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QUEER E DANZA                                                  ANNI SESSANTA                                                    BALLROOM

1/3/2021

 
Foto
ph Anja Matthes dalla serie The Atlantic, 2019


​ballroom community

Con espressioni quali ball culture, house system, ballroom community ci si riferisce ad una sfaccettatura  della cultura queer, soprattutto americana, caratterizzata da vere e proprie competizioni dette ball. Momenti aggregativi, durante i quali si sfila, si danza, si compete in drag, secondo categorie stabilite per scimmiottare identità di genere e classi sociali. Anche se si parla di queer ball già a partire dal 1869, la prima ball ufficiale risale al 1964.
​​

Luoghi fumosi e clandestini, le ball erano i soli posti in cui rifugiarsi ed esprimere sé stessi in sicurezza, sfilando fieri nei propri costumi di fronte ad una giuria. Anche se nei primissimi anni, le ball si componevano perlopiù da bianchi e da regine nere - che si sbiancavano inseguendo i canoni imposti dal magazine Vogue - successivamente si aprirono anche le black ball, espressione di coraggio e di orgoglio tanto omosessuale quanto razziale. 

Dette anche "funzioni", le ball, venivano pubblicizzate attraverso flyer su cui si indicavano il nome della house organizzatrice, il tema da rispettare, l'uso degli accessori, l'abbigliamento, il trucco e le categorie ammesse. Influenzati dalla moda hip hop e dalla musica, le ball possono durare fino a 10 ore, con decine di categorie in un'unica serata. Alcuni trofei sono alti 3,7 metri e il premio finale può superare i mille dollari.

 
​parodia | aderenza stile danza

​La Grand March, in cui si presentano “figli” e capifamiglia, madre o padre che siano, rappresenta la cerimonia d'apertura. Da qui, la competizione, a volte molto poco sportiva, avrà inizio e sarà commentata da un MC. La giuria verificherà il rispetto e l'aderenza alle categorie stabilite.

Il rapporto con la moda è strettissimo
e i costumi o i vestiti servono proprio per calarsi nella parte, trasformando le ball in luoghi in cui l'eleganza, l'opulenza, la cura del dettaglio, la ricerca della perfezione si uniscono per dare vita a una vera competizione in cui le doti interpretative e stilistiche sono essenziali.

​
I partecipanti sono giudicati, infatti, non solo in base all'abilità nel ballo (il voguing già noto in questi anni) ma soprattutto nella cura del vestito e dell'atteggiamento, devono mostrare una appropriata realness. Nonostante alcune sfilate includano il crossdressing, nella maggior parte dei casi lo scopo è quello di accentuare la mascolinità o la femminilità come parodia dell'eterosessualità. 
​


​identità e liberazione

Per quanto il clima da ballroom sia la messa in scena di un tema, quello che potrebbe apparire una carnevalata, nasconde in ogni gesto, musica, sguardo e sforbiciata di gambe, un complesso e quanto mai sofferto processo d'identità e liberazione.

​Percorrere la passerella rappresenta un atto rivoluzionario, un imporsi, un esistere anche quando il contesto sociale non vuole vedere. Ma quello delle ballroom non è soltanto un patrimonio culturale, educativo, performativo, ma la sua storia è anche fatta di momenti per rafforzare la memoria collettiva sul tema dell'Hiv. La comunità transgender e queer, infatti, è stata completamente decimata dalla malattia con il bum negli anni Ottanta. A tal proposito, già negli anni Novanta, è nata la House of Latex che durante le ball distribuiva volantini e depliant informativi. La Latex Ball continua tuttora a organizzare ball scegliendo tematiche che sensibilizzino il pubblico verso la lotta e la prevenzione dell'HIV.

In America, negli anni Sessanta, lo scontro razziale raggiunge il suo apice, profetizzando la crisi degli anni Settanta. Essere neri, omosessuali, drag o transgender voleva dire non avere vita facile, e la volontà di superare questo stato di cose, che inglobava minoranze nelle minoranze, portò all'intensificazione dei movimenti per i diritti omosessuali.


Contesto 

Foto
A scene from Kent MacKenzie's 1961 film 'The Exiles,' shot outside a Cooper Do-nuts in Bunker Hill, Los Angeles MILESTONE FILMS

​Negli anni Cinquanta e Sessanta pochissimi stabilimenti accoglievano gay. Quelli che lo facevano, a causa della natura illegale, erano gestiti da gruppi criminali, raramente gay. Questi bar venivano chiusi progressivamente e i loro clienti arrestati e esposti sui giornali. In più la Federal Bureau of Investigation (FBI) e i dipartimenti di polizia degli Stati Uniti tenevano elenchi di omosessuali noti e delle loro relazioni; l'ufficio postale degli teneva traccia degli indirizzi a cui veniva spedito materiale relativo all'omosessualità. In tutte le città si effettuavano "scoperte" per liberare quartieri, parchi e spiagge dai gay. Si vietava l'uso di abiti di genere opposto e le università espellevano i docenti sospettati di essere omosessuali. 

Sebbene questi eventi siano oggi poco ricordati, confermano che le proteste non si limitavano ad una sola città. Infatti, sono i moti di Stonewall ad essere considerati l'impulso del moderno movimento di liberazione gay. Ma, in realtà, una serie di manifestazioni di resistenza civile hanno avuto luogo prima di quella data, già a partire dal 1959. Queste azioni, spesso organizzate da associazioni omofile, denunciavano la discriminazione nel lavoro e negli alloggi pubblici, l'esclusione dall'esercito, le molestie della polizia, il trattamento degli omosessuali nella Cuba rivoluzionaria.

Piccola rivolta, in risposta alle molestie della polizia, è quella avvenuta nel maggio 1959 al Cooper Do-nuts cafe a Los Angeles. Dieci anni prima delle più note rivolte di Stonewall a New York, è considerata oggi, come la prima moderna rivolta LGBT negli Stati Uniti. Anzi, gli avvenimenti del 1969 figurano più come la punta dell'iceberg di un decennio pieno di proteste. Scopriamo quali.


​prima di stonewall

→ 19 settembre 1964 | New York | Per protestare contro il trattamento riservato ai gay da parte dell'esercito americano
→ 2 dicembre 1964 | New York | Per protestare contro il modello di malattia dell'omosessualità
→1 gennaio 1965 | San Francisco | Per protestare contro l'azione della polizia
→ 17 aprile e 18 aprile 1965 | Washington, New York | Per protestare contro Cuba e le politiche degli Stati Uniti sull'omosessualità
→ 25 aprile 1965| Filadelfia | Per protestare contro la politica di esclusione gay dai ristorante
→ 29 maggio 1965 | Washington | A sostegno dei diritti dei gay
→ 4 luglio 1965 | Filadelfia | Picchetto informativo generale
→ 26 settembre 1965 | San Francisco | A sostegno di un sacerdote pro-gay
→ 23 ottobre 1965 | Washington | A sostegno dei diritti dei gay
→ 21 aprile 1966 | New York | Per contestare il divieto dello stato di servire alcolici ai gay
→ 21 maggio 1966 | LA, NY, Filadelfia, San Francisco, Washington | Per protestare contro l'esclusione degli omosessuali dalle forze armate degli Stati Uniti
→ 18 luglio 1966 | San Francisco | Per protestare contro le molestie e il diniego di servizio di un ristorante
→ agosto 1966 | San Francisco | Per protestare contro le continue molestie
→ settembre 1966 | Chicago | Per protestare per essere ignorati dalla stampa
​→ 1 gennaio 1967 | Los angeles | Per protestare contro i raid della polizia nei bar gay
→ 11 febbraio 1967 | Los Angeles | In solidarietà con altri gruppi minoritari della città
→ 17 marzo 1968 | Los Angeles | Per protestare contro le molestie da parte del LAPD
→ 23 aprile 1968 | New York | Per protestare contro l'omosessualità come malattia mentale
→ 9 maggio 1968 | Newtown | Per protestare contro la cancellazione del dibattito sull'omosessualità
→ 30 maggio 1968 | Los Angeles | Raduno generale
→ agosto 1968 | Los Angeles | Per protestare contro un raid della polizia a The Patch, un bar gay
→ aprile 1969 | San Francisco | Per protestare contro il licenziamento di un attivista gay
→ maggio 1969 | San Francisco | Per protestare contro il licenziamento di un dipendente sospettato
→ 28 giugno 1969 | New York | Stonewall

gb 
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