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Street Art | Storia

9/5/2016

 
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La strada, come luogo di tutti dove chiunque può lasciare un segno più o meno sovversivo, più o meno clandestino. Questo è il principio che unisce i graffiti di Keith Haring a quella che oggi chiamiamo street art. Ma per capirne la portata e il significato bisogna fare un passo indietro, a Londra, alle soglie del nuovo millennio, in una città dominata dalla generazione dei Young British Artist, star internazionali della creatività contemporanea. Qui nasce la protesta di Fairey, Banksy e degli altri artisti, che rapidamente conquistano tutto il mondo contestando con fermezza il mercato, gli artisti, i galleristi, i musei, non ultimo la politica e i suoi protagonisti.

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Stencyl, spray, stikers come forma sovversiva per lanciare il germe di una protesta che striscia e colpisce molti più spettatori dei frequentatori di in un museo. La street art, nasce, quindi,  come naturale elaborazione della cultura pop, negando il sistema socioeconomico del piccolo e potente sistema dell’arte contemporanea. Il movimento ha aperto la prospettiva di una condizione antropologica essenzialmente urbana in cui la maggior parte degli abitanti vive la città come ambiente naturale. La street art diventa, così, rivendicazione di esistenze clandestine di individualità nel caos indifferente della città.

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​In opposizione alla ristretta cultura d’élite rappresentata nell’arte dal soggettivismo astratto americano e dall’esperienza informale europea, l’artista pop volge il suo interesse alla cultura popolare, e richiama l’attenzione sulla banalità e brutalità oggettiva di uso quotidiano, accettandola. Al centro dell’opera d’arte si concentrano prodotti “usa e getta” utilizzando soprattutto i nuovi materiali plastici, economici, flessibili dai colori brillanti e le tinte piatte. E’ un’arte aperta alle forme più popolari di comunicazione: i fumetti, la pubblicità, i quadri riprodotti in serie; nell’era della riproduzione meccanica dove la reperibilità è l’unico valore riconosciuto, la ripetizione seriale diventa fondamentale.

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A tre decenni dalla sua comparsa il fenomeno socio-culturale della street art ha ormai guadagnato, tramite le sue influenze sulle arti visive, una rilevanza unica sul panorama della creatività contemporanea. Intorno al 2000, tra Francia, Inghilterra, Spagna, Finlandia e Italia, si assiste a qualcosa di nuovo e differente per le strade; numerosi creativi (artisti, fotografi, poeti, graffitari) abbandonano l'etnocentricità della street art e, proponendo lavori su manifesti, normografi o vernice traducono la loro esigenza d'espressione in una tensione costante verso la comunicazione di massa e la partecipazione del pubblico al senso dei propri interventi.

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Nel corso degli anni molti artisti, infatti, hanno maturato nuove tendenze creative per cui, pur mantenendo radici nell'arte di strada, sono riusciti a sconfinare nella tipografia, nel design, nella moda, contaminando il tipico stile degli anni '80 con ideali più razionali e vicini alla grafica. Si parla di tendenze artistiche "post-graffiti" in particolare riferendosi all'arte di strada, e di Graffiti Design per le influenze oramai evidenti nelle tecniche pubblicitarie e nella moda. È possibile affermare che molti artisti oramai integrati nel sistema convenzionale del mercato dell'arte, traggono il loro valore da esperienze precedenti spesso formalmente illegali.

gb

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Art is Present | la Voce dell'Arte
Magazine d'Arte e Cultura. Teatro e Danza. Queer

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Testata giornalistica registrata al Tribunale di Torino n. 439 del 07 novembre 2016
Direttore Giovanni Bertuccio



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