Laureatosi a Tokyo con una tesi su Arnold Schönberg. Nam June Paik tra il 1958 e 1963 partecipa alle manifestazioni Fluxus a Düsseldorf, ed è in contatto con artisti come John Cage e Wolf Vostell, Merce Cunningham, Joseph Beuys o Charlotte Moorman. Interessato al disturbo, Paik impara a provocarlo distorcendo l'immagine elettronica, mettendo in discussione la capacità stessa della televisione di poter riprodurre la realtà con creazioni spiazzanti. Nel 1963 presentò all’Exposition of Music Electronic Television di Wuppertal, considerata la prima esposizione di videoarte, Tredici distorsioni per televisioni elettroniche, un assemblaggio di media diversi con 13 televisori, 3 pianoforti e altre fonti sonore. Paik fu uno dei primi artisti a lavorare sul mezzo in sé e non soltanto con esso: manipola il tubo catodico o, più semplicemente, aggiunge calamite e materiale elettrico atto a produrre campi magnetici che confondono le immagini trasmesse dallo schermo. La televisione non è più soltanto un oggetto, ma diventa un nuovo medium per produrre immagini eccentriche e depistanti. Altri tentativi concreti di utilizzare in modo artistico il mezzo televisivo risalgono alla seconda metà degli anni Sessanta intrapresi con il giapponese Shuya Abe, esperto di elettronica, e con la violoncellista Charlotte Moorman. Con il primo realizza k546: un robot ispirato al tema dell’uomo-macchina; con la Moorman, invece, l’artista mette in scena alcune performances in cui la musicista indossa un corpetto composto da due monitor televisivi collegati ad un violoncello, dove i monitor trasmettono l’immagine della donna deformata dall’interferenza elettrica provocata dal suono dello strumento. Anticipando cosi alcune tematiche fondamentali per l'arte contemporanea, come la contaminazione corpo-metallo, che diventeranno parte integrante dell’immaginario collettivo, e la denuncia al narcisismo e al nichilismo dello spettatore che si annulla davanti ad un monitor, come in Tv Buddha del 1989. gb |
Autore
Giovanni Bertuccio
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