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Corpo e Danza | Moderno | Prima metà del 900

10/4/2016

 
FotoRuth St. Denis | Radha
Nel Novecento, la rivoluzione del pensiero sull'uomo e sul corpo, fu favorita dallo sviluppo delle scienze umane, riflettendosi sulla danza. L'affermarsi di una concezione unitaria dell'uomo, in cui corpo e spirito (inteso come psiche e intelletto) sono strettamente connessi e interagenti, rivaluta il corpo e i suoi mezzi espressivi (movimento, voce, parola) come imprescindibile mezzo di manifestazione esterna dell'interiorità. Il movimento si fa 'espressione', o meglio, auto-espressione, e nella danza raggiunge un livello poetico sentito come linguaggio artistico non verbale privilegiato, per la sua capacità di restituire l'organicità ontologica dell'interprete.

I primi ballerini moderni ricercavano una danza che fosse più espressiva del balletto classico. Anche alcuni coreografi di balletto, tra i quali Michel Fokine, si ispirarono alle danze di tradizioni non occidentali. Isadora Duncan, ad esempio, si sbarazzò per prima di punte e tutù, Andando in scena a Parigi nel 1900, a piedi nudi, con i capelli sciolti e vestita di un'ampia tunica poiché voleva ritrovare i gesti naturali ed esprimere le passioni imitando le movenze dei danzatori greci dell'antichità, peraltro visti solamente nei musei e nei bassorilievi del Partenone ad Atene.

Foto Martha Graham | Fotoritratto, 1948
​In questa nuova prospettiva socio-antropologica, confermata anche da visioni filosofiche (F. Nietzsche), la danza d'arte rifonda i suoi principi a partire da un corpo 'naturale' ed 'espressivo', rifiutando le codificazioni convenzionali a priori e moltiplicando all'infinito le possibilità creative. La 'danza libera' e quella 'espressiva' centroeuropee (R. Laban, M. Wigman, K. Jooss) e la modern dance americana (I. Duncan, R. Saint Denis, M. Graham, D. Humphrey), si fondano su principi di base opposti a quelli della danza classica: massima aderenza al terreno favorita dal piede nudo e posizione naturale delle anche; completa liberazione e mobilità del tronco sentito come fulcro dell'energia motoria che si irradia ugualmente verso l'alto e verso il basso; uso libero ed espressivo di braccia e testa. Il movimento danzato è inteso come flusso continuo, regolato da una pulsazione energetica che si modella sul respiro e dotato di valenze 'metacinetiche', ossia in sé rivelatore degli impulsi interiori che lo generano.
Il corpo del danzatore diviene pienamente cosciente della forza di gravità cui è sottoposto e del proprio peso, si muove tridimensionalmente nello spazio con nuova, scientifica consapevolezza, interagendo con esso come un partner e modellandolo attraverso il proprio movimento, evitando i parallelismi e le simmetrie decorative per privilegiare le più espressive e drammatiche opposizioni, le spezzature e gli squilibri corporei, senza esitare di fronte alle cadute e ai robusti contatti con il terreno. 

Fotoesempio di tipica posizione a terra
I "moderni", insomma, concordavano sul fatto che la danza doveva essere finalizzata all'espressione delle emozioni, obiettivo che poteva essere raggiunto solamente con la ricerca interiore e una maggiore attenzione alle capacità del corpo. E per raggiungere tale espressività, in opposizione alla danza accademica, le gambe e i piedi assunsero un ruolo secondario, mentre si privilegiò la parte superiore del corpo, e si rivalutarono funzioni basilari dell'essere umano, come il camminare e il respirare, giudicate parti integranti della danza moderna.
Occupando tutto lo spazio teatrale, i danzatori moderni mostravano anche il fianco o le spalle al pubblico, variando la posizione del busto rispetto alle gambe. Il volo classico, in questa nuova ottica, perde la sua carica idealizzata, e i danzatori agendo anche sdraiati sul palcoscenico, riconoscendo nel peso del corpo il principio basilare del movimento, privilegiano il rapporto con la terra.​


gb


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Testata giornalistica registrata al Tribunale di Torino n. 439 del 07 novembre 2016
Direttore Giovanni Bertuccio



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