Col Movimento per i diritti civili americano, con la guerra in Vietnam, e con le lotte contro le oligarchie capitalistiche le posizioni politiche di tutta una nuova generazione di studenti ed insegnanti assunsero un'impronta più radicale. Le vittorie sofferte dei movimenti anticoloniali, dopo oltre 20 anni, dal 1945 sembravano provare il fatto che il mondo potesse cambiare, e che persino le strutture di potere più fossero vulnerabili. Tra la fine degli anni 60 e l'inizio degli anni 70 si sviluppò una mobilitazione straordinariamente rapida, che attraversò gran parte dei paesi capitalistici più avanzati. Il femminismo americano soprattutto, ostile alla psicoanalisi vista come una forza conservatrice, recuperò il termine patriarcato dall'antropologia e lo ri-adattò per identificare il Potere nelle mani degli uomini e per lottare contro l'oppressione di genere. Allo stesso tempo, questa prospettiva, fu immediatamente fatta propria dai primi teorici della Liberazione gay, che aggiunsero l'oppressione sessuale all'agenda politica del movimento, pensiamo ad esempio a Omosessuale: oppressione e liberazione di Dennis Altman del 1972 e Homosexual Desire di Guy Hocquenghem sempre dello stesso anno. A partire dalla metà degli anni 70 prese piede una prospettiva specificamente di genere negli Stati Uniti e in Gran Bretagna. Nel mondo accademico, le ricerche femministe si moltiplicarono in quasi tutte le discipline umanistiche e nelle scienze sociali, dando vita agli women studies. Si trattava di un approccio che divideva drasticamente le lotte di genere dalle altre, oppure che considerava l'oppressione delle donne come la radice di ogni disuguaglianza sociale. Questa versione, così categorica della teoria del potere, venne in seguito chiamata femminismo radicale, femminismo rivoluzionario, femminismo culturale. Una prospettiva di questo tipo fu proposta in modo eclatante dalla teologa americana Mary Daly nel suo Gyn/ecology del 1978. Daly, tentò di elaborare un nuovo linguaggio concettuale ed espressivo che potesse esprimere la coscienza femminile e la rabbia delle donne verso gli uomini. Insomma che desse voce ai comuni interessi delle donne. Il tradizionale concetto di ruolo sessuale venne così a essere radicalizzato, ora considerato come una spiegazione del controllo sociale che ostacolava le donne. L'idea stessa che il genere consistesse in un insieme di norme sociali, di aspettative diventò un programma d'azione, nella misura in cui sosteneva che le norme potessero essere cambiate con uno sforzo collettivo concentrato. A partire dalla fine degli anni settanta, il femminismo si stava guadagnando una quota significativa di potere istituzionale, entrando nella burocrazia statale grazie alle pari opportunità e ad altri programmi. gb |
1800-1920 Fare il genere | 1920-'60 Disfare il genere |
Le teorie sul genere sono emerse da una graduale rielaborazione di discorsi più antichi e religiosi, non razionali e moralistici. Le teorie occidentali sono, quindi, il prodotto di una cultura secolare, improntata al razionalismo e allo scetticismo, che ha assunto la sua forma attuale nella seconda metà del XIX secolo. La prima formulazione teoria fu Dynamic sociology di Letter Word.. | Caratteristica del periodo successivo sarà la de-costruzione del genere, realizzata dalla allora nascente psicologia del profondo. Alfred Adler, rivedendo la psicoanalisi, criticherà la maschilità, e, assieme alla generazione successiva, dimostrerà che le divisioni di genere proprie dell'età adulta non sono fissate fin dall'inizio della vita. Anzi è proprio vero l'esatto opposto.. |
Potere e genere | Femminismo |
La teoria femminista, ha sostenuto che la sessualità è sempre costruita entro i termini del discorso e del potere, dove il potere è in inteso come convenzione culturale eterosessuale e fallica. Non è facile minare le relazioni di potere di cui sono state pervase le scienze biologiche, ma è possibile risalire all’alleanza medicolegale dell’Europa Ottocentesca.. | Il Movimento di liberazione della donna si opponeva all'idea degli uomini come classe sessuale dominante, alla violenza sessuale come affermazione del potere maschile sulle donne, e alle immagini mediatiche che dipingono la donna come passiva, frivola e sciocca. E la divisione del lavoro è solo una parte di un processo più generale. |
Autore
Giovanni Bertuccio
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