stato un progetto che ha visto la compagnia spostarsi da The Place (300 posti) alla Queen Elizabeth Hall (900 posti) al Sadler's Wells (1500 posti), nel giro di pochi mesi, aumentando ad ogni tappa il numero dei danzatori.
Per quanto riguarda la musica, ciò che all'inizio era una semplice registrazione, passò ad essere eseguita dal vivo alla Queen Elizabeth Hall, per poi evolversi in un'intera band, su piattaforma, che si esibiva librandosi al di sopra dei danzatori al Sadler's Wells. Un esperimento in scala innovativo e ambizioso, che ha riscosso un successo, di pubblico e critica, tale da essere ospitato alla Roundhouse di Londra con 17 ballerini e 20 musicisti.
Rispetto per il pubblico
"Il mio lavoro non è finito finché non c'è un pubblico che guarda. Insisto assolutamente su questo. È una cerimonia, e la cerimonia è fatta per il pubblico. È una cosa primitiva che va avanti da quando il teatro è stato inventato per la prima volta. È una cosa molto potente e molto speciale, una condivisione comunitaria tribale. È quel senso di fratellanza, cameratismo nelle battaglie della vita, vittoria dello spirito attraverso la perseveranza, attraverso il sostegno che è la mia più grande ambizione. In tutto il nostro lavoro, ci sforziamo di spostare noi stessi e il nostro pubblico, oltre la ragione.
“Voglio che il pubblico sia risvegliato, che sperimenti il mio lavoro dall'intestino. Fidarsi dell'istinto è per me come fidarsi della natura, o di Dio, o di un senso di scopo; una fonte, una scintilla. Confidando in una forza superiore e migliore delle nostre menti colte, limitate e oppresse.”
“Il mio lavoro parla la lingua della gente, del tempo. Non è solo per i professionisti. Ritrae qualcosa di crudo, reale: l'essenza dello spirito umano, la sua impotenza di fronte all'io e alle pressioni esterne, ma la sua vittoria finale; la vittoria finale della speranza; un resoconto delle tensioni tra il collettivo e l'individuo; controllo e l'abbandono del controllo.”
"Penso che i titoli siano molto importanti". "Possono essere una chiave, un indizio sul pezzo, ma possono anche essere una trappola. "Di cosa si tratta? Non riesco a trovare una sola risposta, grazie a Dio. Se potessi, sarebbe terribilmente sbagliato".
“Voglio che il pubblico sia risvegliato, che sperimenti il mio lavoro dall'intestino. Fidarsi dell'istinto è per me come fidarsi della natura, o di Dio, o di un senso di scopo; una fonte, una scintilla. Confidando in una forza superiore e migliore delle nostre menti colte, limitate e oppresse.”
“Il mio lavoro parla la lingua della gente, del tempo. Non è solo per i professionisti. Ritrae qualcosa di crudo, reale: l'essenza dello spirito umano, la sua impotenza di fronte all'io e alle pressioni esterne, ma la sua vittoria finale; la vittoria finale della speranza; un resoconto delle tensioni tra il collettivo e l'individuo; controllo e l'abbandono del controllo.”
"Penso che i titoli siano molto importanti". "Possono essere una chiave, un indizio sul pezzo, ma possono anche essere una trappola. "Di cosa si tratta? Non riesco a trovare una sola risposta, grazie a Dio. Se potessi, sarebbe terribilmente sbagliato".
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Il rapporto con l'Italia
Stupisce sapere che a partire da un anno dopo la formazione della sua compagnia, Shechter è ospite in Italia quasi ogni anno. Come spesso accade è il Romaeuropa festival che per primo funge da grande vetrina, aggiudicandosi il merito di mostrare al suo pubblico non solo le grandi compagnie internazionali, ma come nel caso del coreografo londinese d'adozione, di presentare la danza del futuro. Ed infatti, nel 2009 a Roma si possono vedere Uprising (2006) e In your room (2007). Due anni dopo, nel 2011 e sempre nella cornice del RomaEuropa festival, la capitale ospita Political Mother, lavoro del 2010. La stagione 2012-13 lo vedrà a Verona, sempre con Political Mother al Teatro Testori. Nel 2014 torna al RomeEuropa festival con Sun, lavoro del 2013.
Nel 2015 Hofesh Shechter, inserito nel calendario dell'Open Festival, è a Reggio Emilia con un progetto in collaborazione tra Collezione Maramotti, Max Mara e Fondazione Teatri. Con una performance site specific negli spazi della collezione e la prima italiana dello spettacolo deGeneration al Teatro Cavallerizza. Composto di tre parti: Cult (2004) e Fragments (2003) e il pluripremiato Disappearing Act (2015), è basato su una creazione del 2012, riadattata per i giovani interpreti della neonata Junior Shechter.
Il 2016 lo vedrà nuovamente a Roma per il REF con Barbarians, coreografia del 2015. L'anno successivo, nel 2017, collaborerà con Aterballetto e per la compagnia creerà Wolf, presentata a Gorizia a la NID Platform 2017.
Il 2018 lo vedrà al Teatro le Muse di Ancona e al Teatro Ariosto di Reggio Emilia. In tutti e due, la Hofesh Shecther Company danzerà Show (2018), trittico composto da The Entrance, Clowns e Bows. Al Teatro Grande di Brescia, invece presenterà Clowns (2016), mentre a Milano, a La Scala, metterà in scena la sua versione di Orfeo ed Euridice. A Roma, al Romaeuropa festival, proporrà Gran finale, opera del 2017.
Il biennio 2019-2020 non è stato facile per lo spettacolo dal vivo. Pandemia e conseguente lockdown hanno portato alla cancellazione delle programmazioni. Cosi si sono annullate le presenze al Teatro Municipale Valli di Reggio Emilia, al Teatro Grande di Brescia, al Torinodanza festival. Eccezion fatta, a Milano, all'interno del festival Le Fifa, organizzato da la Fabbrica del Vapore, che ha trasmesso Clowns, il film. Rielaborazione per il video, girato nell'iconica Rivoli Ballroom nel sud di Londra, commissionata dalla BBC e trasmesso per la prima volta su BBC Two nel 2018.
Nel 2021, i confini sembrano aprirsi, e la compagnia è presente in tre città. A Rovereto, per il festival Oriente Occidente, e a Reggio Emilia al Teatro municipale Valli, con Political Mother Unplugged. A Torino per Torinodanza festival con Duble Murder, dittico composto da Clowns (2016) e The Fix (2021).
Nel 2015 Hofesh Shechter, inserito nel calendario dell'Open Festival, è a Reggio Emilia con un progetto in collaborazione tra Collezione Maramotti, Max Mara e Fondazione Teatri. Con una performance site specific negli spazi della collezione e la prima italiana dello spettacolo deGeneration al Teatro Cavallerizza. Composto di tre parti: Cult (2004) e Fragments (2003) e il pluripremiato Disappearing Act (2015), è basato su una creazione del 2012, riadattata per i giovani interpreti della neonata Junior Shechter.
Il 2016 lo vedrà nuovamente a Roma per il REF con Barbarians, coreografia del 2015. L'anno successivo, nel 2017, collaborerà con Aterballetto e per la compagnia creerà Wolf, presentata a Gorizia a la NID Platform 2017.
Il 2018 lo vedrà al Teatro le Muse di Ancona e al Teatro Ariosto di Reggio Emilia. In tutti e due, la Hofesh Shecther Company danzerà Show (2018), trittico composto da The Entrance, Clowns e Bows. Al Teatro Grande di Brescia, invece presenterà Clowns (2016), mentre a Milano, a La Scala, metterà in scena la sua versione di Orfeo ed Euridice. A Roma, al Romaeuropa festival, proporrà Gran finale, opera del 2017.
Il biennio 2019-2020 non è stato facile per lo spettacolo dal vivo. Pandemia e conseguente lockdown hanno portato alla cancellazione delle programmazioni. Cosi si sono annullate le presenze al Teatro Municipale Valli di Reggio Emilia, al Teatro Grande di Brescia, al Torinodanza festival. Eccezion fatta, a Milano, all'interno del festival Le Fifa, organizzato da la Fabbrica del Vapore, che ha trasmesso Clowns, il film. Rielaborazione per il video, girato nell'iconica Rivoli Ballroom nel sud di Londra, commissionata dalla BBC e trasmesso per la prima volta su BBC Two nel 2018.
Nel 2021, i confini sembrano aprirsi, e la compagnia è presente in tre città. A Rovereto, per il festival Oriente Occidente, e a Reggio Emilia al Teatro municipale Valli, con Political Mother Unplugged. A Torino per Torinodanza festival con Duble Murder, dittico composto da Clowns (2016) e The Fix (2021).
Coreografie
Fragments 2003
Cult 2004
Uprising 2006
In your room 2007
The Art of Not Looking Back 2009
Political Mother 2010
Political Mother:The Choreographer's Cut | In Good Company 2011 (2012, 2014)
Survivor 2012
Sun 2013
Untouchable | Orphee et Eurydice | Barbarians | Disappearing Act 2015
Clowns | Il violinista sul tetto 2016
Gran finale 2017
Show | East Wall 2018
Political Mother Unplugged 2020
The Fix | LIGHT: Bach Dances 2021
Cult 2004
Uprising 2006
In your room 2007
The Art of Not Looking Back 2009
Political Mother 2010
Political Mother:The Choreographer's Cut | In Good Company 2011 (2012, 2014)
Survivor 2012
Sun 2013
Untouchable | Orphee et Eurydice | Barbarians | Disappearing Act 2015
Clowns | Il violinista sul tetto 2016
Gran finale 2017
Show | East Wall 2018
Political Mother Unplugged 2020
The Fix | LIGHT: Bach Dances 2021
gb
Fonti
traduzioni di Davide Monetto
0. www.hofesh.co.uk
1. "The Stage 100 theatre power list in full for 2017". The Stage. 2017-01-05. Retrieved 2017-11-24.
2. Boccadoro, Patricia (21 March 2012). "Interview: Hofesh Shechter". Culturekiosque. Retrieved 27 January 2015.
3. Jump up to:a b Sulcas, Roslyn. "A Conversation With Israeli-Born Choreographer Hofesh Shechter". ArtsBeat. Retrieved 2017-11-24.
4. Mackrell, Judith (2009-01-12). "Interview with sought-after choreographer Hofesh Shechter". The Guardian. ISSN 0261-3077. Retrieved 2017-11-24.
5. Jump up to:a b c Debra Craine; Judith Mackrell (19 August 2010). The Oxford Dictionary of Dance. Oxford University Press. pp. 408. ISBN 978-0-19-956344-9.
6. Roy, Sanjoy (2009-05-13). "Step-by-step guide to dance: Hofesh Shechter". The Guardian. ISSN 0261-3077. Retrieved 2017-11-24.
7. "The crouching tiger: How Israeli Hofesh Shechter became the biggest". The Independent. 2010-05-16. Retrieved 2017-11-24.
8. "Cult - Hofesh Shechter Company". Hofesh Shechter Company. Retrieved 2017-11-24.
9. "Untouchable". ROH. Retrieved 27 March 2015.
10. "Show / Brighton Dome". Brighton Dome. Retrieved November 6, 2018.
11. Shaw, Andrew (12 September 2011). "Political Mother". Gaynewsnetwork. Retrieved 27 March 2015.
12. www.thejc.com/news/the-diary/israeli-choreographer-hofesh-shechter-awarded-an-honorary-obe-in-the-queen-s-birthday-honours-1.465463
13. www.romeuropa.net
14. www.orienteoccidente.it
15. www.torinodanzafestival.it
16. www.aterballetto.it/en/aterballetto/choreographers/hofesh-shechter