![]() Il genere che ha più influenzato la videodanza è sicuramente il videoclip musicale. Nato inizialmente come promo di un altro prodotto dell'industria culturale, il disco, è divenuto, presto, un genere a sé. Caratterizzato da elementi musicali e visionarietà post-moderna, la fortuna del videoclip è stata possibile grazie al progresso della computer grafhic. Negli anni Ottanta non è difficile sorprendere intrecci fra queste forme videoartistiche, soprattutto quando alcuni coreografi vengono coinvolti nella realizzazione di videomusicali e di spot pubblicitari. Si tratta, come scrive Elisa Vaccarino, in La Musa dello schermo freddo, di “un cortocircuito di creatività, che passa agilmente da un settore all'altro.” E la genesi di questo coinvolgimento, può essere rintracciata nel recupero, da parte delle generazioni degli anni Settanta e Ottanta, della dimensione del corpo in movimento. Fenomeno ben testimoniato dall'ondata di musical o film incentrati sul tema della danza di quegl'anni, pensiamo a Saturday night fever, a Grease, ancora Footloose, Due vite, una svolta, e All that jazz. ![]() Pensiamo in oltre ai coreografi che in quegli anni collaborano con le grandi star della musica pop. Vincent Paterson, ad esempio, che ha ideato le coreografie del video di Smooth Criminal di Michael Jackson e l'intero Blond Ambition Tour di Madonna - che si vale, tra l'altro e in altre occasioni, della collaborazione di Karole Armitage. «L'intenzione di Madonna», dice Paterson, «è di infrangere ogni regola possibile, unendo Broadway, rock, moda e spettacolo, in una rappresentazione teatrale, facendo rivivere allo spettatore un vero e proprio video musicale». O a coreografi come Daniel Ezralow, che ha creato coreografie per video musicali di U2, Pat Metheny, Andrea Bocelli, Ricky Martin, Josh Groban e Faith Hill. Ha curato, inoltre, le coreografie del The Glass Spider Tour di David Bowie, e le azioni danzate di They dance alone di Sting. Ancora, Prilippe Decouflé che ha collaborato con i New Order in True Faith del 1987, o alle sue produzioni video, short format, che in quegli anni gettavano le basi per il un gusto che oggi caratterizza le sue creazioni. Caramba del 1986, ad esempio, o Codex del 1987, e il capolavoro Le p'tit bal del 1994. E per l'accuratezza e la grande qualità dei video, bisogna ricordare, un'altra autrice francese, Régine Chopinot, e i suoi “corti”, fra i più importanti, Le defilé 1986 e Kok del 1988. * Anche in italia gli Ottanta sono gli anni delle intersezioni fra video, danza, teatro e videoarte. Vale la pena ricordare alcuni gruppi di artisti, come Magazzini Tiezzi e Lombardi, Falso movimento di Mario Martone, il collettivo Studio Azzurro nel periodo di collaborazione con Giorgio Barbiero Corsetti, che in quel decennio cominciano a lavorare sul concetto di enviroment producendo ibridazioni artistico-comunicative che trasmigrano da un linguaggio all'altro e si basano sull'interazione fra performer e scena tecnologica, tra corpo reale e tecnologie del suono e dell'immagine. gbApprofondimenti
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AutoreGiovanni Bertuccio Archivi
Gennaio 2020
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