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Tecnologia e Teatro | #multimediale

10/24/2017

 
FotoMagazzini Criminali | Vedute di Porto Said. 1978 | ph Giuseppe Pino.
Sia nel teatro che nella danza, l’utilizzazione di immagini video è presto diventata una pratica abbastanza usata nella messa in scena. A partire dagli anni Ottanta, due furono le tendenze più diffuse, da un lato la produzione video svolge una funzione prevalentemente scenografica, dall'altro, la ricerca del puro effetto spettacolare. Queste innovazioni, portarono nuova linfa al linguaggio teatrale, che da adesso, sposta l’uso delle immagini video o digitali, dal momento della messa in scena al momento dell’idea drammaturgica.

​In realtà, i due processi confluiscono continuamente, ma la differenza sta nel ruolo che si attribuisce alle immagini in scena, che, dagli anni Ottanta in poi, e non sempre con la stessa consapevolezza, diventano elementi costitutivi del testo drammaturgico e non solo elementi integrativi della messa in scena. Pensiamo ad esempio ai Magazzini Criminali che introducono il video in scena fin dal 1979. In 
Punto di rottura, quattro monitor sezionano lo spettacolo, isolandone le azioni e i particolari; ed in Come del 1987 l’attore riprende sé stesso, in una specularità straniante e narcisista del proprio corpo recitante. O pensiamo all'uso delle tecnologie di allora in spettacoli come Vedute di Porto Said del 1978.

FotoMotus | MDLSX, 2015
Il teatro, ovviamente, non risulta impermeabile al divenire multimediale della società, anche se con notevoli resistenze. L'uso delle tecnologie digitali trasforma tutte le fasi produttive dello spettacolo, dalla progettualità alla sua dimensione scenica, producendo nuove modalità ibride di creazione e di comunicazione artistica. L’idea di multimedialità, in effetti, è stata sperimentata nel mondo delle arti sceniche - così come nelle arti visive e sonore - sin dalle avanguardie storiche e dalle neo-avanguardie, precedendo l’innovazione tecnologica che la concretizza ovvero il digitale con la possibilità di trasferimento, elaborazione e interazione di qualsiasi testo, immagine o suono nell’ambito di un unico meta-medium. Le possibilità di conversione in un unico intercodice - la sinestesia obbligata del digitale di Derrick De Kerchove - e il principio di variabilità, interattività - ipermedialità, simulazione di Lev Manovich ne Il linguaggio dei nuovi media - proprie del sistema integrato digitale, generano una nuova concezione del mondo che obbliga a ripensare l’arte nel suo rapporto con la scienza e con la tecnica. Le caratteristiche delle tecnologie multimediali delineano nuovi scenari economici, sociali, cognitivi e linguistici. Scrittura e lettura sempre più ipermedializzati stanno modificando secondo Thomas Maldonado il processo stesso della memoria umana mentre, ancora Lev Manovich, afferma che il sistema informatico sta influenzando il sistema culturale nel suo complesso.


gb


Tecnologia e Teatro | #virtualreality

10/24/2017

 
FotoOperatrice che utilizza visore, guanti e cuffie per interagire in un ambiente virtuale.
Nel mondo audiovisivo l’ingresso della tecnologia della realtà virtuale ha rivoluzionato il sistema produttivo, trasformando professioni e modalità lavorative. Oggi la scenografia virtuale è in grado di creare qualunque ambiente tridimensionale, pensiamo ad esempio alla ricostruzione di siti perduti come il teatro La Fenice o il Colosseo. L'avanzamento delle tecnologie informatiche permette, quindi, di navigare in ambientazioni fotorealistiche in tempo reale, interagendo con gli oggetti virtuali.

​Ma anche se, a livello teorico, la realtà virtuale potrebbe essere costituita attraverso un sistema totalmente immersivo, in cui tutti i sensi possono essere utilizzati  - realtà virtuale immersiva o RVI - attualmente il termine è applicato a qualsiasi tipo di simulazione virtuale creata attraverso l'uso del computer. Dai videogiochi che vengono visualizzati su un normale schermo, alle applicazioni che richiedono l'uso degli appositi guanti muniti di sensori  - wired gloves -  fino al cosidetto World Wide Web.

Già dalla metà del XX secolo, Morton Heilig introdusse la nozione di Experience Theater, raccontando di un'esperienza che coinvolgeva tutti i sensi in maniera realistica, immergendo lo spettatore nell'azione che si svolgeva sullo schermo. Costruì anche un prototipo, chiamato Sensorama, nel 1962, insieme alla progettazione di cinque film che questo apparecchio proiettava e che coinvolgevano i cinque sensi. Costruito prima dei computer digitali, il Sensorama è un dispositivo meccanico, ancora funzionante.

Fotoesempio di realtà virtuale
Sei anni dopo nel 1968, Ivan Sutherland, con lo studente Bob Sproull, creano La Spada di Damocle, quello che viene considerato il primo sistema di realtà virtuale con visore. Primitivo sia in termini di interfaccia utente sia di realismo, il visore da indossare era talmente pesante da dover essere appeso al soffitto, e la grafica era costituita da semplici stanze in wireframe.
​
Passo decisivo verso l'ipermedia è stato l'Aspen Movie Map realizzato sotto forma di software dal MIT nel 1977. Primo vero dispositivo che possa essere considerato di realtà virtuale, ricreava virtualmente Aspen, la cittadina del Colorado. Gli utenti potevano camminare per le vie in modalità estate, inverno e in modalità poligonale. Mentre le prime due modalità erano indirizzate alla replica di filmati delle strade della cittadina, la terza si basava su una poligonazione tridimensionale, con una grafica scarsa visti i limiti tecnologici di allora.

La nascita del termine VR, Virtuall Reality, risale al 1989. Quando Jaron Lanier, pioniere in questo campo, fonda la VPL Research - Virtual Programming Languages - linguaggi di programmazione virtuale, legati al concetto di cyberspazio, originato nel 1982 grazie allo scrittore statunitense William Gibson.

Fotoesempio di scenografia digitale | Ospite | Motus
Oggi, con le tecnologie attuali, la percezione di un mondo virtuale è ancora distinguibile da quella del mondo reale. Il fotorealismo delle immagini rende completa o quasi l'esperienza visiva, mentre altri sensi come olfatto e tatto, vengono poco stimolati. Ed infatti, tra le varie tipologie di ambiente proposte attraverso la realtà virtuale, sono quelli 3D che godono di maggior successo. Probabilmente perchè nell'uomo è la vista il senso dominante, motivo per cui gli ambienti virtuali devono essere caratterizzati da immagini ad altissima qualità e definizione, capaci quindi di presentarsi anche come sostituti della realtà, a discapito degli altri sensi. Su questa scia, e sempre più rilevante, la realtà aumentata  - augmented reality. Basata sull'ampliamento o l'integrazione della realtà circostante con immagini generate al computer, la realtà aumentata permette, alle immagini, di modificare l'ambiente originario senza influire sulle possibilità di interazione.
​
A teatro, le sperimentazioni del linguaggio scenografico Virtual Reality (VR) si concentrano, principalmente, sull’idea di fondere spazio reale e attore fisico nell’ambiente virtuale. Che si traduce in diversi tentativi di immettere lo spettatore nella VR attraverso l’uso di schermi e proiezioni in una relazione integrata con drammaturgia, regia e luci. Ma dal momento che l’immagine digitale vive nella percezione dei pixel che si posano su una superficie, la principale difficoltà della scenografia è di materializzare l’immagine nello spazio tridimensionale, dando un senso unitario ed artistico allo spazio virtuale. Il risultato più innovativo nell’applicazione della progettazione digitale della scenografia è il virtual set: scenografia sintetica progettata al computer mediante la tecnologia della realtà virtuale, che sostituisce il tradizionale spazio scenico costruito, al meno per quanto riguarda la cinematografia, ma non solo.


gb


#drammaturgia | Oggi

10/24/2017

 
FotoWilliam Shakespeare nel suo studio | A. H. Payne, incisione, inizi del XVII sec.
Il termine drammaturgia ha assunto nell’arco del Novecento molteplici significati. Definizione aperta e ambigua, la parola drammaturgia riflette, sempre, l’ evoluzione del teatro. Oggi, nella mistura di stili e linguaggi, si possono individuare quattro accezioni di drammaturgia. La prima è quella tradizionale e restrittiva, che si riferisce esclusivamente alla parte letteraria del teatro; la seconda è più generale ed estensiva, e concepisce la drammaturgia come l’organizzazione artistica degli elementi che compongono lo spettacolo o la performance teatrale. Questa seconda accezione ha attraversato tre fasi importanti: l’utopia dell’opera totale e della sintesi delle arti - da Wagner ad Appia e alle avanguardie del primo Novecento; il teatro di regia - Stanislavskji, Mejerchol’d, Craig - dove tutti i linguaggi, spazio, luce, movimento, suono, concorrono alla creazione dell’evento teatrale multisensoriale. La parola non scompare dalla rappresentazione, ma il suo ruolo si ridimensiona e soprattutto muta di senso. Il testo teatrale diventa, quindi, simile ad una partitura, dove le parole interagiscono con le altre forme d’espressione.

FotoRon Coddington | Caricatura di Shakespeare
Dagli anni Cinquanta - con Cage, Cunningham, Kaprow - e la nuova avanguardia degli anni Sessanta-Settanta, si sviluppano l’happening e la performance e in campo prettamente teatrale, va delineandosi una visione totalizzante di regia d’autore, pensiamo a Kantor a Mnuochkine, a Ronconi o a Wilson. In questo caso gli autori, quasi tutti con esperienza di regia, portano alle estreme conseguenze la scrittura drammaturgica, ripensandone il senso e le forme e fondando il canone drammaturgico moderno. Per questi autori il testo è portatore di una nuova concezione teatrale. L’ opera di Samuel Beckett rompe definitivamente con il “dramma” e la scrittura teatrale si scarnifica e l’essenza si riempie di silenzi e paradossi, segnando la fine di una, fino ad allora, normale comunicazione verbale, che da quel momento si apre ai nuovi media del cinema, della radio e della televisione. 

* Un’accezione più tecnica e professionale di drammaturgia è invece quella che si lega alla pratica reale del rapporto tra testo e scena e si articola in quattro tipologie:
- il drammaturgo/regista, il regista è anche autore del testo o di un adattamento
- la drammaturgia collettiva, tipica delle compagnie del teatro di ricerca
- il drammaturgo puro, che affida il suo testo teatrale al regista; 
- la drammaturgia multimediale, scrittura di un testo per uno spettacolo che utilizza le nuove tecnologie audiovisive, digitali e interattive.


gb


Tecnologia e Teatro | Teatro e Virtuale

10/24/2017

 
Foto
​Negli ultimi trent’anni i dispositivi multimediali sono entrati nel mondo del teatro e dello spettacolo integrandone i linguaggi e abituandoci a stili, poetiche e arti che della contaminazione hanno fatto il proprio codice estetico.

L’idea di utilizzare una tecnologia extra-teatrale per potenziare la macchina scenica precede l’invenzione del video, ovviamente, e va indietro fino ad arrivare agli albori del cinema. Con la sviluppo della settima arte, il teatro subisce una duplice trasformazione: da una parte gli attori teatrali interiorizzano le innovazioni linguistiche del cinema, soprattutto le scansioni e i salti temporali del montaggio, all’interno della loro scrittura, pensiamo ai testi di Miller o Beckett; dall’altra, si inizia pensare all’integrazione dell’immagine cinematografica già nella costruzione del testo stesso, come provarono a fare, ponendosi come precursori, i Futuristi.

Ma per cogliere al meglio come il teatro si è integrato con i linguaggi multimediali, è necessario spostare l'interesse nell’ambito dell’evento piuttosto che della sua riproduzione. Infatti, teatro, cinema e video, traggono i propri significati proprio a partire dalla rappresentazione di azioni. La messa in scena, di qualsiasi genere sia, pone all'interno dello spettacolo, momenti locutori - ovvero quanto viene detto, o il senso potenziale prodotto dal testo - e momenti illocutori, le azioni cioè, che si compiono esprimendo qualcosa: promessa, minaccia, aspirazioni.

Foto E.V.A. | Herivelton Nunes, 2011
Il multimediale opera allo stesso modo: rappresenta con azioni. Solo che le rappresentazioni digitali esasperano la separazione dal reale fino ad una totale autoreferenzialità. Spesso ciò che osserviamo sullo schermo del computer può non avere alcuna relazione con il mondo reale, se non di simulazione, e in questo caso conta più la componente interpretativa che significativa. Al computer, l’immagine generata è, di per sé, un evento, in quanto prende forma nel momento in cui la osserviamo. Il computer, attraverso uno speciale script vrml - linguaggio digitale per disegnare simulazioni di ambienti tridimensionali - non mostra oggetti ma genera il nostro stesso sguardo. E il prodotto della relazione fra oggetto e soggetto, è dato dall'interpretazione dell'evento stesso. Autoreferenzialità che il mezzo digitale condivide con il Teatro.

​L’evento teatrale, quindi, è sostanzialmente un atto interpretativo che acquisisce valore solo all’interno della cornice in cui avviene. Lo spettacolo infatti, anche se fa riferimento a luoghi o fatti lontani o immaginari, accade sempre nel momento in cui noi vi assistiamo. Ed in quanto fondato sulla relazione attore-pubblico, il teatro avviene sempre all’interno di coordinate politiche e sociali, e non può essere astratto dalle specifiche condizioni economiche e dall’evoluzione tecnologica del particolare momento storico in cui si genera. Insomma, la tecnologia è sempre stata legata alla pratica teatrale, in molti casi vicina alla scenotecnica, non costituendo un elemento fondamentale del progresso del linguaggio; in altri casi, i dispositivi tecnologici hanno assunto caratteri di una vera e propria rivoluzione estetica, come nel caso del Futurismo italiano. 


gb


Tecnologia e Teatro | #videoteatro

10/24/2017

 
FotoTango glaciale | Mario Martone, 1982 | ph Bob Van Dantzig.
Diverso dal teatro per il video, il videoteatro definisce genericamente sia la produzione videografica d’ispirazione teatrale legata a uno spettacolo; sia creazioni completamente autonome: videodocumentazioni, biografie videoartistiche; sia produzioni di teatro televisivo, pensiamo alle sperimentazioni televisive di Luca Ronconi, Carlo Quartucci, Carmelo Bene e Mario Martone ad esempio.

Nato in Italia nei primi anni Ottanta dall’interazione tra la ricerca teatrale e le prime forme di videocreazione, il videoteatro è soprattutto performances tecnologiche o spettacoli teatrali che utilizzano l’elettronica in scena. Le prime produzioni si ebbero nell’ambito della postavanguardia teatrale, coniugando la performance con le pratiche video, misurandosi più con la sensibilità dei videoclip musicali che con quella della videoart. Il termine viene coniato alla realizzazione, nel 1982, di Tango Glaciale di Falso Movimento, per la regia di Mario Martone, un’opera che traduce nella nuova tecnologia elettronica una scrittura scenica che già contemplava in sé una spiccata composizione multimediale. Quella produzione rappresenta un unicum per quel decennio, un’eccezione rispetto tutta un’area di produzione indipendente al di fuori delle logiche del broadcast.

FotoEneide | Krypton Teatro, 1983
Rispetto al teatro televisivo o alla documentazione video di spettacoli, il videoteatroesprime un nuovo linguaggio multimediale. Il concept video prodotto, nel 1988, dal festival POW  - Progetto Opera Video Videoteatro - di Narni, definito poi Scenari dell’Immateriale, ha permesso d’individuare i cambiamenti di linguaggio apportati dal videoteatro, tracciandone una prima topografia. Un'importante documentazione video, una mappa iper-mediale ante litteram, al cui interno si rilevano opere in cui si traspone la scena in video, attraverso la traduzione elettronica della messinscena, secondo una regia conforme - spesso dello stesso autore teatrale - o si ricostruisce, con un’elaborazione audiovisiva una alterità video - o, ancora, opere disancorate dalla messinscena, quindi autonome ed originali, o opere video definite “presagi”, anticipando lo spettacolo in clip di carattere promozionale o evocativo.

* Tra i protagonisti della prima ondata del videoteatro: Krypton, Riccardo Caporossi, Falso Movimento-Mario Martone, Societas Raffaello Sanzio, Magazzini Criminali, La Gaia Scienza, Teatro della Valdoca, Michele Sambin_Tam TeatroMusica, Giacomo Verde, Studio Azzurro, Koinè.


gb


#intervista | Il Faust di Raphael Bianco

10/4/2017

 
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​D. Seconda tappa della Trilogia della civiltà. Dopo Orlando, Faust. Il Diavolo oggi: quale patto ha stretto con lui l'uomo contemporaneo?

R. Per me Il patto col diavolo di oggi non si discosta da quello di sempre: fermare il corso degli eventi, il naturale divenire delle cose. Ma sono manovre che rimangono in superficie da qualche parte nel profondo la vita continua, il corpo si trasforma. Forse oggi più che mai si è tentati dall'apparenza, da essere ciò che non si può o non si riesce ad essere. L’istantaneità del web stuzzica il desiderio di onnipotenza e onnipresenza.

D. Marina Abramovich (The artist is present, Impoderabilia). Cosa condividi con la grande artista e perché citi proprio quelle performance?

R. Marina Abramovich nella semplicità di uno sguardo mette a nudo ogni individuo o meglio lo sollecita a confrontarsi con uno specchio. Credo che questo sia il punto comune. nella visione di Matteo Stocco e del sottoscritto. Faust è il pubblico, confrontato con differenti livelli di conoscenza nel multiforme abisso del web. Nella mia personale interpretazione il mistero più oscuro che nasconde anche verità scomode, è l’animo umano. Se di conoscenza si
parla nel Faust, questo è il livello più profondo e scomodo. Ecco perché il confronto con gli artisti della performance è cosi ravvicinato e a volte estremo e per certi aspetti rimanda all’intensa, poetica e feroce performance della Abramovich, anche se gli intenti e la struttura sono distanti..

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​D. Il gesto quotidiano. Le nuove posture, le nuove nevrosi, i nuovi tic. Nuovi modi di comunicazione che incidono sul corpo dell'uomo odierno. Una sessualità schizofrenica, i messaggi subliminali e il linguaggio non verbale come si trasformano in scrittura di danza? E quale la scelta?

R. Credo che la quotidianità, nasconda un universo di stimoli per la creazione coreografica, e questa non è una novità, però in questo caso si è partiti dalla stilizzazione di certi comportamenti per poi deformare, trasfigurare il gesto quotidiano stilizzato in altro, per vederne aspetti indicibili, per mostrare sfaccettature diverse di una stessa condizione psicofisica. Abbiamo cominciato con delle improvvisazioni sui diversi capitoli del progetto da cui sono scaturiti una serie di temi di movimento assemblati con il materiale raccolto. Su quei temi i danzatori hanno poi sviluppato diverse frasi, modulando e adattando la gestualità secondo le esigenze e lo spirito del momento. Faust è uno spettacolo che si rigenera di volta in volta a seconda del pubblico che si ha di fronte e non è mai uguale a se stesso. Ho lasciato molto più libera la struttura coreografica perché il pubblico è il protagonista e cambia sempre. La scelta ha privilegiato movimenti o atteggiamenti che potessero essere evocativi e allo stesso tempo facilmente trasformabili in altro.

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​D. Il pianto (della performer e del pubblico). Desiderio nostalgico o senso di mancanza?

R. Il pianto appartiene all’unica figura positiva della perfomance: una sorta di Margherita. anche se non abbiamo voluto definire propriamente i personaggi. Margherita riesce a provare com–passione, a commuoversi, è pura cosi come la danzatrice che piange scrutando volti da cui traspare comunque una verità di cui forse non sono a conoscenza nemmeno loro. La donna in bianco è un personaggio salvifico che accompagna Faust pur nel dolore e nella privazione, e ne è la salvatrice.

D. L'uomo nudo scaraventato per terra. Quale senso profondo nasconde questa provocazione?

R. In realtà più che una provocazione è il modo di sottolineare l’ultima verità nel percorso della conoscenza proibita: Dopo l’illusione di onnipotenza, la menzogna dell’apparenza, il corpo nudo e crudo trova il suo spazio e ci riporta alla verità della sua corruttibilità. Nulla si può contro il tempo e, la macchina, che sembrerebbe lo strumento infallibile per conoscere e perpetuarsi all’infinito, si ritorce contro l’uomo implodendo. Lascia una verità amara quella del corpo inerte che non può mentire a se stesso ma che può trovare una sorta di speranza accanto alla positività di “Margherita” anima che eleva oltre ogni apparenza.

D. L'installazione di Matteo Stocco, fra i mille volti e la spersonalizzazione dell'essere umano, amplifica il senso che l'uomo è, o sta diventando, una merce da consumare?

R. Diciamo che attraverso il web, che per altro permette straordinarie possibilità di conoscenza, comunicazione e contatti, dilaga la voracità del voyerismo, la ricerca, spasmodica a volte, di osservare e scrutare sempre nuovi casi umani, e dilaga anche la produzione di storie e casi umani ideati per essere cannibalizzati e soddisfare il desiderio di cui sopra. Forse questa è la merce da consumare di cui l’uomo è il protagonista e che nascosto dietro l’anonimato può cannibalizzare senza giudizio, senza colpa. Rimane solo un’apparente normalità che rende tutto più facile nel modo dei like e ci solleva da qualsiasi responsabilità morale o meno.


Approfondisci


Orlando | 2015

Credo fermamente che l'eredità culturale, letteraria e artistica sia un ottimo elemento di confronto, non solo per chi crea ma anche per chi fruisce delle opere contemporanee, siano danza, teatro, musica o arti plastico-visive. Il passato conserva verità e esperienze che ci possono stimolare e illuminare..

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Nowhere? | 2014

..si trasforma in un gioco di seduzione dalla carica magnetica.. Seminudi i tre danzatori combattono il simbolo del potere vestito di pelle e cuoio. Seminudi, come cristi, Re che hanno dovuto lasciare il trono, crocifissi in nome dei nuovi Dei contemporanei..

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Mistery sonata#1 | 2013

Bellissimi i ballerini, elegantemente assorti dal mistero che resta sempre il mistero della vita stessa.. i corpi tendono verso qualcosa di alto, vogliono emanciparsi, superare la loro condizione di dis-graziati per poi arrivare ad esporre corpi e movenze elegantissime, piene di grazia e poesia..

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Memorie di pietra | 2014

Ho riflettuto coi danzatori su ciò che trasversalmente caratterizzava l'umanità in tutte sue ere.. Abbiamo poi abbinato ad ognuno dei blocchi coreografici un significato, sussurrandolo, non evidenziandolo troppo. Certamente con la posizione eretta abbiamo cercato di valorizzare lo sguardo e quindi la "coscienza".. 

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Itinerario per una possibile salvezza | 2013

La salvezza non è sicura, non è una certezza, è una possibilità. C'è un margine di incertezza nel titolo che è quello che contraddistingue la stessa essenza non solo della vita ma del mondo che ci circonda. Effimero, sfuggente, ferocemente mutevole..

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Persona | 2013

Persona non poteva non essere un elogio a questa materia che vive presentandone tanto l'opera compiuta quanto l'enorme lavoro costrittivo che ci si autoimpone sul corpo. E' il teatro che parla di sé stesso, che spettacolarizza il dietro le quinte, che mostra lo sforzo più che nasconderlo..

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Tecnologia e Danza | #Cunningham

10/3/2017

 
FotoMerce Cunningham and company | "TV Rerun", 1975 | Ph Jack Mitchell
Diplomato alla Martha Graham Dance Company, Cunningham prende le distanze dalla danza "psicologistica" della coreografa per elaborare la sua idea di danza anti psicologica e anti narrativa. Grazie al rapporto col compositore d'avanguardia John Cage - col quale condivide il rifiuto dei metodi formali dell'arte del XIX secolo, messi già in discussione da Duchamp - Cunningham sviluppa un approccio alla danza che vuole essere “altro” dalla musica, capace d'imporsi come sostanza a sé stante dal suono e dall'immagine. Molto influenzati dal buddhismo zen, fin dagli anni quaranta sia Cunningham sia Cage utilizzano metodi di lavoro basati sulla casualità. In Sixteen Dances for Soloist and Company of Three (1951), Cunningham utilizza il metodo cinese dell'I Ching per creare la coreografia, che tuttavia segue la struttura ritmica della partitura ideata da Cage. Movimenti coreografici che non si adattano, bensì si confrontano, con la traccia musicale. Ed è proprio in questi anni che i due artisti iniziano le sperimentazioni volte a cancellare la linea di demarcazione tra arte e vita: nel 1952 mettono in scena uno dei primi happening: un "evento" in cui le cose accadono nel qui ed ora, senza una struttura predefinita. 

FotoLife Forms | Interfaccia
Le possibilità offerte dai nuovi media incuriosiscono molto il coreografo, che nel 1968 si interroga sul futuro della danza in rapporto alle tecnologie:

Sono cosciente del fatto che ci sono dei problemi. Ma partendo dal principio che i dispositivi tecnologici possono essere semplificati, e data la velocità del cambiamento, perché non questi? [...] È evidente che l'ultima difficoltà è psicologica.

Il desiderio di Cunningham è quello di trovare il mezzo ottimale per realizzare i propri obiettivi, e la tecnologia ha introdotto un nuovo modo di vedere la realtà, di negoziare, di pensare. Grazie ai nuovi media digitali è sempre più possibile “editare” un prodotto creativo, inter-agendo su di esso, annullando o ripristinando modifiche che non andranno ad influenzare il “già salvato”. Da questa intuizione, Cunningham ipotizza un sistema di “notazione di danza elettronica immediata” che serva a mostrare i movimenti della danza, fermarli o rallentarli. Nel 1986 questa sua idea si materializza nel software Life Forms.

* Life Forms è un software di animazione 3D prodotto dalla Credo Interactive. ed è utilizzato per la notazione coreografica. Attualmente Life Forms è alla versione 4.0. Life Forms Studio che permette di realizzare animazioni 3d partendo da moltissimi modelli pre-confezionati ed importare/esportare formati compatibili con Maya, 3D Studio Max, Cinema 4D, LightWave 3D e molti altri.


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    Giovanni Bertuccio

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Magazine d'Arte e Cultura. Teatro e Danza. Queer

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Testata giornalistica registrata al Tribunale di Torino n. 439 del 07 novembre 2016
Direttore Giovanni Bertuccio



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