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QUEER E TEATRO                                                  ANNI OTTANTA                                                          ENZO MOSCATO

1/5/2020

 
Foto
Enzo Moscato | ph ANSA 2017


​FILOSOFIA E TEATRO

Nato e cresciuto nei Quartieri Spagnoli, “gineceo narrante” dal quale attinge gran parte del suo immaginario, Enzo Moscato continua a vivere e a lavorare a Napoli. Con una tesi sui rapporti tra i movimenti politici di liberazione sessuale e la psicoanalisi, si laurea in Filosofia e nel 1980 inizia l’attività in teatro, imponendosi subito all'attenzione di critica e pubblico.

​Riconoscendo le affinità non solo coi grandi autori e compositori napoletani, ma anche con Artaud, Genet, i poeti maledetti e Pasolini, Moscato declina il suo personale linguaggio in un originale plurilinguismo che lo colloca tra i capofila della nuova drammaturgia napoletana. 


​CARCIOFFOLA'

Il suo primo lavoro, Carcioffolà, nasce a Roma, nel 1980. Città in cui lui insegnava e luogo in cui sarebbe forse rimasto, se non fosse accaduto il sisma che ha devastato l’Irpinia, danneggiando anche Napoli. Tornato a casa, forse impressionato, scrive Scannasurice (1982) un testo che riporta sulla scena la sconvolta geografia urbana e morale dopo il terremoto.

All’epoca, racconta Moscato in un'intervista per Il Manifesto, si faceva un teatro en travesti. Loro me l’hanno sempre detto (riferendosi ai suoi alunni): noi non siamo rimasti scioccati. Per noi tu non eri professore, per noi eri un accesso all'anima. Quando hanno visto Scannasurice, Trianòn 1983, Festa al celeste nubile santuario, 1984, e poi i lavori con Annibale Ruccello per loro è stato naturale, come se lo sapessero prima di me che il mio posto era il teatro. Assieme alla drammaturgia metto sempre anche la filosofia.


​NAPOLI | BABELE

​​Il post strutturalismo è il filtro attraverso cui Moscato codifica e decodifica l’universo di Napoli/Babele: la puttana e la santa. Metafora di una condizione esistenziale che l’attore attraversa e da cui si fa attraversare in un perenne confronto con l’altro da sé: filosofico, linguistico, di genere e temporale. 

​Come Annibale Ruccello, Enzo Moscato nella scrittura teatrale è tradizionale ed innovativo al contempo. Una produzione letterario-teatrale in cui la lingua napoletana, dal napoletano classico barocco al moderno dei bassifondi, adottando termini inglesi, francesi e tedeschi - rubati ai mass media e rielaborati - crea un cortocircuito linguistico e di significati che rendono più ricca la lingua e migliore la sua espressione. 

Un pastiche utile a raccontare l'esasperazione contemporanea e le condizioni più negative del vivere moderno. Si delinea, così, un autore colto e vicino ad artisti come Viviani, che attingendo dalla tradizione orale e popolare, opta per una classicità narrativa e meno rappresentativa, affidando ad un attore-narratore questo elemento formale.


​COMPLEANNO

​Del 1986, l’anno della morte di Annibale Ruccello, è Compleanno, struggente monologo sul tema della separazione e dell’assenza dedicato all'attore straordinario e amico fraterno. Affermerà Moscato sempre nella stessa intervista: al di là dei valori teatrali di stretta attinenza scenica il testo nasce da un desiderio mio di elaborare creativamente questo lutto, questa perdita, per poi diventare un discorso generale sull’Assenza con la A maiuscola, che poi è per me il vero protagonista del teatro da quando è nato il teatro». Io e Annibale, continua, mettevamo in pratica una teoria della differenza che ci veniva da Deleuze ma anche da Carmelo Bene. Tutto questo oggi passa, ma in una maniera così patetica, senza sublimità.

​Non si può dire che Bolero o che Jennifer è solo un trans. C’è una storia di borghi, di ghetti, di esclusione di tutta l’umanità di cui lui/lei era portavoce. Senza essere nostalgici, è triste vedere come abbiano lasciato andare le grandezze del teatro italiano. Scontiamo molto provincialismo, (anche) in teatro. Lo spazio storico non c’è stato, così com’è avvenuto in Francia, Inghilterra, Germania. Per esempio, noi – al Sud – non abbiamo una drammaturga. Qualche tentativo c’è stato ma l’Italia è tornata indietro. Oso dire che la nostra drammaturgia era un’altra cosa. Oggi si fa letteratura. Io sono tradizionale e innovativo, sono sulla scia di una genetica del teatro e nello stesso tempo sono altro da quello.


​RICONOSCIMENTI

​Il primo importante riconoscimento in ambito teatrale è il Premio Riccione/Ater, assegnato al dramma Pièce Noire nel 1985. L’anno successivo, nel 1986, fonda il primo nucleo di ciò che diventerà la Compagnia Teatrale Enzo Moscato, e scrive Occhi gettati. 

​Una summa di tutto ciò che avevo fatto in sei anni - continua nella stessa intervista - era una sorta di offertorio del mio corpo, della mia anima di tutto me al pubblico. Non mi riservavo nulla nel darmi completamente. Nell’86 mi denudavo, ballavo, mi dannavo, cantavo, appicciav o’ ffuoc ‘ncopp a scena che non si poteva fare: sono stato cacciato da tutti i teatri. Il mio andare in scena era totalmente in oblazione, senza cautele. La ripresa dello spettacolo è stata molto più sulla difensiva: la tremendità avviene attraverso le parole e basta. Negli anni, una persona sviluppa anche una sorta di auto difesa. Oggi lo faccio ma con una serie di tutele. Ho capito che come dice Artaud il teatro è una grande terapia, è una grande medicina ma contemporaneamente anche un grande veleno, se non lo sai dosare.


​Le même et l’autre

Dal 1986 ha avuto inizio una produzione ininterrotta di testi scritti e interpretati: commedie, melologhi, atti unici, recital, frammenti poetici. Un corpus che si scompone e si rielabora continuamente, mostrando non solo il suo sguardo sul teatro, ma un punto di vista con cui guardare la vita. 

Penso a Il balcone di Genet. Parla della rivoluzione. Quello che deve accadere fuori, se non accade dentro, non può esistere. Ci dev’essere un rapporto molto stretto tra quello che fai e quello che accade dentro e fuori di te. Questo è essere rivoluzionari. Quando c’è un combaciamento. Non sempre questo succede. Se non c’è una consapevolezza della necessità sociale di quello che stai facendo, sei destinato a morire. Se mi chiedi adesso quali sono le mie opinioni sul teatro, ti dico che il teatro, se non è già morto, ha ancora pochi anni da respirare. Vedo come vanno le cose. Non sono mai stato amante dei narcisismi teatrali. Non si può parlare di sé senza parlare dell’altro da sé. Non può essere. Le même et l’autre. Non l’ho inventato io. ENZO MOSCATO

gb 
​



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