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Tecnologia e Arte | Walter Benjiamin

11/14/2017

 
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​Benjamin, nel suo saggio L'opera d'arte nell'epoca della sua riproducibilità tecnica del 1936 afferma: “ciò che sfiorisce nell’era della riproduzione tecnica è l’aura che circonda l’opera d’arte”. Come per Baudelaire, anche per il sociologo viene a mancare “l’hic et nunc dell’opera, la sua esistenza unica e irripetibile nel luogo in cui si trova”. In questo modo, l’arte, perdendo la sua aurea perde anche il fascino legato alla sua presenza misteriosa e lontana, per diventare alla portata di tutti. La decadenza dell’aurea si fonda su due elementi: rendere le cose spazialmente e umanamente più vicine e superare l’unicità di qualsiasi dato mediante la ricezione della sua riproduzione. Venendo meno l’autenticità dell’opera cambia la funzione dell’arte stessa passando da quella rituale a una funzione politica di dissacrazione, di denuncia e di comunicazione sociale. In questa tendenza si collocano movimenti come quello dadaista, in cui per la prima volta l’opera d’arte è rappresentata da un concetto, da una forma mentale e non da un’immagine. I dadaisti attraverso uno spietato annientamento dell’aurea dei loro prodotti, ai quali, coi mezzi della produzione imponevano il marchio della riproduzione, volevano suscitare la pubblica indignazione. Di fronte a un’opera dada non si viene rapiti, non ci si ferma in contemplazione ma si rimane violentemente scandalizzati. Con Duchamp un orinatoio diventa una Fontana e assume l’appellativo di opera d’arte. O con la Pop Art e Manzoni sono considerati arte 90 barattoli di conserva, prodotti in serie, con un’etichetta riportante la dicitura: Merda d’Artista. La materia è opera d’arte.

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Il concetto di opera d’arte si è ulteriormente desacralizzato, rendendo sempre più labili i confini tra arte colta e cultura della comunicazione di massa.  Tale processo vede il susseguirsi di innovazioni tecnoscientifiche i cui aspetti etici diventano sempre più l’oggetto dell’attenzione dell’artista. In un complesso panorama multidisciplinare in cui, come nel Rinascimento, gli artisti tendono a con-fondersi con gli scienziati, l’arte contemporanea si pone come un tramite tra l’apparato della ricerca tecnoscientifica e la società. Nascono forme come la Posthuman art, che si basa sull’idea che il corpo biologico è obsoleto dal momento che esiste la possibilità di ibridizzarlo con la meccanica o l’elettronica: la protesi non è la manifestazione di una mancanza, ma diventa un eccesso in grado di simboleggiare il superamento dei limiti della natura. Un altro esempio è la Transgenic art del brasiliano-americano Kac (www.ekac.org), la cui opera principale è la creazione di Alba, un coniglio transgenico che diventa luminescente se illuminato con una particolare frequenza elettromagnetica e che vive, perfettamente integrato, nella famiglia dell’artista. Lo scopo di questo tipo di sperimentazioni, a metà strada tra un esperimento scientifico vero e proprio e la creazione di un’opera d’arte, è quello di spingere i pubblici al dibattito attraverso una simulazione estremizzata delle ricadute della tecnoscienza sulla società.
Come i moderni divulgatori scientifici, gli artisti contemporanei con le loro creazioni auspicano una partecipazione allargata al processo tecnoscientifico, passando dalla democratizzazione dell’arte a partire dalla sua riproducibilità tecnica alla democratizzazione delle conquiste tecnologiche grazie alla diffusione e alla co-costruzione della conoscenza.


gb


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Testata giornalistica registrata al Tribunale di Torino n. 439 del 07 novembre 2016
Direttore Giovanni Bertuccio



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