![]() Non poche collezioni, a partire dalla fine del XIX secolo, hanno raccolto le produzioni plastiche e letterarie degli alienati. La psichiatria era una disciplina ancora giovane, e l'arte dei folli suscitava l'interesse dei medici. Marcel Réja, ad esempio, pubblicò L'art chez les fous. L'intento del libro, come è chiaramente indicato nell'introduzione, è quello di studiare un'“arte” specifica, o, più precisamente, un'infanzia dell'arte, per riuscire a illuminare i meccanismi del genio. A tale scopo l'autore esamina anche i “disegni dei bambini e dei primitivi”, ne rileva le differenze e constata che hanno in comune un certo “disprezzo” della realtà: non mirano a “evocare le forme in sé, ma solamente la loro idea”. Hans Prinzhorn, che lavorava presso la clinica universitaria di Heidelberg, scrisse un testo dal titolo Espressioni della follia pubblicato nel 1922. Prinzhorn apprezzava l'arte del suo tempo e incoraggiava i malati a esprimere sé stessi mediante la pittura e la scultura. Dalle sue analisi emersero temi comuni: E' assai proficuo rilevare i tratti comuni alla sensibilità artistica contemporanea. Constatiamo infatti che l'avversione a un'idea semplicistica del mondo, un disconoscimento sistematico delle apparenze esteriori alle quali l'arte occidentale era rimasta da sempre fedele, in definitiva un deciso ritorno all'Io, sono i tratti fondamentali della nuova ricerca artistica. Ebbene, tali termini ci sono stati resi familiari grazie agli sforzi dello schizofrenico per descrivere il suo sentimento del mondo. ![]() Il libro e i lavori di Prinzhorn testimoniano sia una approccio nuovo alla creatività, destinato a propiziare sia una maggiore comprensione dell'arte moderna, sia un mutato atteggiamento nei confronti della follia. Ne seguirono mostre, attentamente visitate dagli artisti, in particolare gli espressionisti tedeschi. E ne seguì un maggiore interesse per l'arte dei malati di mente. Dai folli ai marginali, ai balzani, agli ostinati, ritenuti un po' fissati che s'intestano a produrre disegni, dipinti, mosaici, oggetti o costruzioni più o meno strane, il passo è breve. La fama del Palais Idéal edificato tra il 1879 e il 1912 da Ferdinand Cheval, detto Le Facteurs, aveva presto scavalcato i confini della Drome, anche se nel suo paese Cheval fu a lungo considerato un povero pazzo che riempie di pietre il suo giardino. Artisti e poeti hanno sempre manifestato, dunque, interesse per le opere prodotte da una creatività sregolata, ma nessuno è mai sembrato preoccuparsi della loro conservazione. Possiamo vedere ancora oggi i disegni spiritici di Victor Hugo o le figure scolpite nel granito dall'abate Adolphe-Julien Fourè sulla scogliera di Rothéneuf perché molto resistenti, ma la maggior parte delle opere marginali è scomparsa. Le collezioni psichiatriche, in questo senso, hanno avuto un ruolo determinante. ![]() Jean Dubuffet ne visitò parecchie quando pensava di scrivere un'opera sulle creazioni degli irregolari. Dopodiché il suo progetto iniziale si modificò. E il pittore decise di farsi promotore di una collezione che consentisse la conservazione e lo studio dell'art brut, che egli definì questi termini: Noi intendiamo con ciò opere eseguite da persone prive di cultura artistica, nelle quali il mimetismo, contrariamente a quanto accade negli intellettuali, ha dunque scarsa o nessuna importanza, dal momento che i loro autori attingono tutto quanto (soggetti, scelta dei materiali adoperati, mezzi di trasposizione, ritmi, modelli di scrittura, ecc.) dal fondo di se stessi e non dagli stereotipi dell'arte classica o dell'arte alla moda. Noi assistiamo qui all'atto artistico assolutamente puro, bruto, reinventato dall'autore nella totalità delle sue fasi, muovendo unicamente dai propri impulsi. Arte, dunque, dove si manifesta la sola funzione dell'invenzione e non quella, costante nell'arte colta, del camaleonte e della scimmia. L'arte accademica, in quanto tecnica, veniva messa al bando. Si favorivano al contrario, quei gesti artistici scaturiti da nessuna mediazione, dove erano gli impulsi ad essere il motore scatenante, divenendone cosi sia il punto da cui si originava certa arte, sia il significante dell'arte stessa. Si parte dagli istinti per spiegarli e conoscerli. Fonti 1 M. Réja, L'art chez les fous (1907), Z' éditions, Nice 1994 2 H. Prinzhorn, Expressions de la folie (1922), Gallimard, Paris 1984 3 Cfr. D. Riout, in Riferimenti e modelli, in L'arte del Ventesimo secolo. Protagonisti, temi, correnti, Einaudi, Torino 2002 4 J. Dubuffet, L'art brut préféré aux arts culturels (1949), in L'homme du commun, Museum of Fine Arts, Montreal, 1970 gbApprofondisci
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AutoreGiovanni Bertuccio Archivi
Aprile 2022
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