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A NORD
Tra i primi nomi a sperimentare le nuove vie teatrali compaiono quelli di Marco Baliani, Marco Paolini, Laura Curino, Mariella Fabbris, Lucilla Giagnoni, Gabriele Vacis. Raccontare una storia non bastava, l'ambizione di questi artisti era di mettere in scena alcune delle tragedie che hanno attraversato l'Italia nei decenni del dopoguerra: i fatti di Ustica, l'omicidio Moro, il Vajont, per esempio. Questo approccio più sociale e politico, diede vita, sviluppandosi, ad una macro area del teatro di narrazione: il Teatro civile, sensibile a temi legati ai diritti umani e alla storia del Novecento.
Le opere di Marco Cortesi e Mara Moschini: possono esserne un esempio significativo. Pensiamo allo spettacolo La Scelta, inchiesta sulla Guerra nella Ex-Jugoslavia, al monologo a due voci Rwanda sul Genocidio Rwandese del 1994 o alla messa in scena de Il Muro, storie vere legate al Muro di Berlino.
Altra macro area all'interno del teatro di narrazione è il Teatro ragazzi. Fenomeno particolare della scena italiana, a Torino ha il suo centro in La Casa del Teatro Ragazzi e Giovani e nel festival Incanti promosso da Controluce.
A SUD
Gli anni Ottanta hanno diffuso violentemente e velocemente la cultura di massa attraverso i mass media su una popolazione che non era, in tutte le fasce sociali, pronta a digerire, in egual misura, l'omologazione necessaria. Se Enrico Fiore parla di questo periodo come di una “de-evoluzione” al livello sociale, paradossalmente, a teatro, la ritrovata centralità del testo e della scrittura si affermano, in tutta la penisola, proprio in un periodo in cui la lingua italiana si omologa attraverso la massiccia diffusione di televisione, radio e cinema.
Radici forti, tradizioni e “napoletanità”, unite alla cultura di massa, caratterizzano tutta la produzione partenopea. E nel momento in cui l’omologazione di una società ad una cultura nazionale colpisce un’identità profondamente radicata ma in declino, autori come Ruccello e Moscato portano sulla scena studi antropologici, filosofia, considerazioni sociologiche. La cultura, ultimo appiglio cui aggrapparsi per sfuggire al “vortice omologatore".
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ApprofondiMENTI
QUEER E TEATRO
LA MADDALENA
CENTRO FEMMINISTA & COLLETIVO GRAMSCI
MUSICA E IRONIA
CAMBIA IL VENTO
Per approfondire la tematica femminista e il suo creare collettivi e comunità, si consiglia il sito
HERSTORY | Gruppi e collettivi femministi a Roma e nel Lazio dagli anni '70 ad oggi
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ApprofondiMENTI
QUEER E TEATRO
EDUACARE CON IL TEATRO
Professore con l'ambizione del teatro educativo, pioniere del movimento LGBT, cabarettista e cantautore dichiaratamente gay, D'Alosio fu, anche, un attore che tentò, in linea con le ricerche pasoliniane e non solo, di trasformare il proprio dialetto, l'abruzzese, in lingua vera e propria. Dalla cattedra al palcoscenico, il passaggio impose il cambio del cognome. La scelta d'un cognome ebraico come nome d'arte sarebbe stato, pare, sia un omaggio al ramo materno della sua famiglia, Cohen era il cognome della madre, sia e soprattutto, l'identificazione con una minoranza oppressa e perseguitata nel corso della storia.
Cohen legava, infatti, idealmente e per analogia, le due comunità e si augurava che il mondo omosessuale potesse conservare la propria identità e i propri riferimenti culturali, proprio come la comunità ebrea. Implicazioni fortemente politiche che fanno di Alfredo Cohen uno dei fondatori del teatro politico omosessuale italiano.
TEATRO POLITICO OMOSESSUALE
In Come si vince contro chi ci opprime, sulla rivista del "Fuori!" nel 1972, parlando dei suoi personaggi così scriveva: «Non ho mai portato sulla scena l'omosessuale metropolitano: non lo sento, non lo sono. Mi interessa la "mezzafemmena", come venivo chiamato io in paese. Vorrei farne un nuovo tipo teatrale, che so, come Pulcinella o Colombina. (…) Sono molto legato alla mia terra. Sono un "cafone"; un "provinciale": ma come scelta.»
DENUNCIARE L'OMOLOGAZIONE
Altra sua grande passione, altro mezzo per il suo attivismo, era la musica. Nel 1977 scrive, infatti, i testi e le musiche del suo album Come barchette dentro un tram, prodotto da Franco Battiato e Giusto Pio. Nel 1979, sempre con il duo Battiato/Pio scrive due canzoni: Roma e Valery. Quest'ultima dedicata alla transessuale Valérie Taccarelli che Cohen conobbe a Bologna, poi rimaneggiato, il testo si intitolò Alexanderplatz cantata da Milva nel 1982. Nel 1992, si apre una parentesi cinematografica, con la partecipazione al film Parenti serpenti di Mario Monicelli interpretando la parte di Osvaldo detto La Fendessa.
Purtroppo non esistono riprese cinematografiche dei suoi spettacoli, fatta eccezione del documentario di Maria Rosaria La Morgia, Alfredo Cohen recital, prodotto dalla sede regionale abruzzese di Rai3. Censurato e mai trasmesso durante la sua vita, fu integrato, nel 2018, nel documentario di Enrico Salvatori e Andrea Meroni, Alfredo D’Aloisio in Arte (e in politica) Cohen.
gb
ApprofondiMENTI
QUEER E TEATRO
antropologia e teatro
Ambientate nelle periferie o nel degrado urbano, si raccontano - attraverso un linguaggio meticcio fra il napoletano colto della tradizione barocca e quello del sottoproletario suburbano - le realtà delle protagoniste, in cui la frustrazione imperante crea atmosfere iperreali, sature di sventura. Scomparso giovanissimo, Annibale Ruccello è stato riscoperto e rivalutato negli anni Novanta, divenendo una delle voci più interessanti e originali del teatro italiano della seconda metà del XX secolo.
Le cinque rose di Jennifer (1980); Weekend (1983); Notturno di donna con ospiti (1984); Ferdinando (1985); Piccole tragedie minimali (1986); Anna Cappelli (post. 1987) sono le opere con cui Ruccello ha indagato la trasformazione dell'immaginario attraverso la scomparsa dei miti/riti collettivi. La sua scrittura teatrale, con l'adozione del carattere noir e dei ritmi da thrilling, usa il dialetto non come forma di un teatro di tradizione ma come linguaggio di un teatro di sperimentazione.
La sua stessa presenza, come autore e attore en travesti - Le cinque rose di Jennifer; Notturno di donna con ospiti; Ragazze sole con qualche esperienza - è parte integrante di quella ricerca antropologico-teatrale sui temi dell'identità (culturale e sessuale) in un universo repressivo, contaminato nel linguaggio e nei comportamenti dai modelli di vita borghese.
ferdinando
Ferdinando è la storia della baronessa Clotilde, matura nobildonna che nel 1870, non accettando i Savoia, passa i suoi giorni a letto, malata d’ipocondria, in una villa di periferia. Donna Gesualda, sua cugina povera, la assiste, ricoprendo il doppio ruolo di infermiera e secondino. Tra pillole, ozio e le visite di Don Catellino - il prete, coinvolto in intrighi politici e amori sconvenienti - la vita scorre noiosa. Fino all'arrivo improvviso di Ferdinando, un giovane affascinante ed educato, che scatena l'interesse della piccola comunità, quando afferma di essere un lontano nipote della baronessa.
Tutti se ne innamorano e Ferdinando diventa l'amamte di Don Catellino, della baronessa e anche di Gesualda. Mosse dalla gelosia, Clotilde e Gesualda avvelenano il sacerdote. Ferdinando, però, si rivela non il nipote della baronessa, ma il figlio del notaio venuto per rubare i gioielli che, la baronessa, a sua volta, aveva rubato ad un vecchio amante. Il giovane, ricatta le due donne: i gioielli o lo scandalo. La baronessa, priva di alternative, ri-torna vittima dell'ipocondria.
Lo sguardo Omosessuale
Il vero personaggio gay è quello di Donna Clotilde o meglio è il modo in cui Ruccello costruisce lo sguardo di Gesualda che ci mostra il lato omosessuale. Utilizzando l’immaginario culturale gay, mettendo in scena un personaggio ibrido, contaminato e portatore di desideri contrastanti, costruisce il carattere di Clotilde.
«Fatte mettere ‘e mmane dinte’e cazuneā (Toccandogli il membro nei calzoni) Chisto oìā Chisto ccàā Adda essere sulo d’’o mioā Si saccio ca ‘o daie a quacchedun’ata, t’’o taglioā M’’o mangioā»
Una donna che ha dovuto lasciare la propria città, la famiglia e i suoi diritti a causa della sua personalità, unicità da cui trae anche energia e orgoglio. Affermazione e emarginazione sociale, amore e distruzione fanno de la baronessa la metafora di un mondo che fatica a ricongiungersi con le proprie radici storiche e culturali, che teme il futuro e si nasconde. Unico slancio vitalistico il desiderio, quello sessuale. Desiderare farà ricongiungere Donna Clotilde con la sua vera natura.
Un modo di essere che in chiave camp teatralizza la sua condizione drammatizzando la relazione con gli altri. Si crea così un meta-teatro in cui tutti i personaggi sono descritti attraverso il suo sguardo mentre il suo corpo si espone come una parodia - la malata devota o la seduttrice sensuale - metafora de la resistenza al mondo che cambia.
Sesso e potere
Nel teatro di allora o nei romanzi infatti, i personaggi femminili usavano il sesso come un capitale, solo per poi pentirsi e riscoprire l’amore - pensiamo a La signora delle camelie - oppure, quando esercitavano potere o gestivano denaro, finivano per diventare asessuate, come nel caso di La visita di vecchia signora di Friedrich Dürrenmatt. Nel testo di Ruccello invece, la protagonista, non più giovane, ha potere e sete sessuale, e usa il suo potere per soddisfare la sua fame. Un atteggiamento che la letteratura ha sviluppato più spesso al maschile e che fa di Donna Clotilde una donna che si comporta come un uomo.
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Approfondimenti
queer e teatro
MINARE DA DENTRO
Già con Un pesciolino, breve monologo del 1957 con protagonista una zitella sui generis, si impone l'elemento autobiografico, con al centro il tema de la diversità e la donna si fa metafora della paura degli uomini di tutto ciò che provoca scandalo. Nel 1963 è la volta di Vivo e Coscienza in cui afferma l'inconciliabilità pratica tra vita e coscienza, con la speranza che verrà un giorno [...] in cui la Vita sarà Coscienza e la Coscienza Vita.
Con Italie magique, scritto per l'interpetazione di Laura Betti, tra il '64 e il '65, racconta la storia italiana dalla Seconda Guerra Mondiale all'avvento del Neocapitalismo, dove con ironia brechtiana si mette in scena l'assurda "convinzione che l'io sia sempre più mio, mentre è di Mammona."
DIVERSITà VS SOCIETà
Pasolini vuole mettersi in contatto diretto e dialogico - da qui i dibattiti dopo le rappresentazioni - con un pubblico non di massa, ma che ha una cultura, potenzialmente, pari alla sua anche se appartenenti ad ogni classe sociale. In Orgia (1966-70), l'unica tragedia che ha messo in scena lui stesso a Torino, con Laura Betti, rappresenta il divario tra diversità e società raccontando di sesso, potere, violenza e norme sociali. Dal pubblico al privato, un altro dramma borghese:
"voglio che la società non abbia un atteggiamento razzistico verso gli esclusi. [...] Se c'è qualcuno che è diverso, qualunque diversità sia, ha diritto di esserlo, e la società non deve avere un atteggiamento razzistico contro questa diversità. Deve capirla, discuterla, analizzarla, ma non avere un atteggiamento razzistico di rifiuto e di esclusione."
In quest'ultimo dramma, dietro la vicenda di un poeta cecoslovacco, Jan, si nascondono le vicende autobiografiche di Pasolini stesso, dalla giovinezza - con il suo amore per il Friuli e il mondo contadino - all'impegno intellettuale e artistico sulla scia di un realismo che valorizzava la lingua popolare, sino alla delusione dovuta all'imborghesimento di tutti e tutto, con il benessere consumistico. Ancora, la rinuncia al potere politico, quando alla fine degli anni sessanta, Pasolini comprende che, nell'epoca del neocapitalismo, occorre un nuovo impegno: la Rivoluzione di una Nuova Destra sublime. Morirà assassinato l'anno successivo, nel 1975.
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Approfondimenti
queer e teatro
PROTAGONISTA
Angels in America, consegnato alle scene nel 1990, apre la decade con il mutato punto di vista. Opera in due parti - Millennium Approaches e Perestroika - di Tony Kushner, gli Angeli influenzeranno le generazioni successive per la capacità di collegare la tematica omosessuale a questioni più ampie, rappresentando uno dei primissimi esempi in cui il pubblico eterosessuale poteva provare a confrontarsi con lo sguardo queer. Si ricorda che il queer lancia uno sguardo camp sul mondo. Dunque, l’identità queer diviene una performance, un processo in cui lo sguardo descrive e crea il proprio mondo.
In Angels in America i personaggi sono sempre narratori di sé stessi. E come se raccontassero la propria vita in scena non solo ai comprimari ma anche ad un pubblico immaginario. Ed è questa teatralità dentro il teatro che marca l'opera con un forte accento drammatico. E la narrazione del vissuto dei protagonisti, in Angels in America individua i tratti drammaturgici tipici della scrittura queer: le battute non si accontentano più di alludere ad un’azione fisica o ad un bisogno interiore del personaggio, ma si ampliano attraverso commenti, riflessioni, contenendo al suo interno, letteralmente, sia il testo che il sotto-testo.
ITALIA | TEATRO IMMAGINE
Spinto dalla necessità di rendere visibile la frammentarietà dei gruppi, nel giugno 1994 il Teatro del Lemming organizza, a Rovigo, il Festival Opera PrimaMartino Ferrari, rendendo pubblico un monitoraggio dal quale risultano circa duecento realtà sommerse. Nello stesso anno a Cesena, i gruppi dell'area romagnola, già in contatto con il Lemming, incontrano altri nuclei sparsi. A Verona nell'autunno del 1994 e a Bologna nella primavera del 1995, con più di cinquanta compagnie presenti si cerca di individuare un possibile canovaccio teorico-programmatico e poetico, per poi approdare a San Benedetto del Tronto nel settembre 1995 con la fondazione dei Teatri Invisibili in cui una parte di compagnie si costituirà in associazione, l'altra in un arcipelago di indipendenti, conosciuto come il fenomeno romagnolo.
IDENTITà FLUIDE
Tra i solchi di un teatro-vita, questa generazione comincia a raccontarsi. Senza la distanza dallo spettatore e nella convulsione di segni e linguaggi, lo spettacolo si pone al limite tra reale e apparente. E in questo contesto, il senso della parola si svela attraverso un movimento, una folgorazione. E, allo stesso modo, gli oggetti di scena, depurati del tratto naturalistico, si rivelano attraverso l'effetto simultaneo di configurazioni e azioni sottratte alla logica, dilatando, così, il gesto in modo da creare una drammaturgia dell'inconscio. Il tema della morte come frattura, le invenzioni neo-barocche, pop e camp; la fluidità nell'identità sessuale e nei ruoli sono punti di contatto, congiunzioni estetiche a tutta questa nuova generazione.
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ApprofondiMENTI
QUEER E TEATRO
CONTRO IL TEATRO BORGHESE
Già a partire dalle commedie tra il 1959 e il 1961 era forte la satira di costume nella struttura della farsa. Ma nel 1968, quando insieme a Franca Rame, Massimo de Vita, Vittorio Franceschi e Nanni Ricordi fondano il gruppo teatrale Nuova Scena, l'obiettivo sarà quello di ri-tornare alle origini popolari del teatro e alla sua valenza sociale. Il 1º ottobre 1969, a Sestri Levante, Fo porta per la prima volta in scena la giullarata Mistero buffo, fantasiosa rielaborazione di testi antichi in grammelot - linguaggio teatrale, una mescolanza dei vari dialetti della pianura padana, che si rifà alle improvvisazioni giullaresche e alla Commedia dell'arte - traendone una satira politica e sociale tanto divertente quanto affilata. Molti, considerano Mistero buffo, il modello del "teatro di narrazione"
LA COMUNE
Oltre alla raccolta di fondi, Soccorso Rosso garantiva un supporto legale attraverso gli avvocati attivisti: invio di lettere, pacchi e soldi ai detenuti politici e alle rispettive famiglie, visita in carcere ai detenuti, denuncia delle ingiustizie e degli abusi sui carcerati alla stampa, ai parlamentari italiani e ai magistrati, denuncia delle torture e dei maltrattamenti subiti durante gli interrogatori e la detenzione, e, non ultimo, le condizioni disumane nelle carceri.
Dopo la strage di piazza Fontana del 1969, giudicata una «strage di Stato», e la morte in questura dell'anarchico Giuseppe Pinelli, Soccorso Rosso inizia una campagna per la liberazione di Pietro Valpreda, sospettato di essere colpevole per la strage. Questa nuovo impegno condurrà nel 1970 alla stesura di Morte accidentale di un anarchico, opera dal forte impegno politico, ispirata al caso della morte dell'anarchico Giuseppe Pinelli ma ufficialmente ispirata a la morte di Andrea Salsedo negli Stati Uniti all'inizio del XX secolo.
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ApprofondiMENTI
QUEER E TEATRO
LOTTA DURA CONTRO NATURA
Ancora, a quando intervista gli operai dell’Alfa Romeo in tutina bianca e con i capelli cotonati, o a quando si presenta in tacchi a spillo e boa di struzzo alle riunioni di Autonomia Operaia. Non ultimo, quando, in “vesti di pastorella”, ruba il microfono a Dario Fo, all’affollatissimo raduno bolognese contro la repressione del 1977. Momenti e contesti diversi, che attestano la sua forte carica performativa, spesso estrema, se includiamo i famosi atti e detti coprofagi che lo hanno reso celebre sulla stampa scandalistica del tempo. Insomma Mieli era già una diva alternativa e le sue riflessioni tendevano a scardinare ogni concetto di appartenenza. Questo lo rese il capostipite del movimento queer italiano.
Rileggere oggi l'opera di Mario Mieli - che amava che si rimarcasse la sua indubbia somiglianza con Marella Agnelli - apre uno spiraglio su una narrazione magmatica che riassume un decennio frenetico: gli anni Settanta. Straordinario filtro, il suo, fatto di diverse tensioni e contraddizioni, di adesioni, fughe e abusi, di marxismo e di pratiche di autocoscienza vissuti a contatto con i movimenti omosessuali a Londra e a Parigi.
DIPENDENZA E RIGETTO
ATTIVISMO
Rivoluzione possibile solo a partire da un radicale cambiamento dei costumi e dei ruoli nella società, e che il comunismo doveva facilitare la liberazione dell'eros, che lui istituiva come molteplice e polimorfo. La parola omosessuale era già, ai suoi tempi, un limite. Mieli era più oltranzista e attualissimo e dichiarava che “L’eros libero sarà transessuale” riferendosi all'ideale mitico dell’ermafrodito, magia della congiunzione dei sessi.
Nel programma Rai Come mai del 1977, al momento dell’uscita di Elementi di critica omosessuale (sua tesi di laurea pubblicata da Einaudi nel 1977, da Feltrinelli nel 2002 e nel 2017), Mieli in abiti da signora milanese con tailleur e perle, perfettamente a suo agio, svolge un’intervista serissima sul movimento omosessuale e sul rapporto con il movimento femminista, dichiarando che la società può salvarsi solo attraverso le donne, “portavoci del futuro”.
“Il trionfo dell’amore mobile, nobile, frizzante, effervescente, fluido, si può avere solo se il piacere carnale non viene più giudicato sporco perverso e peccaminoso: altrimenti la diffidenza, la paura, la nevrosi continueranno a inficiare i rapporti umani e la logica autolesiva dell’egoismo alienato ci porterà alla catastrofe irreparabile”, dirà alla conferenza di Brescia nel 1982, un anno prima il suicidio.
“Non è più il momento di battere, ma di combattere”
Vaffanculo… eBBene sì!
SU MIELI
Pubblicato nel 2002, e ristampato dieci anni dopo, dalle Edizioni Croce, il testo Oro Eros e Armonia: L’ultimo Mario Mieli. Breve raccolta di saggi, interviste, discorsi e racconti dell’ultima fase della vita di Mieli, quella della cosiddetta fase alchemica, già ampiamente toccata nel Risveglio dei faraoni, a cura di Giampaolo Silvestri, con introduzione di Ivan Cattaneo.
Del 2016 è la pubblicazione di un altro testo, Mario Mieli – E adesso, a cura di Silvia De Laude per Clichy, con una biografia e una bibliografia, un saggio della curatrice, e molti brani e testi tratti da opere, lettere, discorsi, interviste del milanese. Del 2019 è la pellicola Gli anni amari diretto da Andrea Adriatico e interpretato da Nicola Di Benedetto, presentato in anteprima nella serata di pre-apertura della Festa del Cinema di Roma.
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ApprofondiMENTI
QUEER E TEATRO
TRACCE E CODICI
SODOMITA VS OMOSESSUALE
NUOVE IDENTITà VECCHI STEREOTIPI
RAPPRESENTAZIONE E COSTRUZIONE
TEATRO QUEER?
produrre modelli
prospettive culturali
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Approfondimenti
queer e teatro
fugure marginali
politicizzare il mezzo
Durante gli anni Sessanta si delineano delle pratiche di azioni, che si inseriscono nelle attività rivoluzionarie, nel superamento della separazione tra arte e vita quotidiana. Non fu solo una denuncia verso le strutture esistenti, ma anche una proposta di un nuovo teatro capace di porre interrogativi, fatto di gesti contemporanei. Per questo fu promosso un convegno che si svolse ad Ivrea dal 9 al 12 luglio 1967, evento che entrò nella storia del teatro contemporaneo e per questo ampiamente documentato.
rivoluzionare i costumi
visioni interne
Si crea così un nuovo teatro o meglio un nuovo modo di concepire il teatro, visto come strumento di comunicazione attivo, aperto agli scambi comunicativi con un pubblico non più passivo ma co-creatore dell'evento teatrale. Un teatro con contenuti nuovi, espressi attraverso canali comunicativi diversi. Lontano dal teatro dell'epopea di Piscator, dal teatro epico di Brectht, dal teatro celebrativo di massa e dal teatro per il popolo e quello del popolo, nasce così il Teatro politico.
teatro politico
I gruppi che si formavano su intenti prettamente politici, continuavano anche la loro sperimentazione in campo avanguardistico, pensiamo al collettivo Nuova Scena capeggiato da Dario Fo e Franca Rame, o alle opere di Leonardo Sciascia e Pasolini. Di questo filone fanno parte il Teatro Popolare di Ricerca (www.teatropopolare.org) nato a Padova nel 1964, il G.T.S. di Firenze, importanza centrale ebbe Bologna con Radio Alice (radioalice.org) e il Collettivo Jacquerie.
A Torino un gruppo di studenti dà vita ad un tentativo di teatro assembleare di strada: nell'aprile 1970 nel quartiere Le Vallette, viene intrapresa un'azione sul tema della condizione degli operai emigrati dal sud. Il testo parte dalla protesta contro gli amministratori della casa "Don Orione" per estendersi alla problematica più generale della logica di sfruttamento che sta alla base del mercato degli affitti delle case.
azioni teatrali
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Approfondimenti
queer e teatro
PRIMO DECENNIO
RICERCA E SPERIMENTAZIONE
Declinati secondo modalità e finalità diverse, questi gruppi si organizzano come connessione fra associazioni, residenze creative, festival: si fa rete. E ad accomunarle è un’attitudine interdisciplinare al lavoro teatrale che sfocerà, quasi naturalmente, in una spettacolarizzazione degli altri linguaggi. Ricerca e sperimentazione è il binomio cardine del primo decennio. Tra il 2000 e il 2001 nascono Anagoor e Santasangre, nel 2003 Cosmesi, nel 2004 Città di Ebla, Gruppo nanou, Pathosformel, Menoventi, Muta Imago e Teatro Sotterraneo. Nel 2005 Opera e Orthographe. Nel 2006 Babilonia Teatri e Ricci/Forte, nel 2007 CollettivO CineticO, Silvia Costa/Plumes Dans La Tête, Dewey Dell, Fibre Parallele. Nel 2008 Codice Ivan.
PRODOTTI DI CONSUMO
Tale struttura organizzativa esprime sicuramente la volontà di esercitare un maggiore potere di affermazione, ma è anche il portato più esplicito del sistema omologante di Internet, che a metà degli anni Dieci, dopo l’implosione della new economy, vede nascere il Web 2.0, basato non più su siti statici ma su piattaforme di condivisione, forum e blog e, in una seconda fase, sui social network.
In una cornice così delineata, ci spinge a riflettere Mauro Petruzziello, questa frammentazione riflette, in todo, quella dell’attuale società dei consumi. E all'interno di quella che è la nostra identità societaria la pubblicità e la produzione on demand fagocitano gusti e identità trasformando, così, l'esperienza d’avanguardia in prodotto di consumo. E coloro che vogliono difendere la propria identità e integrità artistica rischiano, in un circolo vizioso e narcisistico, di richiudersi in sé stessi. Non a caso, questo nuovo teatro è, come si diceva, sempre più un teatro di festival - seguito da un pubblico nomade fatto di addetti ai lavori - sempre meno, spiace dirlo, un teatro fertile.
SECONDO DECENNIO
STAGNAZIONE
Un nuovo teatro autoreferenziale e asfittico, come ben sottolinea Mauro Petruzziello in Attore, performer, recitazione nel nuovo teatro italiano degli anni Zero, 2014: “un teatro delle diversità che rischia di essere azzerato dall’incultura dell’identità e dell’intolleranza. I buffoni di corte che, in accordo con lo spirito del tempo, alimentano il carisma del sovrano e finiscono per renderlo immune da qualunque critica”.
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ApprofondiMENTI
QUEER E TEATRO
INTERPRETARE LA FEMMINILITà
Uno dei pochissimi grandi attori italiani che non ha mai fatto mistero della sua omosessualità, negli anni Sessanta Poli recita vestendo panni femminili, caratterizzando i personaggi con una originale satira di costume, mischiando malinconia e funambolismo, travestitismo e cabaret. Interprete di Femminilità!, attraverso uno stile autentico, rapido e incisivo, Poli portava a teatro parodie di romanzi o di commedie dell’Ottocento e del primo Novecento. Ricordiamo La nemica 1968, Carolina Invernizio! 1969, La vispa Teresa 1970, L’uomo nero 1971, Giallo 1972, Apocalisse 1973.
PARODIARE USI E COSTUMI
RITA DA CASCIA
LA VISPA TERESA
L'UOMO NERO
IL LUSSO DELLA LIBERTà
Artefice di un teatro dal carattere chiaramente letterario, portavoce del lusso della libertà di un artista in lotta con il senso comune, Paolo Poli è stato un interprete fuori dagli schemi. Un uomo capace di guardare oltre la maschera dell’attore en travesti non lasciando trapelare nulla di lezioso o di vezzoso nella sua grazia. Non c’è civetteria o timidezza nei confronti della realtà, non c'è volontà imitativa o di "uguaglianza mediatica". La sua grazia risponde ad un’armonia forte, generata da un’intima e lucidissima intelligenza.
* Vai alla playlist dedicata a Paolo Poli sul canale youtube di Art is present: spettacoli ed interviste.
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ApprofondiMENTI
QUEER E TEATRO
Con debutto nel 1999 con il musical Anonymous Society di Andrew Wale, Sidi Larbi Cherkaoui quest'anno, festeggia i suoi primi vent'anni di carriera con oltre 50 coreografie. Fra le quali, dal 2007, quelle per il mondo del cinema (Anna Karenina, regia Joe Wright 2012, Girl, regia Lukas Dhont 2018), del teatro (Hamlet, regia Robin Lough 2015) e della musica (Sigur Rós, Valtari 2013).
Scritture di danza che hanno permesso all'artista fiammingo-marocchino di vincere una serie di premi: due Laurence Olivier Awards per la migliore produzione di nuova danza (2010 con Babele, 2012 con Puz/zle) tre Ballet Tanz Awards per il miglior coreografo (2008, 2011, 2017), il Kairos prize nel 2009 per la visione artistica e la ricerca del dialogo interculturale.
Nel 2014 Cherkaoui e Damien Jalet sono stati i primi a vincere il premio UnitedHumans - premio concesso a individui, associazioni o organizzazioni che applicano il rispetto reciproco, l'amicizia sincera e l'uguaglianza nella dignità alla vita in modo sostenibile e straordinario o che abbiano un impatto effettivo sulla società.
Formazione e debutto
Classe 1976, Cherkaoui dimostra fin da piccolo di essere un talento e come tale partecipa a vari spettacoli e programmi televisivi, vincendo a 19 anni il suo primo premio. Il concorso in questione pare - perché non c'è certezza della fonte - essere stato indetto da Alain Platel e il solo, presentato dal giovane coreografo, un mix fra vogue, danza africana e passi hip-hop.
Certi, invece, sono i suoi studi presso PARTS, Performing Arts Research and Training Studios, la scuola di danza gestita da Anne Teresa De Keersmaeker, dove apprende le tecniche dei coreografi William Forsythe, Pina Bausch e Trisha Brown. Durante il periodo di formazione collabora con compagnie di hip-hop e di danza jazz e arriva alla sua prima ed ufficiale coreografia, come detto sopra, nel 1999 coreografando il musical Anonymous Society per la regia di Andrew Wale e la direzione d'orchestra di Perrin Manzer Allen.
Carriera
dal 2000 ad oggi
Il lavoro di Sidi Larbi Cherkaoui può essere diviso in quattro periodi.
Les Ballets C. de la B | 2000 – 2006
Dal debutto, un riconoscimento più ampio arriva con le coreografie per Les Ballets C de la B. fondato da Alain Platel nel 1987 - fra le più conosciute Rien de Rien, 2000, Foi 2003 e Tempus Fugit, 2004. Parallelamente lavora a diversi altri progetti, tra i quali D'avant nel 2002 con Damien Jalet per la Sasha Waltz & Guests e Zero gradi nel 2005 con Akram Khan. Collabora, anche, con numerosi teatri lirici e compagnie di balletto, come il Geneva Ballet, il Royal Danish Ballet, il Cedar Lake Contemporary Ballet a New York.
Toneelhuis | 2004 – 2009
Dal 2004 al 2009 Cherkaoui è artista associato al teatro Toneelhuis di Anversa. Qui crea le famose Myth, 2007, e Origine, 2008. Ma questo è anche il periodo di opere come L'Homme de Bois e La Zon-Mai sempre del 2007; di Sutra nel 2008, diventato un cult del nuovo millennio; di Orbo Novo per il Cedar Lake Contemporary Ballet, dei duetti come Faun, presentato in anteprima a Sadler's Wells come parte di In the Spirit of Diaghilev, e di Dunas con la danzatrice di flamenco María Pagés, tutte opere create nel 2009.
Eastman | Dal 2010
Dopo undici anni di carriera, nel gennaio 2010, Sidi Larbi Cherkaoui fonda la sua compagnia: Eastman, con sede al Singel International Arts Campus di Anversa. In primavera, insieme a Damien Jalet e Antony Gormley creano Babel (parole) che vince il primo Olivier. Nello stesso anno crea Rein - un duetto con Guro Nagelhus Schia e Vebjørn Sundby - Play, duo con la duchessa di Kuchipudi Shantala Shivalingappa, e Bound, per la coppia formata da Shanell Winlock e Gregory Maqoma. Nel 2011, per il Dutch National Ballet crea TeZukA e Labyrinth. Nel 2012 crea Puz/zle, ottenendo un secondo Olivier. Sempre nel 2012 collabora con Joe Wright per il film Anna Karenina, dirigendone le coreografie.
Nel 2013 si ha la prima di 4D e 生长 genesis, per la sua compagnia, Eastman. Boléro, co-creato con Damien Jalet e Marina Abramović, per il Balletto dell'Opera di Parigi, e mlonga (Sadler’s Wells). Nel 2014 per l'Operans Danskompani di Göteborg crea Noetic; Mercy per Natalia Osipova e Ivan Vasiliev, e dirige la sua prima opera, Shell Shock per La Monnaie, con le musiche di Nicholas Lente e il testo di Nick Cave.
Nel 2015, Cherkaoui dirige e, per la prima volta, produce l'opera teatrale Plutone basata sulla pluripremiata serie manga di Naoki Urasawa e Takashi Nagasaki a Bunkamura, Tokyo, dando vita al personaggio manga Astro Boy. Per l'Hamlet di Lyndsey Turner, insieme a Benedict Cumberbatch cura le coreografie, opera presentata al Barbican Centre di Londra. Per la L.A. Dance Project realizza, invece, il trio Harbour M e per il Balletto di Stoccarda un nuovo Firebird. Nello stesso anno, Cherkaoui crea per la sua compagnia Fractus V partecipando come danzatore.
Royal Ballet of Flanders | dal 2015
Dal 2015, contemporaneamente alla direzione di Eastman, Cherkaoui assume il ruolo di direttore artistico al Royal Ballet of Flanders. Di questo periodo sono Fall del 2015, Exhibition del 2016 e Requiem del 2017. Per la sua compagnia, lavora invece ai progetti Qutb nel 2016, trio commissionato da Natalia Osipova; Icon, sempre nel 2016 per la GöteborgsOperans Danskompani e Mosaic, l'anno successivo, per la Martha Graham Dance Company. Continua ad interessarsi all'opera, dirigendo Les Indes galantes (2016) per la Bayerische Staatsoper, Satyagraha (2017) per il Teatro di Basilea e Pelléas et Mélisande (2018) con Damien Jalet e Marina Abramović per l'Opera Vlaanderen. Dal 2015 Sidi Larbi Cherkaoui è artista associato presso Sadler’s Wells, Londra e il Théâtre National de Bretagne, Rennes.
Il rapporto con L'Italia
Roma e Torino
Il rapporto fra l'Italia e il coreografo risale alla prima metà degli anni 2000 e si può circoscriverlo all'ambito romano. Il benvenuto al coreografo è stato dato, infatti, dal Romaeuropa Festival, uno dei più importanti appuntamenti nazionali ed internazionali per le Arti. Nel 2003 la presentazione di Foi fa conoscere al pubblico romano lo stile Cherkaoui, tanto che l'anno successivo, 2004, lo si riprogramma e si presenta Tempus Fugit. Un'assenza di due anni, per tornare nell'edizione 2007, con Akram Khan con il quale danza Zero Degrees, lavoro del 2005.
Novità importante della sesta edizione di Equilibrio festival 2010, all'interno della programmazione più ampia dell'Auditorium Parco della Musica è la nuova direzione artistica. Successore di Giorgio Barberio Corsetti, ideatore e direttore del festival dal 2005, è Sidi Larbi Cherkaoui, più volte ospite della programmazione della Fondazione Musica per Roma. Come Coreografo prima e poi come direttore del festival, Cherkaoui a Equilibrio porta Sutra nel 2008, Orbo Novo nel 2010, Play nel 2011, Tezuka nel 2012, Puz/zle 2013, con uno scarto di un anno dalla prima di ogni opera, eccetto per Sutra che arriva nell'anno della prima rappresentazione al Festival Internazionale di Villa Adriana sempre organizzato della Fondazione Musica per Roma, come testimonia l'articolo sul Sole24ore.com di Giuseppe Distefano datato 17 luglio 2008. Dopo qualche anno di assenza il coreografo torna a Roma, di nuovo ospite al Romaeuropa festival edizione 2017 con Fractus V, lavoro del 2015.
Nel 2018 inizia una collaborazione triennale con Torinodanza festival, grazie alla nuova direzione di Anna Cremonini, che ha lavorato a stretto contatto con Corsetti, e dal 2006 al 2012 responsabile della programmazione dei Festival: Equilibrio, Della Nuova Danza e Internazionale di Villa Adriana. Sul palcoscenico del Regio, ad inaugurare l'edizione 2018, si mettono, quindi, in scena Icon del 2016 e Noetic del 2014. Nel 2019 sempre grazie a Torinodanza i torinesi possono deliziarsi con Sutra del 2008, e riconoscere l'eclettismo del coreografo in Session, per la prima volta a Torino l'ultima delle sue creazioni. L'inaugurazione dell'opera, infatti, è del febbraio 2019. Sempre di quest'anno è la riproposizione al Teatro Ariosto di Reggio Emilia di Nomad, lavoro del 2017.
gb
APPROFONDIMENTI
COROGRAFI CONTEMPORANEI
R. Lo status sociale di ciascun paese è oscurato dai cambiamenti nel suo sistema esecutivo. E con l'arrivo del presidente Rohani in quegli anni, a causa di un cambiamento nella struttura esecutiva dell'ex presidente Ahmadi nejad, uno nuovo shock ha investito sia la struttura sociale che la struttura politica.
La struttura sociale e politica del tempo era un po' più aperta, e la speranza di correggere molti problemi sociali, politici e persino economici riguardava la maggior parte del paese. Ogni giorno, la gente, cercava migliori mezzi di sussistenza e lavoro quotidiano. Le libertà sociali a livello ufficiale del paese erano le stesse degli anni precedenti. Le donne, cioè, con le stesse restrizioni di prima, le minoranze di genere, e in particolare gli omosessuali, avevano ancora gli stessi problemi a livello di comunità e non ci si aspettava che queste avrebbero avuto la priorità dal governo.
R. La condizione giovanile in Iran è più che altro influenzata dalla mancanza di un lavoro adeguato e dalla mancanza di libertà sociali. I giovani post-universitari per esempio, non riescono facilmente a trovare lavoro nel loro campo (come mi è parso di capire questo l'Italia lo ha in comune con l'Iran), quindi cercano di guadagnare denaro facendo altro, il che sconvolge il sistema esecutivo del paese.
D'altra parte, la mancanza della libertà sociali mina l'individualità dei i giovani. Problemi di genere insieme alla condizione delle donne continuano ad esistere, ancora con molte carenze. E i giovani purtroppo, cercando di trovare ognuno la propria strada per raggiungere queste libertà, pagano sotto tutti i punti di vista per la minima libertà sociale e personale.
D. Cosa ti ha spinto a scegliere proprio l'Italia per la tua formazione?
R. Ciò che mi ha attratto nella scelta di studiare in Italia è stato, in un primo momento, la mia passione per la cultura e la bellezza del paese, che ha sempre fatto dell'Italia una priorità per me come meta turistica. Ma a causa della grave situazione economica e delle condizioni di lavoro in Italia, rimandavo. Fin quando non ho smesso di ignorare ciò che mi interessava, tralasciando i problemi in Iran e non pensando bene ai problemi che avrei avuto una volta in Italia, e mi sono trasferito. Ho fatto la mia scelta ed ora studio al Dams di Torino. La speranza, credo come tutti, è quella di fare il lavoro che ho scelto, ottenendo l'indipendenza economica.
R. Avevo un'idea generale della mentalità italiana, credo la stessa che hanno tutte le persone del mondo. Mangiare pizza, pasta, trovare nuovi sapori da una varietà di cibi.. perché so bene che mangiare in Italia non significa solo mangiare un piatto! Quando si mangia, la disposizione della tavola e l’area che si sceglie per mangiare sono molto importanti, così come la decorazione del cibo e molte altre cose. In un certo senso, si può dire che cucinare e mangiare sia sacro in Italia. Tuttavia, anche l'aver visitato diverse città come Venezia, Firenze, Roma, Milano, non mi permetteva di avere una idea completa dell'Italia. Ma quello che posso dire è che, l'aria di libertà, l'enorme patrimonio artistico e culturale, hanno sensibilizzato le mie attitudini, spingendomi ad una più profonda comprensione di ciò che voglio, dalla mia arte e dalla mia vita. Ero e sono convinto di poter ottenere un'ottima esperienza dall'Italia in modo da tracciare il mio futuro professionale e personale.
R. Sono arrivato in Italia il 21 agosto 2015. Una volta a Torino, la prima cosa che ha attirato la mia attenzione, come per il resto dei turisti, è stato la coabitazione dell'architettura classica con l'architettura moderna. Questo contrasto attirava l'attenzione. Era abbastanza chiaro che gli effetti industriali della città erano piuttosto chiari, date le enormi fabbriche di Fiat e Maserati.
Nell'affrontare altre questioni, ad esempio, l'atteggiamento della comunità accademica e amministrativa mi sembrava fosse onesto e trasparente. Certo, ho dovuto superare molte difficoltà a causa delle incongruenze tra l'Ambasciata italiana in Iran e l'Università, problemi burocratici e di lingua che ho risolto grazie agli aiuti di amici italiani. In generale, considero Torino una città bellissima, calma e elegante. Una città in cui si sente fortemente il desiderio di modernità, sfuggendo alla classica cornice italiana.
R. I punti in comune tra la cultura iraniana e la cultura italiana si pongono su due livelli, uno al livello della società pubblica, e un altro livello riguarda la profondità della società, la sua essenza. Sul piano pubblico la società, la gente che vedo in strada per capirci, deve necessariamente fare i conti con il sistema dominante e la pressione che ne scaturisce. La stessa che il popolo italiano ha subito durante il fascismo, una sorta di appiattimento diciamo. Ma se guardiamo profondamente alla comunità italiana, scopriamo che in questo territorio si sono diversi dialetti, arte varia, sapori e architetture particolari. In Iran esiste la stessa diversità culturale dovuta all'esistenza di molti gruppi etnici come i Curdi e Lars, i Persiani, i Baluci i quali hanno delle loro tradizioni culturali e culinarie arrivate fino a noi grazie alla presenza di due mari e oceani, dalle regioni aride, temperate e piovose. Da nord a sud, da ovest a est l'Iran presenta simili peculiarità geografiche con l'Italia. Nel campo dell'arte, c'è sempre stato un tema generale nella cultura educativa. Conservando le nostre tradizioni e i nostri classici, stiamo cercando lo sviluppo delle arti moderne con tutte le carenze e le difficoltà nel nostro paese, ad esempio nella musica. La nostra musica tradizionale sta sviluppandosi mischiandosi al pop e alla musica moderna, come in Italia, dove i classici hanno sempre mantenuto il loro posto, pur avanzando nella ricerca. E se diamo un'occhiata alle radici della lingua latina, arriveremo alla conclusione che dobbiamo guardare alla civiltà persiana per ottenere un maggiore legame tra queste due culture. Bisogna guardare più in profondità, perché ci sono così tante cose nel corso degli anni oscurate da questioni politiche.
gb
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Dressed Resembling A Girl
Il primo uso documentato della parola drag usato per descrivere attori vestiti con abiti da donna risale al 1870. Acronimo di Dressed Resembling A Girl (vestito come una ragazza), veniva usato per descrivere il travestitismo teatrale maschile. Queen invece potrebbe provenire dall'atteggiamento di finta regalità inscenato durante le esibizioni. Collegato ai termini quean o qwene, che in anglosassone significavano semplicemente "donna", veniva utilizzato per riferirsi a donne promiscue e uomini gay.
Considerare però, una "drag queen" un "travestito" è un grosso errore. Non tutti gli artisti drag, infatti, cercano di creare l'illusione dell'altro sesso, e chi lo fa, "si maschera" per un evento specifico o una performance, con lo scopo di intrattenere il pubblico. Mentre un travestito si veste del sesso opposto per feticismo o per emulare una figura femminile specifica, come attrici o cantanti, nella vita di tutti i giorni.
travestimento
Il travestimento, inteso come progetto d'immagine, rivela che l’identità originale su cui si modella il genere è un’imitazione senza un’origine e i significati di genere, nel travestimento sono comunque de-naturalizzati. Si capisce bene che il genere non può che essere un “atto”, una costruzione in divenire aperta a scissioni, all’auto-parodia, all’autocritica e alle esibizioni iperboliche del naturale. E per un’identità, essere in continua evoluzione, significa non essere né determinata né totalmente arbitraria, come invece, la costruzione culturale della critica femminista, intrappolata nel binarismo del libero arbitrio e del determinismo, affermava in maniera troppo semplicistica.
molti sessi
Se le identità non fossero più fissate, sostiene Butler, e se la politica non fosse più concepita dai presunti interessi di una serie di soggetti, allora, dalle rovine del vecchio, emergerebbe senz’altro una nuova configurazione della politica e dunque una nuova società, inclusiva e più evoluta.
gb
ApprofondiMENTI
QUEER | TEORIE
IL LINGUAGGIO
Negli ultimi trent'anni il termine genere è diventato di uso comune nella letteratura in lingua inglese. Etimologicamente, gender deriva da un'antica radice indoeuropea che significa produrre, da cui per esempio generare, e ha dato poi luogo, in diverse lingue, a parole indicanti la specie o la classe. Nella grammatica inglese si inizia a utilizzare il termine gender per riferirsi a una specifica distinzione sessuale come riporta l'Oxford English Dictionary del XIX secolo.
La lingua, dunque, è un aspetto importante del genere, ma non offre un quadro concettuale coerente. Lingue diverse fanno, infatti, distinzioni diverse. L'inglese, a differenza dell'italiano, in cui gli aggettivi sono declinati al maschile o al femminile, è una lingua relativamente poco connotata rispetto al genere, e come molte lingue ha una classificazione di genere tripartita: maschile, femminile e neutro.
LE RELAZIONI
Con lo sviluppo delle scienze sociali, il passo fondamentale è stato quello di spostare l'obiettivo dalla differenza alle relazioni. Il genere, quindi, riguarderebbe soprattutto relazioni sociali, all'interno delle quali agiscono gli individui e i gruppi. Le relazioni di genere includono effettivamente la differenza e la dicotomia ma anche molte altre configurazioni. Le pratiche sociali infatti, talvolta, sottolineano la differenza tra maschile e femminile, per esempio i vestiti premaman; a volte la negano, come in molti contesti lavorativi, altre la complicano, pensiamo, ad esempio, alla moda del terzo genere.
STRUTTURA E GENERE
Negli anni 70, a fronte di queste nuove riflessioni, si distinse nettamente il sesso dal genere. Col primo termine ci si riferiva al fatto biologico, ovvero la differenza nell'apparato riproduttore tra maschi e femmine; col secondo ci si riferiva, invece, a questioni sociali, ovvero la differenza tra ruoli maschili e ruoli femminili, oltre alla personalità maschile e femminile. Questa distinzione mise da parte la Biologia - che fin a quel momento veniva usata per giustificare la subordinazione del genere femminile - perché non considerava la sfera del sociale il luogo in cui il genere veniva, effettivamente, prodotto.
Il concetto di androgyny, proposto in quel periodo da Sandra Bem, 1974, e da tante psicologhe, rappresentava un modello di genere alternativo, un modello che combinava caratteristiche maschili e femminili e che un individuo, una società avrebbe potuto scegliere, piuttosto che subire.
L'INVENZIONE DEI SESSI
Oggi esiste un'intera gamma di variazioni di genere. Queste, accuratamente catalogate in L'invenzione dei sessi, 1994. L'autrice, Judith Lorber, ha calcolato che le società occidentali moderne distinguono 5,3 orientamenti sessuali, 5 modi diversi per eseguire il proprio genere, 6 tipi di relazioni e 10 tipi di auto-identificazione. Per questo, un'analisi che vuole essere seria deve avere come assunto il riconoscimento che tutto ciò che riguarda il genere è storicamente determinato. La storia umana, dunque, è anche l'orizzonte del genere.
gb
ApprofondiMENTI
QUEER | TEORIE
MASCHIO
Il Simbolico diventa possibile attraverso il ripudio della relazione primaria con il corpo materno. Il «soggetto» che emerge, il bambino, diventa portatore o fautore della legge repressiva. Il caos libidico che caratterizzava la dipendenza dalla madre, ora è vincolato da un “agente”, il potere patriarcale ad esempio, il cui linguaggio struttura la messa in pratica della legge, sopprimendo i significati multipli e instaurando al loro posto significati univoci e distinti.
In Lacan, essere il Fallo e avere il Fallo denotano posizioni sessuali divergenti o non-posizioni all’interno del linguaggio. L’interdipendenza di queste due posizioni richiama la struttura hegeliana della mancata reciprocità tra servo e padrone, in particolare la dipendenza del padrone dal servo nell’istituire la propria identità. Secondo Lacan, che proietta questa scena in un ambito fantasmatico, ogni tentativo di istituire l’identità secondo questa disgiunzione binaria tra essere e avere il fallo conduce ad un fallimento.
MASCOLINIZZAZIONE
La relazione tra i sessi, quindi, è costruita in modo che l’«Io» parlante sia l’effetto mascolinizzato di un processo autonomo e auto-fondato, ma la coerenza, la veridicità di tale modello relazionale, viene minata dalle posizioni sessuali che cerca di escludere. Le donne, per essere il fallo, cioè colui che riflette e garantisce un'apparente posizione di soggetto al maschile, devono diventare, devono essere ciò che gli uomini non sono e, in questa mancanza, istituiscono la funzione essenziale degli uomini.
LACAN VS BUTLER
Considerare questa doppiezza psichica come effetto della Legge è lo scopo dichiarato di Lacan, ma anche il punto di resistenza nella sua teoria, dice Butler. I fini del Simbolico, in Lacan come quelli del Dio del Vecchio Testamento, sono del tutto ateleologici, non mirano cioè al raggiungimento di un qualche scopo, ma all’obbedienza e alla sofferenza per rafforzare il senso di limitatezza nel «soggetto» «davanti alla legge».
La teoria lacaniana, quindi, deve essere intesa come una sorta di «morale degli schiavi». La figurazione della Legge del padre come autorità inevitabile e inconoscibile, continua Butler, davanti alla quale il soggetto sessuato è destinato a fallire, deve essere letta alla luce dell’impulso teologico che la produce tanto quanto alla luce della volontà del suo superamento. Sembra infatti, che in Lacan, la divisione sia sempre l’effetto della legge e non una condizione preesistente su cui la legge agisce.
gb
ApprofondiMENTI
QUEER | TEORIE
SUBORDINAZIONE
Le donne, nella storia, hanno cercato di risolvere il problema ricoprendo alte cariche con un "comportamento da veri uomini" come nel caso di Margaret Thatcher in Inghilterra e Madeleine Albright negli Stati uniti. Ma, perlopiù, in politica le donne devono, ancora oggi, lottare per ottenere una qualche credibilità.
La politologa Carole Pateman nel 1988, ha messo in evidenza questa discrepanza, affermando che il contratto sociale della società liberale si sostiene, a sua volta, su un contratto sessuale: la subordinazione privata delle donne agli uomini. Certo, in paesi come gli Stati uniti, l'Australia o la Germania, le donne della classe media hanno generalmente il libero accesso all'istruzione superiore e stanno entrando in misura crescente nei quadri intermedi delle aziende e nelle professioni liberali.
ORDINE DI GENERE
E' chiaro insomma, che in una struttura di potere di tipo patriarcale, le donne, sono la principale categoria di persone ad essere subordinata e ne La condizione della donna del 1971, la femminista inglese Juliet Mitchell affermava che l'oppressione della donna coinvolgeva non una, ma quattro strutture diverse: la produzione, la riproduzione, la socializzazione, la sessualità.
L'avvocatessa americana Catharine Mackinnon, invece, sviluppando una teoria dello stato e del genere nel diritto, in Toward a Feminist Theory of the State del 1989, considerava la gerarchia di genere come un tutt'uno omogeneo, al pari dell'antropologa Gayle Rubin che in Sex-Gender System del 1975, trattava l'intero ambito come fosse un solo sistema. Esistevano e sussistono tutt'ora, dunque, ottime ragioni per considerare le relazioni di genere come qualcosa di intrinsecamente complesso, qualcosa che coinvolge una molteplicità di strutture.
DISCRIMINAZIONE
Insomma in un sistema patriarcale al primo posto c'è l'idea di Maschio (ideale fittizio come la bellezza per i Greci, a cui tendere ma mai raggiungibile), segue la donna, poi l'omosessuale, o il queer in generale, continuando con tutta una serie di categorie che vanno dalle patologie alle deformazioni. Questo significa che quella del genere è una questione intrinsecamente politica, e le questioni politiche sono complicate e difficili da risolvere. Riconoscere, però, il carattere profondamente storico e contestuale del genere conduce a delle conseguenze intellettuali e politiche decisive. Se una struttura, come lo è il patriarcato, può nascere, può anche, sicuramente, morire.
gb
ApprofondiMENTI
QUEER | TEORIE
CATEGORIA: MAMMIFERI
Storicamente l'idea che il corpo umano si dividesse in due categorie opposte e qualitativamente diverse, divenne generale soltanto nel XIX secolo. Prima di allora, si credeva che i corpi maschili e femminili non fossero che versioni più o meno sviluppate di un'unica categoria.
La biologa Fausto-Sterling ha stimato che i gruppi intersessuali, nel loro complesso possono costituire l'1,7% di tutte le nascite. Una percentuale non grande, ma nemmeno irrisoria che qui serve a identificare il momento in cui un bambino diventa umanizzato, come dice Wittig, con il momento in cui si risponde alla domanda «è un maschio o una femmina?». La marcatura del genere, infatti, nel sistema eteronormato qualifica i corpi, e le figure del corpo che non rientrano perfettamente in nessuno dei due generi, cadono fuori dall’umano, costituendo quell’ambito di deumanizzazione e abiezione rispetto al quale l’umano si costituisce.
FRAMMENTARE IL CORPO
Un esempio più complesso è quello del cervello, oggetto di tanti dibattiti sulle differenze sessuali negli ultimi anni. Esiste, effettivamente, una certa diversità tra uomini e donne nell'anatomia del funzionamento del cervello, per esempio nella tendenza ad usare determinate aree di l'elaborazione del linguaggio. Ma questa diversità è meno significativa e ancora poco accettata rispetto a quanto vorrebbero le tante incisive argomentazioni. Come ha affermato la neuroscienziata Lesley Rogers, il cervello non sceglie in modo netto di essere di tipo femminile o di tipo maschile. In tutti gli aspetti del funzionamento cerebrale che siamo in grado di misurare, esiste una sovrapposizione considerevole tra femminile e maschile.
L'INSTABILITà DEL GENERE
Le norme di genere invece - dimorfismo ideale, complementarità eterosessuale dei corpi, ideali e canoni per definire la mascolinità e la femminilità, i codici razziali di purezza e i tabù dell’incrocio tra razze - stabilirono cosa considerare reale e il suo contrario, stabilendone, anche, l’ambito ontologico.
gb
ApprofondiMENTI
QUEER | TEORIE
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Giovanni Bertuccio
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