«Non esiste alcun ‘essere’ al di sotto del fare, dell’agire, del divenire: ‘colui che fa’ non è che fittiziamente aggiunto al fare – il fare è tutto». F. Nietzsche, Genealogia della morale ![]() L’antropologia strutturale di Lévi-Strauss - compresa la distinzione problematica tra natura e cultura - è stata rielaborata da alcune teoriche femministe per spiegare il meccanismo attraverso cui il sesso viene trasformato in genere, stabilendo, così, l’universalità culturale dell’oppressione in termini non biologici. Sancita la costruzione storica, la stessa nozione di patriarcato, in questa rilettura femminista, rischiava di diventare un concetto universalizzante, tanto si concentrava sulla fissità della legge espressa da Lévi-Strauss. Ne Le strutture elementari della parentela, la sposa, la donna, figura quale termine relazionale tra gruppi di uomini: non ha un’identità, né scambia un’identità per un’altra. Riflette, cioè, l’identità maschile proprio nell'essere la sua assenza. Questa, che l'autore definisce come regola esogamica, esprime un valore sociale: fornisce il mezzo per intensificare la solidarietà tra gli uomini in un sistema maschile, patriarcale e patrilineare. Lévi-Strauss concepisce, in questo modo, la realizzazione artificiale di un’eterosessualità non incestuosa estratta. Il divieto dell'incesto, che per l'autore non è un fatto sociale ma una fantasia culturale pervasiva, genera il tabù dell’eterosessualità esogamica. ![]() Dando per scontata la mascolinità eterosessuale Lévi-Strauss sosteneva che «né il desiderio per la madre o per la sorella, né l’assassinio del padre e il pentimento dei figli corrispondono ad un qualche fatto o insieme di fatti che occupi un dato posto nella storia. Essi però traducono forse, sotto forma simbolica, un sogno che è al tempo stesso antico e duraturo» in accordo con Freud, che opponeva il divieto dell'incesto ad una sessualità più naturale e libera. Pur riconoscendo l'esistenza del tabù, alcuni studi femministi, affermavano intelligentemente, che non significava che il divieto, effettivamente, venisse rispettato. Anzi, la sua stessa esistenza, secondo le cronache nere, confermava, ieri come oggi, che desideri, azioni, persino pratiche sociali di incesto, vengono generati proprio in virtù dell’erotizzazione del tabù stesso. Posta così la questione, la naturalizzazione dell’eterosessualità e la capacità maschile di agire sessualmente apparivano, secondo queste teorie, come mere costruzioni discorsive, assunte come fondative della struttura patriarcale. Monique Witting, a questo proposito nell'intraprendere una critica politica della genitalità, parla di «inversione» come pratica critica di lettura, valorizzando quelle caratteristiche di una sessualità non sviluppata individuate da Freud e inaugurando, per superare la sottomissione generata dalla struttura eteronormata, «una politica post-genitale». gbApprofondisci
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AutoreGiovanni Bertuccio Archivi
Gennaio 2020
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