![]() Il Settecento conserva al suo interno una forte differenza tra danza di corte e danza di teatro. Quest'ultima infatti ubbidiva alle esigenze del tipo di visione imposta dalla struttura dello spazio scenico. A differenza degli spettacoli organizzati negli ambienti di corte, dove il pubblico si posizionava intorno allo spazio delle danze, il palcoscenico era posto di fronte agli spettatori e tutto ciò che vi accadeva doveva seguire delle linee prospettiche. E così gli atteggiamenti dei ballerini, nelle posizioni dette in épaulement (con una rotazione del busto in linea diagonale) ostentavano una cura eccessiva della forma, indirizzata all'eleganza delle linee e a creare passi sempre più complessi, a scapito dell'espressione. Si sviluppò così una forma di "divismo" da palcoscenico analoga a quella dei cantanti lirici coevi e la danza era pura espressione del virtuosismo tecnico, divenendo un'arte artificiosa, quasi circense. ![]() Ma il Settecento è chiamato “il secolo delle riforme”, in cui il Lume illuminista propagandava l'esigenza di uscire dai canoni pre-costituiti, codificati e artificiali, e di indirizzandosi verso la ricerca degli aspetti più genuini, il ritorno dell'umanità alla sua essenza, non condizionata dalla civiltà. E questa esigenza, nella seconda metà del Settecento vide Jean-Georges Noverre, in Francia e Gasparo Angiolini, in Italia, con l'introduzione del ballet d'action, adoperarsi per la riforma degli spettacoli coreutici, contemporaneamente al tedesco Christoph Willibald Gluck, che riformò il Melodramma. Per il desiderio di rifarsi alla natura, Noverre esortava a liberare il corpo della ballerina dalle vesti pesanti e ingombranti e dalle maschere e dalle parrucche che nascondevano le forme naturali, ma in realtà nei movimenti delle danze il risultato fu quello di un maggiore sviluppo della pantomima, nella ricerca del modo di riprodurre le emozioni naturali per farle sembrare vere, ma risultando, ancora una volta, artificio. ![]() Nei primi anni del XIX secolo, due napoletani adeguavano le forme virtuosistiche della danza classica ai nuovi parametri di espressività e di adesione alla natura propri dell'Illuminismo. Salvatore Viganò con il suo "Coreodramma" o dramma danzato, e Carlo Blasis, che nel redigere libri sulla tecnica della danza classica, esortava a considerazione le arti “sorelle” - la pittura e la scultura - per realizzare con il proprio corpo "forme belle" (secondo l'idea di "bellezza" propria dell'epoca). Blasis si ispirò alla statua del Mercurio del Giambologna per realizzare una delle pose principali della danza classica: l’attitude, intesa come espressione di un dinamismo che tende verso il cielo. Siamo in pieno Neoclassicismo: un ritorno ai classici, filtrato però dalle idee illuministe, dunque meno rigido e artificiale, caratterizzato dalla ricerca dell'espressione dei sentimenti aprendo la strada al Romanticismo. E' con il Balletto Romantico, che una nuova sensibilità, una nuova visione del mondo più libera ed appassionata, rompe le vecchie certezze legate al culto della ragione, per recuperare il versante oscuro dell'inconscio, dando voce ai moti dell'animo, dei sentimenti, del sogno. Del 1832 la messa in scena all'Opéra di Parigi di La Sylphide, il primo esempio di balletto romantico, abbandona i temi mitologici e storici, e trasferisce l'azione nel mondo delle fiabe. È in questa occasione che viene introdotta dal coreografo Filippo Taglioni, padre della ballerina che lo interpretava, Maria Taglioni, l'uso delle punte e del tutù come consuetudine. L'aspirazione al volo che esprimeva la tensione romantica verso una realtà trascendente, la sensibilità e la grazia che caratterizzavano il nuovo stile, si sposano a una tecnica rigorosamente classica che trova nelle punte, nell’arabesque, nel port de bras i suoi principi fondamentali. Il corpo romantico quindi in ogni suo movimento è perfettamente studiato e controllato. Un corpo macchina privo di sforzo, che nasconde la fatica e il sudore sotto un'immagine di eterea leggerezza esaltando la bellezza plastica degli atteggiamenti nel rigore di una nitida purezza geometrica. gb |
AutoreGiovanni Bertuccio Archivi
Gennaio 2020
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