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QUEER E TEATRO                                                    ANNI SESSANTA                                                    PIER PAOLO PASOLINI

1/5/2020

 
Foto
Pier Paolo Pasolini (1922 - 1975)


​MINARE DA DENTRO

Se Dario Fo parlava al popolo, Pasolini discuteva con la borghesia, mettendola in discussione. Peculiare caratteristica borghese è stata, infatti, la produzione del dramma. E mentre Fo scriveva commedie, Pasolini non poteva che scrivere tragedie. Ambedue combattevano il Sistema: il primo da sinistra, il secondo auspicando una rivoluzione da una Nuova destra. Tutti e due usavano i dialetti, l'uno di fantasia, l'altro realista. Fo si proiettava verso l'esterno, Pasolini si ripiegava al suo interno.

Già con Un pesciolino, breve monologo del 1957 con protagonista una zitella sui generis, si impone l'elemento autobiografico, con al centro il tema de la diversità e la donna si fa metafora della paura degli uomini di tutto ciò che provoca scandalo. Nel 1963 è la volta di Vivo e Coscienza in cui afferma l'inconciliabilità pratica tra vita e coscienza, con la speranza che verrà un giorno [...] in cui la Vita sarà Coscienza e la Coscienza Vita.

​Con Italie magique, scritto per l'interpetazione di Laura Betti, tra il '64 e il '65, racconta la storia italiana dalla Seconda Guerra Mondiale all'avvento del Neocapitalismo, dove con ironia brechtiana si mette in scena l'assurda "convinzione che l'io sia sempre più mio, mentre è di Mammona." 


​DIVERSITà VS SOCIETà

Il 1966 è un anno decisivo, perché inizia la stesura delle sue sei tragedie, che continuerà, con le immancabili limature, sino al 1974. 

Pasolini vuole mettersi in contatto diretto e dialogico - da qui i dibattiti dopo le rappresentazioni - con un pubblico non di massa, ma che ha una cultura, potenzialmente, pari alla sua anche se appartenenti ad ogni classe sociale. In Orgia (1966-70), l'unica tragedia che ha messo in scena lui stesso a Torino, con Laura Betti, rappresenta il divario tra diversità e società raccontando di sesso, potere, violenza e norme sociali. Dal pubblico al privato, un altro dramma borghese:

​"voglio che la società non abbia un atteggiamento razzistico verso gli esclusi. [...] Se c'è qualcuno che è diverso, qualunque diversità sia, ha diritto di esserlo, e la società non deve avere un atteggiamento razzistico contro questa diversità. Deve capirla, discuterla, analizzarla, ma non avere un atteggiamento razzistico di rifiuto e di esclusione."​
​
A questa seguiranno, Pilade (1966-70) ispirata ai miti greci; Affabulazione (1966-70), storia del rapporto conflittuale tra un padre medio-borghese e il figlio; Porcile (1967-72), che ispirò allo stesso Pasolini l'omonimo film, che parla di sporcizia e degradazione; Calderón (1967-73) liberamente ispirato a La vita è sogno di Calderón de la Barca e infine, Bestia da stile (1966-74).

​In quest'ultimo dramma, dietro la vicenda di un poeta cecoslovacco, Jan, si nascondono le vicende autobiografiche di Pasolini stesso, dalla giovinezza - con il suo amore per il Friuli e il mondo contadino - all'impegno intellettuale e artistico sulla scia di un realismo che valorizzava la lingua popolare, sino alla delusione dovuta all'imborghesimento di tutti e tutto, con il benessere consumistico. Ancora, la rinuncia al potere politico, quando alla fine degli anni sessanta, Pasolini comprende che, nell'epoca del neocapitalismo, occorre un nuovo impegno: la Rivoluzione di una Nuova Destra sublime. Morirà assassinato l'anno successivo, nel 1975. 
​

gb 
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