Sia nel teatro che nella danza, l’utilizzazione di immagini video è presto diventata una pratica abbastanza usata nella messa in scena. A partire dagli anni Ottanta, due furono le tendenze più diffuse, da un lato la produzione video svolge una funzione prevalentemente scenografica, dall'altro, la ricerca del puro effetto spettacolare. Queste innovazioni, portarono nuova linfa al linguaggio teatrale, che da adesso, sposta l’uso delle immagini video o digitali, dal momento della messa in scena al momento dell’idea drammaturgica. In realtà, i due processi confluiscono continuamente, ma la differenza sta nel ruolo che si attribuisce alle immagini in scena, che, dagli anni Ottanta in poi, e non sempre con la stessa consapevolezza, diventano elementi costitutivi del testo drammaturgico e non solo elementi integrativi della messa in scena. Pensiamo ad esempio ai Magazzini Criminali che introducono il video in scena fin dal 1979. In Punto di rottura, quattro monitor sezionano lo spettacolo, isolandone le azioni e i particolari; ed in Come del 1987 l’attore riprende sé stesso, in una specularità straniante e narcisista del proprio corpo recitante. O pensiamo all'uso delle tecnologie di allora in spettacoli come Vedute di Porto Said del 1978. Il teatro, ovviamente, non risulta impermeabile al divenire multimediale della società, anche se con notevoli resistenze. L'uso delle tecnologie digitali trasforma tutte le fasi produttive dello spettacolo, dalla progettualità alla sua dimensione scenica, producendo nuove modalità ibride di creazione e di comunicazione artistica. |
AutoreGiovanni Bertuccio Archivi
Gennaio 2022
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