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Queer e Teatro | Anni '60 | Paolo Poli

1/5/2020

 
FotoPaolo Poli (1929 – 2016)
Nato a Firenze nel 1929 Paolo Poli inizia ad affermarsi come attore teatrale intorno agli anni Cinquanta, con i primi esordi importanti nei piccoli teatri cittadini. Grazie all'amico fiorentino Franco Zeffirelli che gli scatta alcune foto, giunge a Roma per recitare ne Le due orfanelle. Da Roma a Genova,dove si trasferisce nel 1958. A La borsa di Arlecchino, piccolo teatro d'avanguardia, inizia a farsi conoscere per la sua pungente ironia, il suo garbo istrionico, insieme alla sua vena poetica e surreale. Con commedie brillanti, gli spettacoli di Poli sono caratterizzati da una forte connotazione comica e giochi linguistici.

Uno dei pochissimi grandi attori italiani che non ha mai fatto mistero della sua omosessualità, negli anni Sessanta Poli recita vestendo panni femminili, caratterizzando i personaggi con una originale satira di costume, mischiando malinconia e funambolismo, travestitismo e cabaret. Interprete di Femminilità!, attraverso uno stile autentico, rapido e incisivo, Poli portava a teatro parodie di romanzi o di commedie dell’Ottocento e del primo Novecento. Ricordiamo La nemica 1968, Carolina Invernizio! 1969, La vispa Teresa 1970, L’uomo nero 1971, Giallo 1972, Apocalisse 1973.

FotoPaolo Poli in Rita da Cascia
Il gusto del paradosso, le battute salaci, i salti da un argomento all'altro cosi come da un autore ad un altro, davano vita a spettacoli difficile definizione. Un teatro, il suo,  che risente del teatro dell’assurdo, ma anche di tutti quegli autori lontani dalla cultura ufficiale, senza nessun intento didascalico. E' con la grazia di una fanciullina che Poli muoveva la sua critica sociale, barcamenandosi tra i capisaldi della morale liberty - la mamma, la guerra e il sentimento - e il magazzino del ciarpame di casa nostra, come lui lo definiva. Parodiare, ridicolizzando, usi e costumi dell’Ottocento, serviva a  Poli per la critica del recente passato e del presente: la società che viveva.

Nel 1966 è Rita da Cascia, la santa delle cause impossibili. Un Poli miracoloso, perché i santi gli piacevano, una prosecuzione del paganesimo diceva. Ma al paradiso preferiva l’inferno, perché con tutte quelle fiamme, se uno ti chiede un fiammifero, si capisce subito che è un rimorchio. Uno spettacolo in cui simpatia e intelligenza mettono in mostra una relazione complicata con Dio e con i bigotti, suo bersaglio prediletto. In Magnificat, spettacolo di quasi vent'anni dopo ma con lo stesso bersaglio, del 1983, si sentono le parole che don Milani disse a tal proposito a Poli: è’ facile voler bene a Dio, nessun l’ha visto, ma voler bene alle persone è più dura!

FotoPaolo Poli (1929-2016)
​E ancora in La vispa Teresa si dà conto del grado sociale, della moralità, della situazione economica e di mille altre cose che con l’amore non avevano nulla a che fare, ma di cui si parlava di continuo. Qui era la volta della questione femminile, quando si narrava di Teresa cresciuta e pronta alle nozze. Matrimonio da farsi con l’uomo che ci vuole, difficilmente quello che si amava. E guai se non produceva ed ammaestrava in luminosa ignoranza una nuova infornata di Terese! . 
​
In L’uomo nero, Poli ci racconta di un Puro Eroe, sublimazione epica del bempensante che ha una sofferta presa di coscienza. Tra martiri illuminanti e sovversivi cachinnanti, il cui vociare austero e tonitruante appare ancora capace di frastornarci in virtù di saghe trucibalde, compie goffe mirabilia, perché nell’Idea ha trovato tutto, da sé stesso alla quadratura del circolo. Uno sguardo spietato ma che divertendo racconta del ciarpame di qualche decennio fa, ma che ancora sopravvive colmo di ipocrisia e contegno democristiano. Un teatro della leggerezza che demolisce, attraverso la partecipazione e il riso degli spettatori, i più biechi luoghi comuni della società a lui contemporanea. L’unica differenza ch’io conosca tra un uomo e una donna è una di quelle cose che non si possono stampare, dirà Poli citando Bertrand Russell.

FotoPoli en travesti
“Mi chiedono spesso i miei lumi sull’omosessualità, sugli anni della guerra, sulla fatica, il coraggio. Non rispondo, ho vissuto e basta”, si legge nel libro scritto con Pino Strabioli, Sempre fiori, mai un fioraio del 2013.

Artefice di un teatro dal carattere chiaramente letterario, portavoce del lusso della libertà di un artista in lotta con il senso comune, Paolo Poli è stato un interprete fuori dagli schemi. Un uomo capace di guardare oltre la maschera dell’attore en travesti non lasciando trapelare nulla di lezioso o di vezzoso nella sua grazia. Non c’è civetteria o timidezza nei confronti della realtà, non c'è volontà imitativa o di "uguaglianza mediatica". La sua grazia risponde ad un’armonia forte, generata da un’intima e lucidissima intelligenza.

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 * Vai alla playlist dedicata a Paolo Poli sul canale youtube di Art is present: spettacoli ed interviste.
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gb


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Paolo Poli, 2012
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Dario Fo (1926 - 2016)

Aquiloni, 2014

Dario Fo


Aquiloni non porta in scena solo un autore del nostro repertorio letterale ma fissa sulla scena un'icona del teatro e della televisione nostrana. Sempre controcorrente già a partire dagli anni 60 e 70, in cui a Milano i teatranti vivevano all'ombra di Shakespeare e Brecht, Poli si presta nei panni di Caterina de Medici, Rita da Cascia, San Gregorio.

Con atteggiamento critico verso quello che lui denominava "teatro borghese", Fo recitava in luoghi alternativi quali piazze, case del popolo, fabbriche: luoghi dove si poteva trovare un pubblico diverso da quello tipico dei teatri, che normalmente poteva permettersi il teatro a prezzo "politico". ​Già a partire dagli anni 1959 e il 1961 era forte la satira di costume.
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Pier Paolo Pasolini (1922 - 1975)
Foto
Pasolini a Venezia nel 1968 durante un’assemblea | Archivio Graziano Arici

Pier Paolo Pasolini

Anni Sessanta


Se Dario Fo parlava al popolo, Pasolini parlava alla borghesia. Caratteristica borghese è stata la produzione di un suo dramma, infatti, mentre Fo scriveva commedie, Pasolini non poteva che scrivere tragedie. Ambedue combattevano il Sistema, anche se il primo da sinistra, il secondo auspicando una rivoluzione da una Nuova destra.

​Bisogna aspettare gli anni Sessanta. In precedenza, fatte salve le dovute eccezioni, il riferimento all’omosessualità dei personaggi era “velato”, oppure le figure erano marginali, cattivi e assassini, o comici e ridicoli, certo mai protagonisti. Il teatro diviene strumento di analisi e critica. Questo  significò la politicizzazione dello stesso strumento..
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    Giovanni Bertuccio

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