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QUEER E ARTE                                                        SECONDO NOVECENTO                                            POST MODERN

1/3/2022

 
Foto
Wim Delvoye | Peau de porc tatouée 1995


​post moderno

Il post moderno, rovescio repulsivo del modernismo greenberghiano, coltiva spesso il cattivo gusto, veicolo di un humor a lungo rimosso, o emarginato, dalle arti visive. Molti critici o intenditori, nostalgici di un'arte più austera, si sentono però urtati.

E spesso la discriminante non è economica bensì culturale: è esperienza consueta rilevare la rozzezza del nuovo ricco che, per ostentare la sua ricchezza, va oltre i limiti che la sensibilità estetica dominante assegna al “buon gusto”. 

E' per altro imbarazzante definire la sensibilità estetica dominante: non è necessariamente quella di chi detiene il potere politico o economico. E' piuttosto quella fissata dagli artisti, dalle persone colte, da chi viene ritenuto esperto di “cose belle”. Ma si tratta di un concetto molto volatile, soprattutto oggi che ogni “comunità” detiene la sua concezione di bello. Jean-François Lyotard, quando spiegava il post moderno metteva in guardia proprio dal caos che regna intorno l'arte kitsch:


Facendo kitsch, l'arte asseconda il disordine che regna nel 'gusto' dell'amatore. L'artista, il gallerista, il critico e il pubblico trovano, tutti insieme, soddisfazione in qualsiasi cosa, e il rilassamento è in agguato.

Ovviamente non tutta l'arte post moderna è di cattivo gusto, e tanto meno comica. Ma era indispensabile che le istanze formali, filosofiche o etiche del modernismo si affievolissero perché il kitsch, nella sua versione critica, acquistasse diritto di cittadinanza.


​citazione e sarcasmo

Se il termine Kitsch ha un senso, non è dunque perché designi un'arte che tende a suscitare effetti - in molti casi l'arte si propone anche questo fine - né un arte che utilizzi stilemi apparsi in altro contesto, perché questo può verificarsi senza che si cada nel cattivo gusto. Kitsch è l'opera che, per farsi giustificare la sua funzione di stimolatrice di effetti, si pavoneggia con le spoglie di altre esperienze, e si vende come arte senza riserve.

​Ma se il kitsch innesta una critica ai valori, spesso questa è ben dissimulata. Jeff Koons, ad esempio, senza dubbio uno dei più noti esponenti del kitsch, fa costruire un'enorme struttura a forma di cane accucciato, interamente ricoperta di piante fiorite (Puppy, 1992) e la pone all'ingresso di un castello. E Martin Honert con i suoi sketch ricostruiti tridimensionalmente e dipinti a colori vivaci lascia le stesse perplessità.

​Rientrano invece in un registro più dichiaratamente sarcastico le navette spaziali, rivestite di pelle sintetica – un materiale particolarmente kitsch – da Silvy Fleury (First Space-Ship on Venus, 1996) e opere di Wim Delvoye come la betoniera in legno scolpita come un buffet lavorato o Peau de porc tatouée (1995) che inalbera una croce ornata di rose, motivi floreali e la scritta: One life. One love. One God.

gb
​


​
approfondimenti
queer e arte


QUEER E ARTE | SECONDO NOVECENTO | IL KITSCH
QUEER E ARTE | SECONDO NOVECENTO | KITSCH | JEFF KOONS
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