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Videodance | Stati Uniti '70 - '80

12/14/2017

 
FotoTotem | Alwin Nikolais, 1960
La videodanza, forma particolare di videoarte, nasce verso la fine degli anni Settanta come possibilità di produzione creativa, attiva e democratica, contro la fruizione passiva della comunicazione di massa e contro il tipo di produzione dirigistica propria dei grandi network radio-televisivi. Nel corso degli anni, una sempre maggior diffusione degli strumenti tecnici per la creazione di video personali incrementa l'uso libero, immediato e non manipolabile da terzi della videocamera. La sostituzione più recente della tecnologia analogica con quella digitale, sia del suono che dell'immagine, ha allargato enormemente le possibilità di intervento artistico sulla ripresa video e sulla post-produzione, spesso integrate con la computer graphic e con le tecniche avanzate di animazione e simulazione. 


La videodanza nasce negli anni Settanta negli Stati Uniti, dove lavorano in modo sperimentale autori come Maja Deren e Alwin Nikolais. La prima, può essere annoverata fra i primi videoartisti per la scelta ante litteram di creare, in pellicola,  danza per lo schermo. I suoi film, ai quali collaborò anche John Cage - pensiamo a Ritual in Transfigured Time del 1945-46 con coreografie di Frank WestBrook, e a The Very eye Of Night del 1959 - sono il prodotto di una profetica composizione dell'immagine, all'interno della quale fluiscono forme, figure plastiche e danzatori. Il secondo, Alwin Nikolais, nel 1964 realizza su pellicola Totem, The World Of Alwin Nikolais, vero e proprio film di danza, in cui i danzatori, su sfondo monocolore, sembrano fluttuare in uno spazio illusorio privo gravità. Nel 1968 in Limbo, Nikolais, va oltre e alle figure dei danzatori vengono sovrapposte immagini di pesci colorati. Relay del 1970, è già un'opera di videodanza a tutti gli effetti. Realizzata con tecnologie più avanzate, Nikolais, in Relay, sintetizza in immagini a metà fra fantasia e sogno, tutto il suo visionario universo. In questo lavoro di grande importanza storica, il corpo danzante si smaterializza progressivamente divenendo una particella infinentesimale della vastità infinità dell'universo.

FotoMerce Cunningam | Merce by Merce by Paik | Paik, Caunningham, 1978
​La prima vera e propria videoartista americana è comunque Doris Chase, per la quale già nel 1977 il critico Peter Grossman utilizzava esplicitamente il termine di videodance. Dopo Moving Forme del 1974, composizione astratta di forme in movimento, grazie alla collaborazione con danzatori delle più importanti compagnie realizza i suoi lavori più significativi, tutti intitolati Dance, cui segue a ogni nuova creazione un numero progressivo. In questi video la Chase dimostra una predilezione per il copro del danzatore solista, colto nei particolari e nei dettagli del movimento.

L'opera simbolo che può essere considerata il manifesto della videodanza, è Merce by Merce by Paik di Nam June Paik e Merce Cunningham del 1978, nella quale vengono composti artisticamente elementi di una coreografia espressamente creata per la telecamera insieme ad altri materiali video preesistenti. L'uso di espedienti videografici - l'incrostazione, lo sdoppiamento, la moltiplicazione dei corpi sullo schermo, la loro decentralizzazione, procedimenti analoghi a quelli che Cunningham sfrutta sulla scena - creano le basi per una composizione in cui la danza investe l'arte nella sua totalità, facendone un prodotto particolare di videoarte, appunto uno dei primi e più significativi esemplari di videodanza.

In questo clima socio-culturale particolare, sono cresciuti i danzatori e i coreografi della generazione degli Ottanta. Artisti sensibili ai fermenti di cambiamento della loro epoca e disponibili al dialogo con le nuove tecnologiche. Loro sono gli esponenti della post-modern dance, fra i quali alcuni si sono cimentati con il film e la videodanza. Ad esempio, la poliedica Meredith Monk con Quarry nel 1978 che rievoca la tragedia dell'Olocausto, Trisha Brown in Set and Reset del 1985, che realizza una composizione di materiali artistici autonomi e differenti, con le musiche di Laurie Anderson, le scene, i costumi e le visioni filmiche di Robert Rauschemberg. O Anna Halprin che esplora il rapporto fra corpo e natura nel suggestivo Embracing Earth: Dances with Nature del 1995.


gb


Approfondimenti


Maya Deren. Marcel Duchamp | Witch's Cradle,  1943
Maya Deren | Meshes Of The Afternoon, 1943
Doris Chase | Sculpture Series, 1979
'Rally' scena da Quarry | Meredith Monk, 1977
Good Bye, M. Orwell | Cunnungham, Paik, 1984
Maya Deren | Ritual in transfigured time, 1945-1946
Maya Deren | The Very Eye of Night, 1959
Set and Reset | Trisha Brown, 1985
Meredith Monk | Turtle Dreams, 1983
Nam June Paik | Global Groove, 1973

    Autore

    Giovanni Bertuccio

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Testata giornalistica registrata al Tribunale di Torino n. 439 del 07 novembre 2016
Direttore Giovanni Bertuccio



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