Lo Stato liberale moderno definisce sia gli uomini sia le donne come cittadini uguali di fronte la legge. La società eteronormata li definisce, invece, come esseri opposti, descrivendo le donne come casalinghe dedite alla casa e alla cura dei figli. Le donne che, subiscono chiaramente questa “etichetta”, entrando nella sfera pubblica, cercano di far valere i loro diritti in virtù della loro cittadinanza, lottando per veder riconosciuta la propria autorità. Da parte loro, le donne, nella storia, hanno cercato di risolvere il problema ricoprendo alte cariche con un "comportamento da veri uomini" come nel caso di Margaret Thatcher in Inghilterra e Madeleine Albright negli Stati uniti, ma, perlopiù, in politica le donne devono, ancora oggi, lottare per ottenere una qualche credibilità. La politologa Carole Pateman nel 1988, ha messo in evidenza questa discrepanza, affermando che il contratto sociale della società liberale si sostiene, a sua volta, su un contratto sessuale: la subordinazione privata delle donne agli uomini. Certo, in paesi come gli Stati uniti, l'Australia o la Germania, le donne della classe media hanno generalmente il libero accesso all'istruzione superiore e stanno entrando in misura crescente nei quadri intermedi delle aziende e nelle professioni liberali. ![]() Ma in molti paesi, compresi quelli molto popolati come il Bangladesh, l'India, la Nigeria e l'Egitto, è molto più facile che non si insegni a leggere ad una donna piuttosto che ad un uomo. Tuttavia, anche nei paesi più progrediti esistono molte barriere informali che fanno in modo che le alte sfere del potere, della ricchezza, della scienza e della tecnologia, siano ancora in mano agli uomini: i dirigenti superiori delle maggiori aziende mondiali tra il 95 e il 97% dei casi sono, ancora, uomini. E' chiaro insomma, che in una struttura di potere di tipo patriarcale, le donne, sono la principale categoria di persone ad essere subordinata e ne La condizione della donna del 1971, la femminista inglese Juliet Mitchell affermava che l'oppressione della donna coinvolgeva non una, ma quattro strutture diverse: la produzione, la riproduzione, la socializzazione, la sessualità. L'avvocatessa americana Catharine Mackinnon, invece, sviluppando una teoria dello stato e del genere nel diritto, in Toward a Feminist Theory of the State del 1989, considerava la gerarchia di genere come un tutt'uno omogeneo, al pari dell'antropologa Gayle Rubin che in Sex-Gender System del 1975, trattava l'intero ambito come fosse un solo sistema. Esistevano e sussistono tutt'ora, dunque, ottime ragioni per considerare le relazioni di genere come qualcosa di intrinsecamente complesso, qualcosa che coinvolge una molteplicità di strutture. ![]() Ma, per quanto nel loro complesso traggano vantaggio dalla disuguaglianza dell'ordine di genere, gli uomini non ne godono in maniera uguale, anzi. I ragazzi e gli adulti, che si discostano dalle definizioni dominanti della maschilità in quanto omosessuali, effemminati, o semplicemente perché hanno un carattere debole, diventano spesso oggetto di offese verbali e discriminazioni, se non addirittura di violenza, perché accomunati alla categoria femminile. Insomma in un sistema patriarcale al primo posto c'è l'idea di Maschio (ideale fittizio come la bellezza per i Greci, a cui tendere ma mai raggiungibile), segue la donna, poi l'omosessuale, o il queer in generale, continuando con tutta una serie di categorie che vanno dalle patologie alle deformazioni. Questo significa che quella del genere è una questione intrinsecamente politica, e le questioni politiche sono complicate e difficili da risolvere. Riconoscere, però, il carattere profondamente storico e contestuale del genere conduce a delle conseguenze intellettuali e politiche decisive. Se una struttura, come lo è il patriarcato, può nascere, può anche, sicuramente, morire. gbApprofondisci
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AutoreGiovanni Bertuccio Archivi
Gennaio 2020
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