Fra i maggiori teorici del Bauhaus, László Moholy-Nagy fin da subito cerca di scindere l'apparato produttivo dall’apparato riproduttivo. Nel suo saggio Pittura, fotografia, film, scriveva: “Poiché la produzione serve soprattutto allo sviluppo dell’uomo, noi dobbiamo cercare di estendere a scopi produttivi quegli apparati finora usati solo a fini riproduttivi”. Produzione qui intesa come creatività produttiva atta allo sviluppo dell’uomo. Un invito ad usare i mezzi finora adoperati a fini riproduttivi per la creazione di cose e mondi nuovi, la poiesis insomma. E Moholy Nagy, per spiegarsi meglio ricorre all'esempio del grammofono. Questo, dice, “ha avuto sinora il compito di riprodurre effetti acustici preesistenti […].Un’estensione dell’apparecchio a scopi produttivi potrebbe avvenire in questo modo, che le scalfitture vengano praticate nel disco di cera dall’uomo stesso, senza l’intervento di una azione meccanica esterna, e producano, all’atto della riproduzione, un effetto sonoro, così da rendere possibile, senza nuovi strumenti e senza orchestra, un rinnovamento nella produzione sonora e con ciò contribuire alla trasformazione delle concezioni musicali e delle possibilità compositive”. Ma per rovesciare l’impiego degli “apparati tecnici”, portarli cioè dal semplice utilizzo ri-produttivo a quello produttivo, bisogna piegare il medium verso l’elaborazione di “nuovi esperimenti creativi”, di nuovi linguaggi, lontani da ogni orizzonte mimetico o rappresentativo. In questo contesto, fondamentale risulta l’apporto tecnologico. Non è un caso che la videocamera è messa in commercio proprio nel momento in cui andavano affermandosi happening e performances. gb |
Autore
Giovanni Bertuccio
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