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QUEER                                                                    TEORIE                                                                    1920-1960 DIS-FARE IL GENERE

1/7/2019

 


​PSICANALISI

Se il tratto distintivo del primo periodo era il forte legame delle teorizzazioni sul genere con le scienze del progresso, quello del periodo successivo sarà la de-costruzione del genere, realizzata dalla allora nascente psicologia del profondo.

La psicanalisi, ai suoi esordi, era un innovazione in campo medico, considerata una forma di terapia. Lo specialista viennese del sistema nervoso Sigmund Freud si convinse che l'origine di molti dei problemi dei suoi pazienti fosse psicologica e non fisica e, per questo, prese ad indagare le loro vite emotive alla ricerca delle possibili cause. Nei più importanti di questi lavori espose i concetti di motivazione inconscia, di sessualità infantile, il complesso di Edipo e le trasformazioni del desiderio durante la crescita, e le connessioni tra psicologia del profondo e cultura. Mise a nudo, potremmo dire,
le maggiori tendenze di crisi presenti nella struttura delle relazioni emotive.


​ALFRED ADLER

​Il suo primo allievo di rilievo, Alfred Adler, che aveva stretti legami con il Movimento socialdemocratico e sosteneva apertamente la causa del femminismo, fece, del nucleo della sua revisione della psicanalisi la critica della maschilità. Questi due pionieri, assieme alla generazione successiva - che si occupò di sessualità, maschilità e femminilità durante gli anni Venti e agli inizi degli anni Trenta - mostrarono che le divisioni di genere proprie dell'età adulta non erano fissate fin dall'inizio della vita. Al contrario, i modelli che si sarebbero imposti nella loro vita erano costruiti attraverso un processo che si estendeva per tutto il corso della vita ed era segnato dal conflitto. Si trattava, quindi, di un decisivo mutamento di prospettiva sul genere, dal momento che sino ad allora il pensiero ottocentesco, compreso quello femminista, aveva data più o meno per scontata l'idea che le caratteristiche maschili e femminili fossero immutabili.


​MATHILDE VAERTING

​La svolta si ebbe con l'uscita, nel 1921, del libro di Mathilde Vaerting, Il sesso dominante. L'autrice, un'insegnante riformista, fu una delle prime due donne a diventare docente universitaria in Germania, incontrando delle reazioni estremamente ostili. Con l'arrivo di Hitler al potere perse il lavoro e da allora dedicò la propria vita allo studio della Sociologia del potere.
​

Ne Il sesso dominante, infatti, Vaerting sosteneva che maschilità e 
femminilità riflettessero, 
​
sostanzialmente, delle relazioni di potere ed elaborò, quella che potrebbe essere considerata, la prima teoria generale sull'argomento. Mettendo in relazione modelli psicologici e struttura sociale, distingueva il diritto, la divisione del lavoro e l'ideologia come sfere diverse del dominio di genere. Il suo lavoro cadde nell'oblio.


​Malinowski e Mead

Nello stesso periodo, in antropologia, grazie allo sviluppo di una nuova tecnica di ricerca sul campo, nacque l'etnografia. I più celebri etnografi Malinowski e Mead, 
prestarono molta attenzione al sesso e al genere. L'etnografia pionieristica di Malinowski nelle isole Trobriand offriva, a tal proposito, una descrizione dettagliata della sessualità, del matrimonio e della divisione del lavoro.

​Nel suo
 Sesso e repressione sessuale tra i selvaggi, del 1927, Malinowski elaborò la celebre critica della psicoanalisi, in cui sostenne che il complesso di Edipo, così come descritto da Freud non fosse, assolutamente, universale. Da strutture di parentela diverse, come per esempio quella matrilineare, derivano modelli di sviluppo emotivo diversi. Le prime ricerche di Mead nelle Isole Samoa rafforzarono l'idea di una possibile diversità culturale nel comportamento sessuale e in Sesso e temperamento in tre società primitive del 1963, l'autrice demolì l'idea di una relazione stabile tra sesso biologico e caratteristiche di genere.


​TALCOTT PARSONS

​La conseguenza della relatività del genere contribui all'affermazione negli anni 40 e 50 del concetto di ruolo sessuale, un concetto che, elaborato inizialmente in antropologia si diffuse rapidamente anche in sociologia e psicologia. La più influente formulazione della teoria del ruolo sessuale fu quella di Talcott Parsons. 

​Nel suo
 Famiglia e socializzazione, (Parsons e Bales 1956) propose la teoria sociologica sul genere più radicale fin dai tempi di Vaerting, spingendo ancora più avanti le posizioni di Malinowski e Mead. Al contrario dei due etnografi, che avevano accettato alcune determinanti biologiche, Parsons trattava la distinzione tra maschile e femminile - ruolo maschile come strumentale, quello femminile come espressivo - come una differenza della funzione sociale, una polarità, che a suo avviso, emergeva dalle dinamiche dei gruppi sociali in quanto tali.


​SIMONe de BEAUVOIR

​Il vero rinnovamento nella teorizzazione femminista sul genere di metà secolo si ha in Francia. Il Secondo sesso del 1949 di Simone de Beauvoir - un'opera che attingeva alla psicoanalisi, alla letteratura e alla filosofia militante - sfidava sia le categorie sia il dominio di genere.

​Rifiutandosi di dare per scontata la polarità tra il
 maschile e femminile, de Beauvoir esplorò la varietà di modi con cui le donne venivano costruite come altro nell'immaginario maschile.


​ADDOMESTICARE IL DISSENSO

​Altri autori, invece, nel clima repressivo degli anni 50, non fecero altro che amplificare la distinzione strumentale/espressivo ponendola alla base della differenza sessuale. Così, sostenendo che le norme di ruolo non facessero che esprimere ed elaborare una differenza naturale, consideravano la teoria del ruolo, come una teoria della conformità sociale. E il fermento, della prima metà del secolo, rimase un'eccezione alla regola. 

​Ed è proprio negli anni 50 che la psicanalisi ortodossa - 
in gran parte tramutata in una branca socialmente conservatrice della medicina, più interessata a normalizzare le persone che a portare avanti un discorso di liberazione - cominciò a definire il diverso, l'omosessuale, in termini di malattia mentale, nonostante Freud si era rifiutato di considerare l'omosessualità
 come una patologia!

Tra gli anni Venti e gli anni Sessanta, dunque, le potenzialità sovversive sono state perlopiù addomesticate e in Europa e negli Stati Uniti, la politica radicale, le avanguardie culturali, rimasero di fatto appannaggio maschile e vennero coinvolte, come scrive Oconnel, in movimenti che non sapevano che farsene del femminismo, della liberazione sessuale e dei loro sostenitori. Questi decenni furono gli stessi che videro le donne ottenere il diritto di voto nella maggior parte dei grandi Sistemi nazionali, ma anche l'ascesa del Fascismo che a sua volta abolì sia femminismo e psicoanalisi.

​La guerra contro il 
Fascismo fu poi seguita dalla reazione maccartista in Occidente, che vedeva femministe e omosessuali come agenti delle forze comuniste. I comunisti, al contrario, consideravano femministe e omosessuali come sintomi della decadenza capitalistica.

gb



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