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ORIGINI                                                                  ARTE                                                                      IL SESSO SACRO

1/27/2025

 
Foto
Veneri preistoriche. Da sinistra Venere di Fiels, di Mal'ta e di Willendorf

MESOPOTAMIA
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L'esperto sumerologo, il professor H.W.F. Saggs, nel descrive la condizione della donna ai tempi dei Sumeri, spiega come fosse molto più elevata nelle prime città-stato. Soprattutto in ambito religioso, una posizione di spicco era occupata dalle Dee, e la Donna, in una società così articolata, rappresentava simbolicamente la Dea. I sumeri, spiega Saggs, attribuivano al sesso un valore sacro ed un alto potere di connessione con i mondi sottili e con la Dea stessa.

In queste comunità dei primordi, non si considerava il sesso né un tabù né un atto finalizzato alla procreazione. Le donne sumere avevano un'attività sessuale libera e spontanea, e quando mettevano al mondo un bambino, era la comunità tutta a prendersi carico di aiutarle ad allevarlo, in quanto non esisteva una figura paterna di riferimento.

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Nella società sumero-babilonese, vi erano varie tipologie di donne, che insieme formavano una sorta di gerarchica legata al sesso sacro. Al vertice, le sacerdotesse a vita, chiamate Entu, che indossavano abiti cerimoniali molto simili a quelli del re. Appena più in basso, le Naditu, donne provenienti dalle più importanti famiglie del paese, che promettevano di dedicare la loro vita alla Dea rimanendo nubili e senza figli. Subito dopo le Qadishtu che significa donna consacrata o santa donna, che servivano il tempio per un certo periodo senza voti particolari, e finita la loro permanenza, potevano sposarsi senza che su di esse si accanisse alcun pregiudizio o discriminazione. Infine le Ishtaritu, donne specializzate nelle arti della danza (anche la danza del ventre), della musica e del canto.
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AFRICA
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Nel 49 a.C. lo storico Diodoro Siculo, nella sua Bibliotheca historica, ha descritto gli usi e i costumi dei popoli incontrati durante i suoi numerosi viaggi in Africa Settentrionale e nel vicino Oriente, riferendo come le donne etiopi praticassero il matrimonio collettivo e allevassero i figli in comune, tanto che loro stessi si confondevano su chi fosse la propria madre biologica. In alcune zone della Libia, Diodoro Siculo ha incontrato alcune comunità di donne che si occupavano dell'amministrazione della città e della guerra, affidando agli uomini posizioni casalinghe.

Quattro secoli prima, non con poca sorpresa, lo storico greco Erodoto, parlando dell'Egitto, aveva scritto: "Le donne vanno al mercato, si occupano d'affari e di commercio, mentre i mariti rimangono a casa a tessere." E le donne, continua Erodoto nelle Storie, almeno una volta nella vita dovevano "sedere nel tempio dell'amore e avere rapporti sessuali con uno sconosciuto." 
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Numerose fonti attestano la presenza del sesso sacro non solo in Mesopotamia e in Africa, ma anche a Creta, in India, in Grecia e persino nella Roma arcaica. Tuttavia la cultura ebraica ritenne scomoda e fuori dal proprio controllo questa pratica tanto da screditarla. Così, volgarizzando il sesso sacro, la donna passò dall'essere considerata un elemento consacrato a semplice "prostituta del tempio". Non a caso, in tutta la letteratura patristica, Babilonia divenne, da questo momento, la città simbolo della massima degenerazione.

le amazzoni
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Secondo alcuni ricercatori, la risposta da parte femminile alla dominazione maschile degli Indoeuropei a partire da cinquemila anni fa, non fu per niente pacifica. Nel Neolitico vivevano le Amazzoni, un popolo di donne bellicose stabilito nel Peloponneso e nell'attuale Turchia, che lottava contro i nuovi concetti di paternità, matrimonio e fedeltà, che garantivano agli uomini il possesso delle donne e, soprattutto, dei loro beni.

A riprova della loro esistenza citiamo le testimonianze visive che occupano un intero lato del Partenone sull'Acropoli di Atene, che rappresenta l'Amazzonomachia, ovvero le lotte tra i Greci e le Amazzoni. Immagini analoghe sono state scolpite nel famoso Mausoleo di Alicarnasso in Turchia, una delle sette meraviglie del mondo.

Di queste donne guerriere parla anche Omero sia nell'Iliade che nell'Odissea; vengono inoltre citate anche da Ippocrate e da Diodoro Siculo con una erronea interpretazione del nome come a-mazos, cioè senza una mammella, facendo riferimento alla presunta abitudine di tagliarsi il seno destro per favorire il tiro con l'arco. Sembra, invece, che fossero i nemici, quando le rendevano prigioniere, a mutilarle di una mammella.

Altre fonti fanno derivare la parola amazzone dal caucasico masa, "Luna", per tradurla come sacerdotessa della Luna, in quanto, oltre all'arco, le Amazzoni usavano anche l'ascia e uno scudo piccolo a forma di mezzaluna, chiamato pelta.

La Luna è uno dei simboli della grande madre, come vedremo, e ad oggi 
la traduzione più attendibile, fra le tante proposte, sembra essere quella avanzata dall'archeologa Jeannine Davis-Kimball, ovvero "donna senza marito".


gb
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