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Tecnologia e Teatro | #virtualreality

10/24/2017

 
FotoOperatrice che utilizza visore, guanti e cuffie per interagire in un ambiente virtuale.
Nel mondo audiovisivo l’ingresso della tecnologia della realtà virtuale ha rivoluzionato il sistema produttivo, trasformando professioni e modalità lavorative. Oggi la scenografia virtuale è in grado di creare qualunque ambiente tridimensionale, pensiamo ad esempio alla ricostruzione di siti perduti come il teatro La Fenice o il Colosseo. L'avanzamento delle tecnologie informatiche permette, quindi, di navigare in ambientazioni fotorealistiche in tempo reale, interagendo con gli oggetti virtuali.

​Ma anche se, a livello teorico, la realtà virtuale potrebbe essere costituita attraverso un sistema totalmente immersivo, in cui tutti i sensi possono essere utilizzati  - realtà virtuale immersiva o RVI - attualmente il termine è applicato a qualsiasi tipo di simulazione virtuale creata attraverso l'uso del computer. Dai videogiochi che vengono visualizzati su un normale schermo, alle applicazioni che richiedono l'uso degli appositi guanti muniti di sensori  - wired gloves -  fino al cosidetto World Wide Web.

Già dalla metà del XX secolo, Morton Heilig introdusse la nozione di Experience Theater, raccontando di un'esperienza che coinvolgeva tutti i sensi in maniera realistica, immergendo lo spettatore nell'azione che si svolgeva sullo schermo. Costruì anche un prototipo, chiamato Sensorama, nel 1962, insieme alla progettazione di cinque film che questo apparecchio proiettava e che coinvolgevano i cinque sensi. Costruito prima dei computer digitali, il Sensorama è un dispositivo meccanico, ancora funzionante.

Fotoesempio di realtà virtuale
Sei anni dopo nel 1968, Ivan Sutherland, con lo studente Bob Sproull, creano La Spada di Damocle, quello che viene considerato il primo sistema di realtà virtuale con visore. Primitivo sia in termini di interfaccia utente sia di realismo, il visore da indossare era talmente pesante da dover essere appeso al soffitto, e la grafica era costituita da semplici stanze in wireframe.
​
Passo decisivo verso l'ipermedia è stato l'Aspen Movie Map realizzato sotto forma di software dal MIT nel 1977. Primo vero dispositivo che possa essere considerato di realtà virtuale, ricreava virtualmente Aspen, la cittadina del Colorado. Gli utenti potevano camminare per le vie in modalità estate, inverno e in modalità poligonale. Mentre le prime due modalità erano indirizzate alla replica di filmati delle strade della cittadina, la terza si basava su una poligonazione tridimensionale, con una grafica scarsa visti i limiti tecnologici di allora.

La nascita del termine VR, Virtuall Reality, risale al 1989. Quando Jaron Lanier, pioniere in questo campo, fonda la VPL Research - Virtual Programming Languages - linguaggi di programmazione virtuale, legati al concetto di cyberspazio, originato nel 1982 grazie allo scrittore statunitense William Gibson.

Fotoesempio di scenografia digitale | Ospite | Motus
Oggi, con le tecnologie attuali, la percezione di un mondo virtuale è ancora distinguibile da quella del mondo reale. Il fotorealismo delle immagini rende completa o quasi l'esperienza visiva, mentre altri sensi come olfatto e tatto, vengono poco stimolati. Ed infatti, tra le varie tipologie di ambiente proposte attraverso la realtà virtuale, sono quelli 3D che godono di maggior successo. Probabilmente perchè nell'uomo è la vista il senso dominante, motivo per cui gli ambienti virtuali devono essere caratterizzati da immagini ad altissima qualità e definizione, capaci quindi di presentarsi anche come sostituti della realtà, a discapito degli altri sensi. Su questa scia, e sempre più rilevante, la realtà aumentata  - augmented reality. Basata sull'ampliamento o l'integrazione della realtà circostante con immagini generate al computer, la realtà aumentata permette, alle immagini, di modificare l'ambiente originario senza influire sulle possibilità di interazione.
​
A teatro, le sperimentazioni del linguaggio scenografico Virtual Reality (VR) si concentrano, principalmente, sull’idea di fondere spazio reale e attore fisico nell’ambiente virtuale. Che si traduce in diversi tentativi di immettere lo spettatore nella VR attraverso l’uso di schermi e proiezioni in una relazione integrata con drammaturgia, regia e luci. Ma dal momento che l’immagine digitale vive nella percezione dei pixel che si posano su una superficie, la principale difficoltà della scenografia è di materializzare l’immagine nello spazio tridimensionale, dando un senso unitario ed artistico allo spazio virtuale. Il risultato più innovativo nell’applicazione della progettazione digitale della scenografia è il virtual set: scenografia sintetica progettata al computer mediante la tecnologia della realtà virtuale, che sostituisce il tradizionale spazio scenico costruito, al meno per quanto riguarda la cinematografia, ma non solo.


gb


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Testata giornalistica registrata al Tribunale di Torino n. 439 del 07 novembre 2016
Direttore Giovanni Bertuccio



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