![]() Oggi sono molti i professionisti e i centri che lavorano nell'ambito della danza di Comunità, portando avanti un’idea di danza come arte intrecciata alla vita, vicino alla gente, alla società. Modello operativo di matrice anglosassone, in questi anni si sta espandendo anche in Italia. Nel Novecento, la danza di comunità, afferma Franca Zagatti nel suo libro Persone che Danzano, si impone come un’arte strettamente intrecciata al quotidiano, ponendo così le basi per una “visione plurale ed inclusiva della danza intesa come strumento di condivisione e integrazione sociale connotato da un agire creativo alla portata di tutti indipendentemente dall’età, dalle possibilità, dalle diverse abilità e conoscenze”. Sta a noi oggi, continua, portare avanti un progetto di democratizzazione della danza, arte che è e deve essere “per tutti e per ognuno”, rispondendo concretamente alle esigenze e ai bisogni della società contemporanea. Coloro che partecipano a questi eventi, laboratori o performance, ci dice Alessandro Pontremoli, magari non danzeranno mai più, ma diventeranno sicuramente un pubblico per la danza, perché aver fatto esperienza diretta aiuta a capire dall’interno ciò che si vedrà successivamente. ![]() Nella costellazione della danza italiana, e specificatamente nella Danza di Comunità sono tre i centri in cui la dance community si è istituzionalizzata. Rovereto, con Luca Silvestrini al Centro Internazionale per la Danza di Rovereto. Bologna, grazie al lavoro e alle ricerche della già citata Franca Zagatti, con i laboratori della sua Danza Educazione e Società. Firenze, con la fondazione da parte del coreografo Virgilio Sieni de L’Accademia sull’Arte del gesto. ![]() Aldilà dei centri maggiori, negli ultimi anni si è assistito ad una proliferazione che coinvolge tanto il nord quanto il sud della nostra penisola. Nel giugno del 2013, ad esempio, alla Biennale College di Venezia, all'Arsenale, un gruppo di madri danzava con i propri figli. Al teatro La fenice, invece, quattro merlettaie di Burano mettevano in danza il proprio lavoro. In chiusura della Biennale College, coordinata dal direttore Virgilio Sieni, tutti i partecipanti ai numerosi eventi si esibivano in un rito collettivo. Al Festival Bolzano Danza, nell’estate del 2013, il pubblico ballava il Sacre du Printemps di Stravinsky ascoltando in cuffia la musica e le indicazioni del coreografo Olivier Dubois. Nel 2014, alla Biennale di Venezia, Virgilio Sieni metteva in scena il suo Vangelo secondo Matteo, articolato in 27 quadri, composto da gruppi amatoriali provenienti da tutta Italia, e il quadro delle Beatitudini vedeva protagoniste quattro anziane raccoglitrici di pomodori in un tripudio di rosso. Nel Dicembre 2014, prima a Vienna e poi a Catania, nello spettacolo Oratorio per Eva, il coreografo Roberto Zappalà metteva in movimento “dieci corpi in transito” rigorosamente non professionisti. Nel 2015, al Bolzano Festival il coreografo Olivier Dubois per il suo Les mémoires d’un seigneur, coinvolgeva quaranta amatori per la messa in scena. gb |
AutoreGiovanni Bertuccio Archivi
Gennaio 2020
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