![]() La videodanse in Francia, grazie ad una politica del sostegno da parte del governo, è diventata, soprattutto negli anni Ottanta, una produzione artistica di grande rilievo. La creazione video e lo spettacolo dal vivo sono, per la generazione della nouvelle danse, percorsi paralleli e convergenti, stretti in un clima culturale di massiccio consumo di immagini. Gli esponenti della nouvelle danse sono figli delle correnti del nuovo cinema francese, sono cinefili - pensiamo al successo dell pellicole di Jean-Luc Godard - alimentatisi del flusso di immagini, fatto di frequenti, rapide e massive informazioni sensoriali che hanno da tempo plasmato il nostro modo di sentire il mondo. Un isterismo convulso di corpi e una frammentarietà del gesto, che si riflette anche nella performance dal vivo, dove espedienti come la pausa, la ripetizione o l'accostamento casuale non sono, in questo caso, frutto del montaggio elettronico, ma la traduzione corporea di un sentire comune. La nouvelle danse ha trasferito, quindi, inizialmente i ritmi e i modi dell'immagine cinematografica e videografica sul palcoscenico, con spettacoli di danza caratterizzati della commistione di codici, linguaggi e nuove tecnologie. Solo in un secondo momento ha portato i linguaggi della danza all'interno della produzione video, a volte divenendo, i coreografi, registi o videomaker delle loro opere. Caratteristica, quindi, della videodanse è quella di essere videografia d'autore riconoscibile nello stile, e nasce dall'incontro fra una visione registica e una visione coreografica. ![]() Fra le opere della prima fase della produzione, quella della stretta collaborazione fra un videomaker e un coreografo, troviamo lavori caratterizzati dalla brevità e dall'incisività dell'immagine, come La voix des legumes del 1982, girato da Marc Guérini con Philippe Decouflé, o come Incandescence (1985), dello stesso regista, per Karin Saporta. Dall'unione artistica fra Claude Mourieras e Jean-Claude Gallotta si hanno, invece, video di respiro più ampio, anche perché tratti spesso, dalla rielaborazione di spettacoli nati per il palcoscenico, ad esempio Daphinis et Cloé, les bergers qui s'attrappent del 1983, o Montalvo et L'enfant del 1988. Verso la fine degli anni Ottanta, si entra nella seconda fase della videodanse, segnata dal passaggio dietro la videocamera degli stessi coreografi, che, anche registi, si cimentano nella creazione di opere dall'altissima tenuta artistica. Fra le opere più interessanti, il lavoro di Angelin Preljocaj. Lui si muove senza soluzione di continuità fra lo spazio scenico tradizionale e il video, passando senza difficoltà dalla produzione specifica per la telecamera - collaborando con il regista Cyril Collard, pensiamo a Les raboteurs del 1988 - alla rielaborazione per il video o alla prosecuzione ideale in video di opere già realizzate per la scena. Questo è il caso di Noces del 1990 su musiche di Stravinskij, di Le postier del 1991 o ancora di Idées noires, continuazione ideale del balletto Amer America sempre del 1991. Del 1993 è il capolavoro Un Trait d'union, versione videografica dell'omonimo duo creato nel 1989 che gli fa vincere, lo stesso anno, il Gran Prix Video Danse di Parigi. Si spinge oltre Jean-Claude Gallotta che passa addirittura a una produzione cinematografica vera e propria con opere quali Rei Dom del 1990 e L'amour en deux del 1991, nelle quali la dimensione narrativa passa attraverso gesti che risentono della vocazione coreografica dell'artista francese. gbApprofondimenti
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AutoreGiovanni Bertuccio Archivi
Aprile 2022
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