D. La Maison d’Art a Catanzaro. Chi ti ha accompagnato a nove anni alla tua prima lezione e chi ha deciso che la tua doveva essere un'ottima base per la formazione futura? R. Ho conosciuto la danza grazie a mia sorella che è stata la mia accompagnatrice alla prima lezione di danza. Inoltre, è stata lei a segnare la mia formazione futura perché mi ha “affidato” a Francesco Piro, suo insegnate di danza e direttore insieme ad Irma Opipari della Maison d’Art di Catanzaro. Francesco, con grandi sforzi, ha sempre mirato all’alta formazione contaminando la sua scuola con la presenza costante di grandi insegnanti della danza italiana che ho ritrovato poi nei miei studi fuori dalla Calabria. D. Dal Balletto di Toscana alla Compagnia EgriBianco. Due nomi storici della danza italiana. Come è avvenuto il passaggio? R. Da Bozzolini ad Egri attraverso la Francia! Circa otto anni fa decisi di iniziare il percorso di audizioni per passare dal Junior BdT ad una compagnia più stabile. Dopo vari tentativi arrivai in Fondazione Egri, l’audizione per le “Destin des images”, progetto del DAS di Elena Rolla con il coreografo lionese Harry Albert. Seppur il mio entusiasmo non era elevato per quella candidatura venni selezionato e a conclusione del progetto Raphael Bianco, che mi aveva visto in scena con il Balletto di Toscana, mi offrí un contratto per EgriBiancoDanza. Accettando la proposta di Bianco ho iniziato a tracciare il mio futuro di danzatore professionista e non solo. D. 2011 | Non solo danzatore ma anche coreografo. Quanto del tuo punto di vista si alimenta degli insegnamenti di Bianco e quanto invece vuoi "allontanartene"? R. Bianco ha sempre usato un atteggiamento neutro nell’insegnamento della coreografia, limitandosi a regale le sue conoscenze acquisite dagli studi e dall’esperienza sul campo. Il motivo di questa decisione è quello di formare coreografi, che possano da subito avere un proprio punto di vista privo di influenze con lo scopo di trovare subito una certa originalità. Essendo un danzatore di Bianco da 8 anni l’influenza è quasi obbligata, a prescindere dalle “precauzioni”. L’ aspetto più interessante del Bianco coreografo è la capacità di rimanere saldo alla propria idea mantenendo una grande coerenza, questo è un aspetto al quale aspiro. Non trovo niente da cui allontanarmi ma qualcosa che ci differenzia molto, oltre ai 20 anni in più di esperienza a favore di Bianco, è che io preferisco essere più criptico seppur narrativo, mi piace la drammaturgia non ordinata. D. A naca d'oja, 2016 e Haters over the rainbow, 2018 sono due coreografie short format ma ben strutturate. Stratificate nel loro guardare con ironia, e crudezza, all'uomo d'oggi. Da uno sguardo particolare, quello del folklore del sud nel 2016, a quello più generale di “coloro che odiano” nel 2018 le coreografie si accomunano per un desiderio narrativo, che fa del gesto quotidiano un elemento coreutico. Che tipo di ricerca in questo caso? Il messaggio sembra comune, può darsi? R. L’ uomo è sempre più succube del potere, la voglia di supremazia alimenta la cattiveria di esseri sempre più crudeli. Il sentimento che ha smosso le mie idee per queste due coreografie è, infondo, il medesimo ma il messaggio, oltre ad altre differenze, non è comune. ‘A naca d’oja sfrutta la crudeltà del cammino di Gesù verso il Golgota in contrasto con la gioia e il calore del meridione, per raccontare di quel luogo che è sempre imbrigliato e ma mai enfatizzato: il mio amato SUD. HATERS OVER THE RAINBOW, ispirandosi alla crudeltà dell’hater, vuole regalare un momento di spensieratezza al pubblico avendolo prima infastidito, ha lo scopo di far immaginare il web come un mezzo per migliorare la comunicazione e non per peggiorarla. Per la creazione di HATERS ho messo ogni danzatore davanti una persona o condizione immaginaria che scatenasse nel proprio animo e quindi nel proprio corpo odio, da qui sono nati i movimenti che ho poi deciso di declinare in due modi. Una schematica ed ad addizione come la struttura dei social network rappresentante dell’odio nel web e l’altra più morbida e rimbalzante per trasportare il pubblico in un’ atmosfera positiva un po’ “over the rainbow”. D. InorOut. coreografia del 2017, torna per Palcoscenicodanza nel 2018 alla Lavanderia a Vapore. Un trio di danza formale, che proprio per la messa in mostra della dinamicità fluttuosa del corpo, necessità di caratteristiche differenti ma non minori rispetto la danza narrativa. Quali per InorOut? R. INorOUT nasce per una commissione proprio sulla danza astratta e quindi priva di narrazione. Non è stata smossa, quindi, da mie pulsioni interiori ma unicamente costruita con il movimento. Qualsiasi tipo di coreografia astratta necessita di una prestazione molto convincente da parte dei danzatori ma soprattutto di una grande attenzione da parte del coreografo nella sua costruzione. È un lavoro puramente tecnico in cui bisogna cercare di maneggiare spazio, tempo ed energia con una certa accuratezza. Proprio per questo motivo, quando decisi di sottoporre il lavoro a Bianco prima di andare in scena, lui mi fece notare quanto fosse narrativa e poco astratta e per tale motivo ricostruì da zero tutta la coreografia. Ricostruirla sarà servito, visto che sarà replicata a Palcoscenicodanza. D. Cosa non deve mancare ad un danzatore per essere scelto per una tua coreografia? R. Grinta ed energia, ma soprattutto interesse verso il lavoro che gli viene proposto. Se l’artista ha interesse è sicuramente stimolato e di conseguenza può stimolare colui che deve/vuole creare. www.vincenzocriniti.wordpress.com gb |
AutoreGiovanni Bertuccio Archivi
Gennaio 2022
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